Il racconto dell'esodo
La strage dei bambini a Gaza, volevano solo vivere ma sono stati umiliati e mandati a morire
In teoria il sud è una zona sicura ma non è così, nulla della promessa area di sicurezza è realtà, a dieci giorni dall’evacuazione verso sud il 65% dei morti è stato al sud. Vi pare una zona sicura?
Editoriali - di Amal Khayal
Ho perso il conto di quante siano le risoluzioni delle Nazioni Unite che restano lettera morta, solo parole scritte su carta. Neanche la parte più recondita di me crede ancora che la comunità internazionale voglia fermare davvero quel che sta avvenendo a Gaza. Sto perdendo la speranza. Non è giusto che continui quest’orrore. Questa non è vita da esseri umani.
C’è, c’era, un corridoio umanitario da Gaza City per evacuare verso il sud. Mia cugina era una delle tante persone che si stavano spostando da Gaza City al sud verso le zone sicure, quelle indicate come zone sicure. Si stava spostando con i suoi due bambini. A un certo punto ha raggiunto un punto sulla strada in cui c’erano carri armati israeliani.
Lì bisogna lasciare la macchina, scendere e camminare a mani alzate davanti a carri armati mostrando di non poter costituire una minaccia, di essere persone innocenti in fuga verso la safe zone. I suoi due bambini hanno dovuto camminare tra cadaveri, erano lì per terra, lasciati senza che nessuno fosse andato a prenderli.
Persone morte e abbandonate, nessuna ambulanza si è occupata di loro, nessuno li ha spostati. Sono riusciti a passare tra i cadaveri, i bambini hanno visto i cadaveri, gli sono dovuti passare accanto e in mezzo a mani alzate, sono riusciti ad arrivare al sud di Gaza e sono riusciti a raccontarci quel che hanno visto. I bambini hanno visto l’orrore.
In teoria il sud è una zona sicura ma non è così, nulla della promessa area di sicurezza è realtà, a dieci giorni dall’evacuazione verso sud il 65% dei morti è stato al sud. Vi pare una zona sicura? In tv dicono che la zona è protetta e che c’è un corridoio sicuro, ma non è così.
Sento parlare di cessate il fuoco umanitario, di una pausa. Per far entrare qualcosa da mangiare, un po’ d’acqua e gli antidolorifici per gli ospedali. Non potete fare una pausa per darci gli antidolorifici e poi ammazzarci.
Nulla di quello che abbiamo vissuto negli ultimi trenta giorni è avvenuto nel rispetto dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale che quei diritti garantisce soltanto sulla carta. Io sono disperata perché non riesco a farvi capire, non riesco a farvi vedere quanto noi a Gaza siamo stati abbandonati. Voi ci avete abbandonato. Tutti.
Siamo deumanizzati, ci state trattando come non persone. Siamo umiliati. Stiamo venendo spinti via, annessi e sfollati dopo esser stati cacciati dalle nostre case dove dovremmo invece sentirci al sicuro perché quelle sono le nostre case. Voi ce l’avete una casa? Vi sentite al sicuro a casa? Noi no, noi non ce l’abbiamo più.
Le nostre case sono cenere, non possiamo neanche tornarci per prendere le nostre cose. Quello con cui usciamo di casa scappando prima che arrivino le bombe è tutto quello che ci resta. Quel che resta delle nostre cose e della nostra casa. Passi la vita intera a costruire una casa per te e per la tua famiglia e in un secondo te la distruggono, è polvere.
E poi, dopo, ci sentiamo dire che “i civili non sono un bersaglio”. Che i morti sono un danno collaterale, che diecimila persi, ammazzati a Gaza sono cosa? Un danno collaterale? Io non ce le ho le parole per descrivere quello che sta vivendo a Gaza la mia famiglia, i miei colleghi che dovrebbero lavorare per aiutare gli altri e non riescono ad occuparsi nemmeno di loro stessi. Questa situazione di totale impotenza è la cosa più dura, la più dura.
* Responsabile per la Palestina della Ong CIS