La deriva del Pd
Schlein e gruppo dirigente del Pd inadeguati, c’è crisi di leadership: dissentire fa parte della politica
Qual è il problema del Pd? Avere un deputato in più in Europa, o uno in meno, oppure tornare nella battaglia politica, trovare una linea, delle idee, un progetto, qualche accenno di teoria?
Editoriali - di Piero Sansonetti
Ieri ho scritto un articolo nel quale osservavo una cosa che, credo, è chiara a tutti. E cioè che la segretaria del Pd Elly Schlein, in otto mesi, ha prodotto zero. Zero, idee, zero battaglie, zero politica. Disco verde al governo Meloni.
Il compito dei giornali è quello di provare a dire come stanno le cose. E non quello di calcolare cosa conviene dire e cosa conviene tacere. Perciò l’ho detto. Mi si obietta, da parte di molti amici, che forse ho sbagliato i tempi. Ci sono alle viste le elezioni europee e aprire una drammatica questione di leadership all’interno del partito della sinistra – dicono – non è opportuno. Rispondo con due osservazioni, sempre molto terra terra.
La crisi di leadership non l’ho creata io. La crisi c’è, è evidentissima, e dipende dalla totale inadeguatezza dell’attuale gruppo dirigente del Pd. Ripeto una domanda che è impossibile trascurare: avete mai visto un partito che di fronte a una guerra sanguinosa e feroce come quella tra Israele e Palestina si limita a frasi fatte e non si schiera? Voi dite che è rischioso schierarsi perché c’è il pericolo di creare divisioni? Ero un ragazzo quando ci fu la guerra dei Sei giorni (1967) tra arabi e israeliani, e ricordo che il Pci prese una posizione netta a favore degli arabi, creando molti dissensi al suo interno.
Il capo dei dissidenti era Umberto Terracini, cioè l’unico sopravvissuto tra i fondatori del partito, l’ex Presidente della Consulta, l’amico di Gramsci, l’uomo che aveva trascorso – vado a memoria – 13 anni nelle prigioni fasciste. Un gigante. Il dissenso non è un dramma. Fa parte della politica vera. Il silenzio è un dramma: fa parte della non politica.
La seconda osservazione che vorrei proporre è sulle elezioni europee. Non si rischia, mettendo in discussione Elly Schlein – mi si chiede – di perdere consensi alle elezioni? Io non credo, francamente. Forse, anzi, è il contrario. E comunque, se pure si perdessero dei consensi, voi pensate che si può portare un partito alla paralisi per una questione di zero virgola alle elezioni europee? Il Pd prenderà alle europee una percentuale che può oscillare tra il 20 e il 23 per cento.
Quindi 15 o 16 seggi. Dobbiamo rinunciare a ogni forma di battaglia politica per la paura di perdere o guadagnare questo seggio? La prospettiva del più grande partito della sinistra è tutta racchiusa in questi piccoli numeri? Ho paura di sì. Temo che uno dei motivi per il quale il Pd è paralizzato e tremante è proprio la formazione delle liste per le future elezioni.
Il potere è tutto nelle mani di Elly Schlein e questo spinge tutti alla prudenza. Ma allora non è più un partito. È un comitato elettorale. È un luogo che accumula, distribuisce e amministra piccoli poteri personali. E nient’altro. E’ così? Se è così a che serve?