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Tassa extraprofitti, la grande fuga delle banche: flop di Meloni e Giorgetti, anche Mps “pubblica” non paga

Il ministro Giorgetti e la premier Meloni

Il ministro Giorgetti e la premier Meloni

Altro che tre miliardi per finanziare le misure presenti in legge di bilancio. Dalla tassa sugli extraprofitti degli istituti di credito, come denunciato già nei giorni scorsi da Unimpresa, lo Stato potrebbe ricavare pochi spiccioli.

Tutta colpa delle modifiche in corso apportate al decreto Asset del governo Meloni, permettendo alle banche la possibilità di scegliere se versare allo Stato la tassa – una parte della differenza del margine di interesse maturato nel 2023 rispetto al 2021, fino a un importo massimo dello 0,26 calcolato sugli attivi, escludendo però i titoli di Stato – o destinare un importo pari a due volte e mezzo il suo valore per rafforzare il proprio patrimonio. Insomma, l’esecutivo ha dato la possibilità agli istituti di credito di scegliere tra pagare le tasse e porre gli utili a riserva, senza poterli distribuire agli azionisti.

Opzione che hanno colto al volo diversi grandi banche, anche quotate in Borsa: è il caso di Intesa, Unicredit, Bpm, Bper, Popolare di Sondrio, Credem e Mediobanca. Tutte queste hanno risparmiato in questo modo circa 1,8 miliardi di euro di imposte, aumentando il proprio patrimonio di 4,5 miliardi.

Il paradosso Mps

Il paradosso però arriva da Mps, Monte dei Paschi di Siena, lo storico istituto di credito senese salvato nel 2017 dal fallimento con un intervento dello Stato per oltre 5 miliardi di euro. Al momento, in attesa di una cessione, il ministero dell’Economia ne è diventato azionista di maggioranza col 64 per cento delle quote, versando anche 2,1 miliardi di aumento di capitale su richiesta del management.

Ebbene mercoledì il consiglio di amministrazione della banca, la più antica al mondo con la fondazione nel 1472, ha reso noto di aver deciso di destinare a riserva 312,7 milioni a livello di gruppo, seguendo dunque l’esempio degli altri istituti di credito.

Dunque anche la banca a controllo pubblico preferisce evitare il pagamento della tassa sugli extraprofitti che, secondo il vicepremier Matteo Salvini, doveva servire ad “aumentare gli stipendi”.

Il fatto che, mettiamola così, anche Giorgetti attraverso il Mps controllato dal Mef eluda la tassa della Meloni, è la fine grottesca di uno dei tanti esempi del populismo degli annunci che caratterizza questa maggioranza”, il commento sprezzante del deputato di +Europa Benedetto Della Vedova.