Presentato a Novi Sad
Anziani e carcere: uno studio dell’Unical per superare le discriminazioni
La ricerca del professore Mario Caterini, Direttore dell’Istituto di studi penalistici ‘Alimena” dell’Unical, e di Morena Gallo, dottoranda in Diritto penale sempre dell’Università della Calabria
Giustizia - di Piero de Cindio
“Gli anziani e il carcere in Italia: una proposta per superare le discriminazioni”. È questa la traduzione italiana dell’articolo, pubblicato in Serbia nel volume “Elderly people and discrimination: prevention and reaction” dell’Istituto di ricerca di Criminologia e Sociologia di Belgrado, a firma del professore Mario Caterini, Direttore dell’Istituto di studi penalistici ‘Alimena” dell’Unical, e di Morena Gallo, dottoranda in Diritto penale sempre dell’Università della Calabria. Il contributo, presentato alla comunità scientifica internazionale nella conferenza organizzata a Novi Sad lo scorso 26 e 27 ottobre, ricostruisce le condizioni dell’anziano nel sistema penale italiano, ponendo particolare attenzione al trattamento che tale condizione riceve nel circuito penitenziario.
“L’Italia, nell’ultimo Rapporto Space 2022, è stata riconosciuta, tra i Paesi con oltre un milione di abitanti, quello con la più alta percentuale di anziani in cella e questo è un dato allarmante – spiegano gli autori –. La percentuale di persone detenute avanti con l’età è altissima, sia perché è uno dei pochi Stati in cui esiste ancora la pena perpetua, ma soprattutto per l’assenza di un automatismo che converta l’espiazione della pena in carcere con una misura meno afflittiva”. Dal lavoro, che analizza il trattamento dell’anziano dalle misure cautelari all’esecuzione della pena, emerge un altro dato preoccupante: la scarsa tutela della salute in carcere e il sovraffollamento. “I numeri del sovraffollamento carcerario in Italia preoccupano molto, così come l’assenza di strumenti utili a contenere il fenomeno, che determina una condizione di promiscuità coatta e questo mortifica la dignità degli esseri umani che stanno scontando la pena – continuano –. Vi è poi il problema della tutela della salute, spesso legata alla condizione di anzianità e la mancanza di cure mediche adeguate si presenta come un’ulteriore afflizione”.
Dal contributo emerge chiaramente che gli anziani, specie se con gravi patologie, avvertano maggiormente le sofferenze del carcere, in quanto necessitano di assistenza e cure assidue, che spesso, all’interno delle carceri, non riescono a essere garantiti. “La mancata concessione di misure alternative – spiegano Caterini e Gallo – si pone in contrasto con i princìpi di rieducazione e umanità della pena sanciti dall’art. 27 della Costituzione, senza dimenticare l’art. 2 che riconosce e garantisce – implicitamente anche ai detenuti – i diritti inviolabili dell’uomo”. Il contributo si chiude con una proposta de lege ferenda: “bisogna prevedere una tutela rafforzata dell’anziano detenuto che, al raggiungimento di una certa età ragionevolmente stabilita dal legislatore (per esempio 80 anni), dovrebbe beneficiare di una presunzione d’incompatibilità con il regime carcerario a favore di misure alternative, salva rimanendo la facoltà della pubblica accusa di provare che le condizioni del reo-anziano siano pienamente compatibili con la detenzione”. L’apprezzamento della proposta ricevuto dai partecipanti – non solo di università europee, ma anche americane e asiatiche – conferma il prestigio internazionale raggiunto dalle ricerche dell’Istituto dell’Unical.