Ha suscitato molte polemiche la presa di posizione del nostro giornale su Elly Schlein. Che era molto semplice. Abbiamo soltanto osservato che un partito che da otto mesi non riesce a prendere posizione e a dare battaglia sui temi fondamentali dello scontro politico – e che lascia via libera al governo Meloni, e che resta muto e attonito di fronte alle guerre – non è più un partito.
E siccome invece l’Italia ha bisogno di un partito di sinistra, è bene cambiare alla svelta il gruppo dirigente del Pd. Nessuna delle critiche che abbiamo ricevuto è sul merito delle tre osservazioni. E nessuno ha provato a rispondere alle domande che abbiamo posto. Semplicemente ci è stato detto che abbiamo sbagliato i tempi del nostro intervento: dovevamo rinunciare a disturbare il manovratore fino alle elezioni europee.
- Schlein e gruppo dirigente del Pd inadeguati, c’è crisi di leadership: dissentire fa parte della politica
- Schlein non ha storia ed esperienza, è incapace di esprimere una linea politica: si faccia da parte
- Schlein chiama le opposizioni in piazza l’11 novembre contro il governo: “Manovra fragile e senza visione”
Il problema è che il manovratore, al momento, si limita a manovrare su piccole questioni di potere. E forse ha in mente, come compito essenziale, quello di compilare le liste elettorali per le europee in modo da soddisfare o punire i vari capi corrente, amici o nemici. Mentre a noi sembra che la politica sia un’altra cosa. E abbia altre urgenze.
La prima urgenza, credo sia chiaro a tutti, è la guerra. Personalmente sono convinto che un partito politico moderno e di sinistra debba essere costruito su tre pilastri: il pacifismo, il garantismo, l’egualitarismo. E che il pacifismo non sia il più fragile di questi pilastri, ma anzi sia il più robusto, sostenuto da una ideologia antica e radicata, che accompagna tutta la storia della sinistra, ma è anche arricchita da significativi settori liberali e dal pensiero e dalle idealità cristiane.
Elly Schlein, da quello che capisco, è molto lontana da questa idea. Considera la politica internazionale un problema secondario. È uno dei motivi – ma ce ne sono altri – per i quali a me sembra urgente che compia il gesto generoso di fare un passo indietro e permetta a persone più esperte di prendere in mano il partito.
Un partito politico, anzi, il più importante partito politico dell’opposizione, di fronte a questa grande strage di bambini – la più grande di tutti i tempi, ha detto ieri il segretario generale dell’Onu – non può voltarsi dall’altra parte perché è impegnato nella scelta del candidato sindaco di Firenze. La Pira non sarebbe stato d’accordo.
P.S. Ho sentito che in tv l’onorevole Schlein ha spiegato che l’Unità è caduta in basso, in mani lontane dalla tradizione del giornale. Tranquilla. Non è così. L’Unità è nata come giornale del Pci e come giornale di quel partito ha vissuto i suoi tempi migliori.
So che lei ha dichiarato anche in tv di non potere giudicare il Pci perché quando è stato sciolto lei era piccola. Se vuole un aiuto, glielo do volentieri: posso raccontarle tantissime cose del Pci e dell’Unità, per la quale ho lavorato trent’anni anche con importanti incarichi dirigenti, accanto a direttori di straordinarie doti giornalistiche e umane.
La storia del Pci e dell’Unità è una storia ricchissima, piena di sapere, di impegno, di vita e di lotte. E piena di idee e di politica vera. Quando Alfredo Romeo, che oggi è l’editore dell’Unità (e che da ragazzo militava nella Fgci), mi ha chiamato per chiedermi di dirigere l’Unità, mi ha detto proprio questo: devi riportarla alle vecchie tradizioni di lotta che furono del Pci. Lo so: questo non piace a Elly Shlein. Credo che sia uno dei motivi della sua inadeguatezza.