Svolta nella trattativa
Sanchez verso il governo, la chiave per la maggioranza con gli indipendentisti è l’amnistia
La grazia a Puigdemont come atto di benevolenza di chi è convinto di aver battuto il secessionismo: dopo l’iniziale riluttanza il capo del Psoe sta per incassare il via libera di Junts
Editoriali - di Stefano Ceccanti
Improvvisamente, dopo l’importante scadenza istituzionale del giuramento sulla Costituzione dell’erede al trono Leonor, la prospettiva della formazione del nuovo Governo Sanchez sembra essersi rimessa in cammino e sembra anche in grado di approdare in Aula con esito positivo già la settimana prossima, nonostante qualche ultima tensione tra Psoe e Junts di queste ultime ore.
Al di là dei dettagli, alcuni dei quali ancora ignoti, come il testo preciso del progetto di legge sull’amnistia rispetto al referendum catalano illegale del 2017 e la sua controversa estensione ad alcuni casi più problematici, perché questo esito sembra possibile nonostante le obiettive distanze politiche che hanno separato e per certi versi ancora separano in particolare il Psoe di Sanchez dal partito secessionista Junts del suo leader Puigdemont, riparatosi a Waterloo per evitare l’arresto? Fino alle elezioni Sanchez escludeva un’amnistia e Puigdemont riaffermava la via secessionista come non negoziabile.
Penso che per capire la situazione dobbiamo fare un paragone storico con quello che accadde in Italia nel luglio 1960, con le tensioni provocate dal governo Tambroni, caduto a favore del governo Fanfani III passato alla storia come governo delle “convergenze parallele”. Il governo Tambroni aveva finito per dipendere dall’appoggio esterno del Msi, aveva ingenerato uno scontro politico elevatissimo, anche perché sembrava mettere in discussione il processo di disgelo costituzionale, di progressiva attuazione della Costituzione repubblicana.
Di fronte a questa situazione il grave scontro sociale finì per produrre una reazione in senso opposto. Indubbiamente la situazione non era ancora matura per un patto politico stabile tra Dc e Psi: l’autonomia del Psi dall’Urss era iniziata solo da quattro anni, dall’invasione sovietica dell’Ungheria, e la Dc era ancora fortemente condizionata dalle rigidità del pontificato pacelliano. Da qui la formula attribuita da Scalfari a Moro delle “convergenze parallele”, che in quei termini lessicali Moro in realtà non aveva pronunciato, anche se aveva comunque teorizzato una fase di decantazione in cui ciascuna delle due forze principali, con un proprio percorso, avrebbe potuto dar vita a una dinamica nuova.
Non era in particolare in questione l’ingresso diretto del Psi nel Governo, ma una sua astensione benevolente. Al netto di alcune importanti differenze (quasi tutto si giocava negli equilibri interni nella Dc, qui tra due partiti alternativi, Psoe e Pp; per ragioni tecniche Junts non può solo astenersi ma votare sì) la dinamica appare assai simile. Quello che spiega la probabile nascita del nuovo governo Sanchez è l’affermazione di Vox e la possibilità che i suoi voti possano essere decisivi per il governo dopo una possibile ripetizione delle elezioni.
Il punto non è che Vox sia genericamente un partito di estrema destra, ma che esso, soprattutto nella sua polemica radicale contro le autonomie regionali, appare radicalmente in contraddizione con lo sviluppo della Costituzione spagnola in chiave autonomistica. Ragion per cui un Governo Pp-Vox appare del tutto indigeribile a tutte le formazioni politiche su base territoriale, a prescindere dal loro orientamento ideologico: non solo quindi ai catalani di Erc, che sono di sinistra, ma anche ai democristiani del Pnv e al partito di matrice originariamente liberale di Puigdemont.
In altri tempi, in assenza di Vox, e pur di fronte a una leadership del Partito Popolare nettamente di destra come quella di Aznar, queste forze regionaliste preferivano attenersi all’idea di negoziare col partito statale arrivato primo alle elezioni: così accadde infatti nel 1996 a favore del Pp. La nascita di Vox ha invece determinato un atteggiamento opposto, una scelta di trattare comunque col Psoe, pur arrivato secondo per evitare la radicalizzazione tra centro e periferia.
Ovviamente, come in Italia nel 1960, ed ancor più in Spagna nel 2023 costruire un governo di “convergenze parallele” non è un pranzo di gala, richiede alcuni margini di ambiguità nella presentazione delle scelte. È evidente infatti che il Psoe ha l’esigenza di presentare l’amnistia come un atto di benevolenza di chi è convinto di aver battuto il secessionismo e quindi come una scelta che non porterà a ripetere quei conflitti.
Viceversa Junts ha l’esigenza di presentarlo come il riconoscimento che il ricorso al diritto penale era sbagliato ab origine e che la prospettiva di allora non è definitivamente archiviata, anche se la richiesta di autodeterminazione non è stata posta rigidamente come condizione per il via libera al governo, ma solo come obiettivo di legislatura.
Al netto di questi ed altri delicati passaggi, e di una limitata affidabilità personale di Puigdemont, che l’opposizione di destra criticherà duramente denunciando un accordo di potere tra forze molto diverse e divise, sarebbe preferibile una ripetizione delle elezioni con un possibile nuovo blocco o una dipendenza dall’estrema destra?
Per questo, nonostante le tante difficoltà, i sottoscrittori del patto di Governo si attendono comunque di essere compresi da loro iscritti ed elettori, oltre che dai loro parlamentari. Cosa che sul momento è presumibile che accada. Da lì comincerà una difficile navigazione in mare aperto.