Altro addio alla tv di Stato
Perché Corrado Augias lascia la Rai e trasloca su La7: “Questa tv pubblica non mi piace”
Nella Rai a trazione meloniana che si è fatta scavalcare negli ascolti da Mediaset, a riprova del flop del nuovo corso con virata a destra, lascia un altro “big” di viale Mazzini. Corrado Augias, volto storico della tv pubblica e firma di Repubblica, ha annunciato oggi l’addio alla Rai e il passaggio a La7.
Augias lo fa in una intervista al Corriere della Sera in cui comunica che dal 4 dicembre sarà al timone di “La torre di Babele”, programma che ad ogni puntata avrà un ospite di livello, con l’esordio affidato allo storico Alessandro Barbero.
Nel suo colloquio con Aldo Cazzullo, Augias sottolinea come il suo ‘caso’ sia simile a quello di Lucia Annunziata o della coppia Fazio Fazio/Luciana Littizzetto: nessuno lo ha cacciato da viale Mazzini, ma il clima si era fatto irrespirabile nell’azienda guidata dal management vicino alla presidente del Consiglio, spingendolo a lasciare la tv pubblica di cui è stato una colonna, avendo fondato Rai3 su “chiamata” di Angelo Guglielmi.
“Nessuno mi ha cacciato e nessuno mi ha trattenuto”, spiega a Cazzullo, “ma questa Rai non mi piace” perché “non amo l’improvvisazione. E in Rai oggi vedo troppa improvvisazione, oltre a troppi favoritismi”.
I giudici su Meloni e Schlein
Nell’intervista c’è ovviamente spazio per la politica. Augias dice di trovare Giorgia Meloni “intelligente e prigioniera” “del suo passato“. “Credo che lei vorrebbe davvero costituire un partito conservatore. Ma non le riesce per colpa dei camerati che la bloccano con mille impacci. Per Giorgia non ho simpatia politica ma umana. Ha un cattivo carattere, che l’ha aiutata ad arrivare fin lì, ma ora rischia di perderla. Dovrebbe reprimerlo”.
Ma il giudizio non è migliore per Elly Schlein, o per meglio dire della sinistra italiana. Quando infatti Cazzullo gli chiede la sua opinione sulla segretaria del Partito Democratico, il giornalista e conduttore televisivo chiosa così: “Non vorrei parlare della sinistra. Che fine ha fatto quella forza che l’ha animata per mezzo secolo? Sembra evaporata”.
Ma il giudizio di Augias è sferzante e diretto anche su leader del passato, recente come remoto. Da Craxi, di cui apprezzava inizialmente “il suo disegno politico, distinguersi tra le due chiese democristiana e comunista”, ma che poi “divenne Craxi e non mi piacque più”. Il leader socialista viene associata all’ex premier e leader di Itala Viva Matteo Renzi: “All’inizio mi persuase la sua idea di superare il bicameralismo; poi l’egolatria lo ha perduto”.
Quindi due leader agli opposti: da una parte Enrico Berlinguer, che Augias trovava “bello, simpatico. E, lui sì, parlava di patria”; dall’altra Silvio Berlusconi, che Augias non nasconder di aver “detestato”. “L’Italia non aveva certo bisogno del suo cattivo esempio. Ricordo una sua visita alla scuola della guardia di finanza. Raccontò una barzelletta: “Bussano alla porta, chi è? Rapinatori! Meno male, temevo fossero i finanzieri”. E i futuri finanzieri risero”, il suo ricordo.