Sibilla Barbieri aveva chiesto alla sua Asl di riferimento a Roma di usufruire dell’aiuto medico per la morte volontaria. L’associazione Luca Coscioni ha fatto sapere che è morta in una clinica in Svizzera, dove ha fatto ricorso al suicidio assistito dopo il diniego ricevuto in Italia. Barbieri era regista e attrice, da tempo era malata oncologica terminale. Ad accompagnare la donna in Svizzera il figlio e l’ex senatore radicale Marco Perduca che domani si autodenunceranno presso la stazione dei carabinieri Roma Vittorio Veneto con Marco Cappato, legale rappresentante dell’Associazione Soccorso Civile che ha organizzato e sostenuto il viaggio di Sibilla Barbieri.
L’associazione Coscioni ha ricostruito come l’attrice e regista avesse ricevuto la decisione dalla struttura sanitaria a metà settembre secondo cui la donna non era in possesso dei quattro requisiti previsti dalla sentenza Cappato/Dj Fabo per poter accedere legalmente alla morte volontaria assistita. Le condizioni stabilite dalla sentenza 242 del 2019 della Corte Costituzionale ritengono che il paziente debba essere tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale, che debba essere affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili, che debba essere capace di prendere decisioni libere e consapevoli, che non debba essere sua intenzione avvalersi di altri trattamenti sanitari per il dolore e la sedazione profonda.
La decisione dell’Asl in Italia
La commissione riteneva che alla donna mancasse in particolare il requisito della dipendenza da trattamento di sostegno vitale. “Questa è una discriminazione gravissima tra i malati oncologici e chi si trova anche in altre condizioni non terminali – ha detto la regista nell’ultimo video pubblicato online e registrato prima di partire per la Svizzera -. Per questo ho deciso liberamente di ottenere aiuto andando in Svizzera perché possiedo i 10mila euro necessari e posso ancora andarci fisicamente. Ma tutte le altre persone condannate a morire da una malattia che non possono perché non hanno i mezzi, perché sono sole o non hanno le informazioni, come fanno? Questa è un’altra grave discriminazione a cui lo Stato deve porre rimedio”.
La pena
Barbieri e Perduca rischiano dai cinque fino a 12 anni di carcere. Ad accompagnarli ad autodenunciarsi sarà Filomena Gallo, legale difensore e segretario nazionale dell’associazione Luca Coscioni. La sentenza della Corte Costituzionale recita che chi aiuta una persona a ricorrere al suicidio assistito non è sempre punibile se la persona che fa ricorso alla tecnica è “pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli” ma affetta “da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche” che considera “intollerabili” e se tale persona è tenuta “in vita da trattamenti di sostegno vitale”.
Barbieri aveva 58 anni, era malata da dieci. Era Consigliera generale dell’Associazione Luca Coscioni. “In particolare l’équipe medica ha ritenuto che alla donna mancasse il requisito della dipendenza da trattamento di sostegno vitale – si legge nella nota dell’Associazione – Sibilla Barbieri era invece dipendente da ossigenoterapia e da farmaci per il dolore che, se interrotti, avrebbero portato velocemente a una morte dolorosa”. L’associazione Soccorso Civile conta a oggi oltre 50 persone pronte ad assumersi il rischio di conseguenze penali per questo genere di vicende.
La battaglia di Barbieri
Repubblica ha pubblicato le anticipazioni di un’intervista in esclusiva a Barbieri registrata a fine settembre. “Da quando ho avuto la notizia di poter fare questa cosa in Svizzera ho provato una profonda serenità, perché decidevo io. Io mi sono scelta l’albergo sul lago, vado quel giorno faccio la mia azione”. I medici le avevano detto lo scorso luglio che per la sua malattia non c’era più nulla da fare. Secondo il breve estratto Barbieri sarebbe morta lo scorso 31 ottobre. Da domani sarà su tutte le piattaforme il podcast “Disobbedisco” di Valentina Petrini sugli ultimi tre mesi di vita e di battaglia politica dell’attrice e regista.