La faida infinita
Azione e Italia Viva allo scontro, Gelmini rimossa dai renziani dalla commissione Affari costituzionali: “Neanche avvisata”
Politica - di Carmine Di Niro
C’eravamo tanto sopportati. I rapporti tra Italia Viva e Azione toccano probabilmente il loro punto più basso dopo la scissione della mai nata “federazione” del Terzo Polo.
A scatenare l’ennesima bufera tra i due partiti degli ex alleati Matteo Renzi e Carlo Calenda è la rimozione dalla commissione Affari costituzionali del Senato di Mariastella Gelmini.
A denunciarlo con toni forti è la stessa presidente del partito di Calenda, che su X tira in ballo Matteo Renzi ed Enrico Borghi, capogruppo al Senato del gruppo. “Non farò più parte della commissione“, fa saper Gelmini. Che poi chiarisce: “Non l’ho deciso io, ma Matteo Renzi ed Enrico Borghi che non hanno avuto neanche il coraggio di dirmelo. La decisione mi è stata comunicata, con non poco imbarazzo, da una funzionaria di Iv. Complimenti per lo stile”.
Tirato in ballo dalla ex collega, Borghi (ex Pd, entrato in IV ad aprile non condividendo il nuovo corso dei Dem a guida Elly Schlein) le risponde per le rime: “Maria Stella, visto che ti sei abituata, in compagnia peraltro, a disertare le riunioni del gruppo dove si affrontano le questioni, per portarle in pubblico, ti risponderò pubblicamente: ritengo che Musolino sia più capace e affidabile di te in Prima commissione. Tocca al capogruppo decidere. E ha deciso, sapendo di esprimere il consenso maggioritario del gruppo. Tutto qui. Stai bene”. Insomma, una questione di numeri: la componente renziana del gruppo vanta sette senatori su 11 totali, sufficienti per la cacciata della Gelmini e la promozione di Dafne Musolino, tra l’altro appena entrata in Italia Viva dopo l’elezione con ‘Sud chiama Nord’, il movimento fondato dal sindaco di Messina Cateno De Luca.
A questo punto entra in scena anche il ‘big’, ovvero Carlo Calenda. “Quando Borghi è entrato nel gruppo parlamentare, la frattura tra Azione e Italia Viva era già consumata. Da Statuto avremmo potuto mettere un veto sul suo ingresso. Non lo abbiamo fatto, ritenendo che avrebbe tenuto un comportamento professionale o almeno conforme alla normale educazione. Amen. Per fortuna tutto ciò è alle nostre spalle”, ricorda il leader di Azione.
Quindi arriva in soccorso del duo Borghi-Musolino la “batteria” dei renziani. Prima con Raffaella Paita, predecessore di Borghi e adesso coordinatrice nazionale di Italia Viva, che attacca Calenda: “Calenda, nei gruppi parlamentari democratici funziona così. Ma ci sono due cose su cui tu proprio non puoi dare lezioni. La prima è l’educazione. La seconda è come si fa politica. Smetti di attaccare Italia Viva e fatti una vita anche senza di noi, se ti riesce. Vedo con piacere che attacchi più Renzi di Giorgia Meloni o Elly Schlein: si chiama “ingratitudine del beneficiario rancoroso”. Ciao”.
Poi è il turno del deputato Francesco Bonifazi, fedelissimo di Renzi: “Capire le regole dei gruppi parlamentari è molto semplice. Non bisogna essere esperti di neutrini al Cern, anche Mariastella può farcela. Chi ha la maggioranza decide. Siccome Gelmini fa come vuole, si assenta senza dirlo, non si relaziona con gli altri e pensa di fare come le pare, la conseguenza naturale è che da oggi Gelmini non segua più l’autonomia differenziata e la commissione Affari costituzionali. Tutto qui. Semplice, no?”.
Lo scontro sul gruppo al Senato
Sullo sfondo dell’ennesimo scontro c’è la controversia ancora da dirimere sul futuro dei gruppi parlamentari comuni di Italia Viva e Azione, con relativa ripartizione delle risorse economiche assegnate da Palazzo Madama. Lo scorso 19 ottobre i renziani avevano imposto il cambio del gruppo al Senato, cancellando il nome di Azione e sostituendolo con il Centro.
Ne era nata una gazzarra di accuse incrociate, in cui neanche la mediazione del presidente del Senato Ignazio La Russa per ora ha portato a risultati. Quest’ultimo avrebbe proposto a Calenda di costituire un intergruppo nel Misto e a Italia Viva di costituire un gruppo ex novo. Sulla questione è stata chiamata a esprimersi la Giunta del regolamento del Senato.