La guerra in Medioriente
Intervista a Massimo Cacciari: “Hamas va distrutto politicamente, per i palestinesi serve un piano Marshall”
«L’Occidente, cioè l’America, deve rendere credibile l’Anp riempiendola di soldi per scuole, ospedali. E dire ai palestinesi: dovete riconoscere lo Stato d’Israele in cambio della formazione di un vostro Stato. Ma devono convincere anche Israele, altrimenti...»
Interviste - di Umberto De Giovannangeli
Israele, Gaza, ad un mese dal giorno che ha sconvolto lo Stato ebraico e trasformato, per dirla con le parole del Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, la Striscia di Gaza in un “cimitero di bambini”. La parola a Massimo Cacciari. “Finché ci sarà una leadership o una posizione forte di Hamas all’interno del popolo palestinese, sarà un disastro, perché questa leadership mira all’impossibile – ribadisce l’ex sindaco di Venezia a l’Unità – , ed è quindi la peggior politica del mondo. Idem dall’altra parte, con i Netanyahu che pensano che colonizzando, moltiplicando le occupazioni di territori contro ogni risoluzione dell’Onu, giungeranno a vincere i palestinesi. Potranno fare terra bruciata a Gaza ma torneranno fuori in Libano, torneranno fuori in Siria…”.
Con una Europa nano politico, la carta della politica può essere giocata soltanto dagli Stati Uniti. “Tutto sommato – annota Cacciari – l’amministrazione Biden e più in generale la politica americana non si sta neanche comportando male. Hanno imparato qualcosa dal colossale errore, se così può essere definito, commesso da Bush e la sua corte di neocon esportatori della democrazia con le baionette, la guerra in Iraq e dopo l’11 settembre in generale. È chiaro che gli Usa cerchino ora di frenare Israele. Lo hanno detto anche esplicitamente: non trasformate la vostra politica in una sorta di vendetta. Laddove tra le leadership, da un lato israeliana dall’altro palestinese, non c’è possibilità di confronto perché entrambe, come dicevo, mirano all’impossibile, l’unica potenza in grado di imporre un patto sono gli Stati Uniti, tutti gli altri sono neanche comparse, a cominciare dall’Europa”.
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Professor Cacciari, è trascorso un mese dall’attacco terroristico di Hamas che ha sconvolto Israele. Un mese di guerra, di morte, di distruzione. I morti a Gaza hanno superato i 10mila. E il bilancio è destinato a crescere. Che cosa racconta questo mese insanguinato?
È la dimostrazione, tragica, di una tremenda incapacità delle leadership occidentali nel cercare una soluzione, nel senso unico possibile, cioè quello di trattare seriamente con Israele, da un lato, ma anche con tutti i paesi arabi dall’altro, per tagliare ogni possibilità di influenza politica di Hamas all’interno della nazione palestinese. Per far questo occorre che l’Occidente si presenti in modo credibile, con un piano concreto di straordinari aiuti alla nazione palestinese, in maniera convinta e convincente, dire chiaramente: dovete riconoscere lo Stato d’Israele in cambio della formazione di un vostro vero Stato. Ma per procedere in questa direzione, l’Occidente, che poi significa essenzialmente gli Stati Uniti, deve convincere anche Israele. Perché se Israele continua a colonizzare i territori che all’epoca erano stati dall’Onu destinati allo Stato palestinese, la guerra non può terminare se non con la distruzione dei palestinesi, visto che la distruzione d’Israele è impossibile tecnicamente.
Da un mese, dopo l’attacco terroristico di Hamas, la leadership israeliana, a cominciare dal primo ministro Benjamin Netanyahu, continua ad affermare che l’obiettivo della guerra in corso è “annientare Hamas”.
Annientare Hamas non ha alcun senso. Chi è l’Hamas e chi è il palestinese? Cosa fanno? Schierano i due milioni di palestinesi che vivono nella Striscia di Gaza, poi passano uno a uno e gli chiedono: sei di Hamas? E se sì, gli sparano. Non sei di Hamas? Allora vai. La distruzione di Hamas deve essere una distruzione politica. E per distruggere Hamas politicamente occorre che l’Autorità Palestinese, cioè gli sciagurati eredi di Arafat, assumano una credibilità e una legittimità autentiche. Per far questo, devono presentarsi come quelli che garantiscono un avvenire di speranza al popolo palestinese. Per poter avere questa carta in mano, devono disporre di grandi risorse. L’Occidente, gli americani devono rendere credibile l’Autorità Palestinese anti-Hamas, riempendoli di soldi e poi controllando che questi sciagurati dell’Olp non li spendano come li ha spesi in gran parte Arafat. Li spendano per fare assistenza, costruire scuole, ospedali, per sostenere economicamente questa martoriata nazione palestinese, che per tanti versi nel mondo arabo è l’equivalente degli ebrei nel mondo occidentale.
Lei fa riferimento al mondo arabo, ai “fratelli coltelli” dei palestinesi.
Sarà pure così. Però non c’è una nazione, una, che non si esprima a favore dei palestinesi. È chiaro che sono divisi tra di loro, che si massacrano tra di loro, ma è altrettanto vero che su questa questione formalmente non c’è divisione. Occorre rendere credibile questa strada, iniziata con Camp David, con gli accordi di Oslo Washington ecc… Se la rendi credibile, allora sì che fai fuori Hamas, altrimenti non elimini Hamas, distruggi i palestinesi. Gli Stati Uniti, perché sono loro che contano gli altri non contano niente, devono dichiararsi favorevoli a questa strada: noi garantiamo aiuti e sostegno al popolo palestinese, gli garantiamo la formazione di un autentico Stato e l’Autorità Palestinese, gli eredi dell’Olp devono impegnarsi in prima persona, loro, a far fuori Hamas. Altrimenti, lo ripeto, c’è il massacro dei palestinesi. Per far fuori i fascisti che dovevano fare, ammazzare tutti gli italiani?
Cosa significa per Massimo Cacciari essere oggi un vero “amico d’Israele”?
Questo. Perché questa è la linea che dà veramente sicurezza a Israele. Sennò Israele sarà in una situazione di continua guerriglia. Una volta sarà Hamas, una volta Hezbollah, una volta chissà chi. Ma è evidente che la sicurezza d’Israele dipende dalla soluzione della questione palestinese. Quello che sapevano benissimo i Rabin ed anche gli Sharon. Quello che sapevano tutti i leader palestinesi dotati di sale in zucca. Prima Rabin con i negoziati che portarono, nel settembre del ’93, agli accordi di Oslo-Washington, poi Sharon con il ritiro da Gaza, nell’agosto del 2005. La leadership israeliana seria, lungimirante, ha sempre saputo che la sicurezza strategica d’Israele dipende dalla soluzione della questione palestinese. Questa che sto dicendo è una posizione autenticamente “filo israeliana”, come poi sanno tutti gli israeliani dotati di sale in zucca. Ma la linea che è stata seguita negli ultimi dieci anni è l’opposto. È chiaro che è impossibile pensare alla distruzione dello Stato d’Israele. Ma se non si va nella direzione di cui parlavo, Israele continuerà a svolgere la politica di Netanyahu e continuerà a subire altri atti terroristici. Una volta partiranno dalla Striscia di Gaza, un’altra volta dal Libano, un’altra ancora dalla Giordania ecc. Dopo la sciagurata guerra in Iraq, siamo arrivati ad un passo dal formarsi di uno Stato del terrore, lo Stato islamico. L’hanno capito anche gli americani. Quando vanno a Tel Aviv e dicono ai governanti israeliani: non fate i nostri errori. Il problema è che poi non seguono atti concreti. Gli americani vanno da Abu Mazen, parlano con lui. Ma non è così che puoi rilegittimare un’Autorità Palestinese anti-Hamas. Non è con le parole. Devono seguire dei fatti che riguardano anche Israele e la politica israeliana. Chi può imporre questa strada? Gli Stati Uniti. Punto e basta. E questo è anche per sicurezza loro…
Vale a dire, professor Cacciari?
Ma come pensano gli Stati Uniti di potere tenere in piedi la competizione con la Cina, la guerra in Ucraina e questo casino in Medioriente? Ma sono impazziti? Che cosa credono di essere, il padreterno? Come puoi pensare di gestire tutto questo, anche da un punto di vista economico.? Faranno vincere Trump.
Per tornare a Israele. Non è una questione semantica, ma di sostanza politica, culturale, identitaria e per certi versi anche di sicurezza. Questo voler identificare lo Stato d’Israele come lo Stato ebraico…
Questa è una vecchia questione. Ci sarebbe da discutere a lungo della storia del sionismo, dell’idea sionista che riprende indubbiamente certi elementi propri della tradizione ebraica, ma resta il fatto che il sionismo rappresenta una corrente dell’ebraismo e non il tutto. Quanti sono stati gli intellettuali, i filosofi, i grandi esponenti dell’ebraismo contemporaneo che non sono stati affatto sionisti. Il sionismo è una corrente specifica dell’ebraismo sulla base della quale si forma lo Stato d’Israele. Quanti sono stati quelli che anche dopo la Shoah hanno criticato il sionismo? Molti e autorevoli. Certo che la Shoah ha contribuito fortemente a determinare l’egemonia del sionismo all’interno della cultura ebraica contemporanea, ma è importante ricordare che il sionismo resta una componente dell’ebraismo moderno e contemporaneo, non è la totalità.
Lei faceva riferimento ad una pace fondata sulla soluzione a due Stati. Ma uno Stato di Palestina, che non si riduca a un bantustan, come potrebbe realizzarsi oggi?
Sulla linea che era stata già delineata dall’Onu subito dopo la guerra. La posizione internazionale allora era quella dei due Stati, ed era anche definito quale fosse il territorio. È anche responsabilità dei palestinesi che questa linea non sia andata in porto. Allora c’erano tutte le condizioni per realizzarla, ma loro si sono battuti contro lo Stato d’Israele. Il problema è sempre quello. Deve esserci un riconoscimento pieno dello Stato d’Israele da parte dei palestinesi, c’è poco da fare. Dovrebbero partire loro, sulla base di un appoggio esplicito americano. Dobbiamo vivere come due Stati vicini, confinanti e quindi ti riconosciamo. Vediamo poi come risponde Israele. Ma per fare questo gesto, e quindi per sconfiggere politicamente Hamas, occorre che gli Stati Uniti sostengano concretamente quella parte dei palestinesi che ragionano. Appoggino concretamente. Ci vuole un grande Piano Marshall per la Palestina.
Un tempo si diceva che in Medioriente l’Europa fosse un gigante economico e un nano politico. Ed oggi?
L’Europa è completamente fuorigioco in tutte le grandi crisi internazionali. Di fronte a situazioni acute di conflitto che possono sfociare in una catastrofe mondiale, di fronte a questi scenari sempre più apocalittici, l’Europa è un nano e basta. Stendiamo un pietoso velo. È inutile anche parlarne.
Si può, con l’ottimismo della volontà, intravvedere un barlume di luce in questo tunnel senza fine che è il conflitto israelo-palestinese?
Se gli Stati Uniti si muoveranno nel senso che ho detto. Soltanto così. Altrimenti sarà guerra, guerriglia, terrorismo e anti terrorismo, fintanto che uno dei due resiste. E visti i rapporti di forza in campo, la fine sarebbe la distruzione della nazione palestinese, con mille rivoli di terrorismo sparsi ovunque. Esattamente come dopo la guerra in Iraq.