Numeri horror
Povertà in Italia, il Rapporto Caritas: “Fenomeno strutturale che riguarda una persona su 10, emergenza working poor”
Economia - di Redazione
Numeri che definire allarmanti è forse riduttivo. Sono quelli che si leggono nel Rapporto 2023 su povertà ed esclusione sociale in Italia di Caritas, intitolato “Tutto da perdere” e diffuso oggi dall’ente della Cei, la Conferenza episcopale italiana.
Dopo quasi 30 anni dalla prima uscita del Rapporto “il fenomeno della povertà può dirsi completamente stravolto nei numeri e nei profili sociali”, spiegano dall’organizzazione.
I poveri in Italia
Il perché è presto detto. In Italia si contano 5 milioni e 674mila poveri assoluti (+357mila rispetto al 2021), pari al 9,7% della popolazione: un residente su dieci oggi non ha accesso a un livello di vita dignitoso. Un fenomeno, spiega la Caritas, “ormai strutturale e non più residuale come era in passato”. A rischio povertà ed esclusione sociale sono invece “14 milioni 304mila persone, il 24,4% della popolazione totale“.
Famiglie e minori indigenti
“La persistenza, e in molti casi il peggioramento, di tante situazioni di deprivazione e di esclusione sociale – afferma il Rapporto presentato in vista della Giornata mondiale dei Poveri di domenica – appare inaccettabile. La presenza di oltre 2,1 milioni di famiglie povere può dirsi una sconfitta per chi ne è direttamente coinvolto, ma anche per l’intera società, che si trova a dover fare i conti con la perdita di capitale umano, sociale, relazionale che produce gravi e visibili impatti anche sul piano economico. Tutti possiamo dirci vinti di fronte a 1,2 milioni di minori in condizione di indigenza, costretti a rinunciare a tante opportunità di crescita, di salute, di integrazione sociale, e il cui futuro sarà indubbiamente compromesso”.
L’ascensore sociale fermo
“L’Italia – sottolinea anche il Report – risulta essere il Paese in Europa in cui la trasmissione inter-generazionale delle condizioni di vita sfavorevoli risulta più intensa. Chi nasce povero molto probabilmente lo rimarrà anche da adulto. Questo costituisce un’alterazione dei principi di uguaglianza su cui si fondano le nostre democrazie occidentali. Rispetto a questo punto perde anche la nostra Costituzione repubblicana, e in particolare l’articolo 3, che continua a restare inapplicato”.
Inoltre, secondo il Rapporto, sono “evidenti le disuguaglianze tra italiani e stranieri residenti, acuite negli ultimi dodici mesi“.
Working poor e povertà energetica
Le nuove emergenze da tener conto, si legge ancora nel dossier Caritas, sono in particolare quelle relative ai “working poor”, i lavoratori poveri, e alla povertà energetica.
“Sopravvivere – si legge nel Rapporto – è la parola più citata dai lavoratori poveri: una condizione che mette in rilievo la consapevolezza di non avere aspettative con un presente che si dilata senza tempo, impossibile da cambiare in modo significativo, nonostante l’impegno personale”. Chi sono i lavoratori poveri? Per la Caritas si tratta di lavoratori in nero, in grigio, part time forzati, con contratti regolari ma tutti con salari inadeguati.
Rapporto sottolinea poi la nuova realtà della povertà energetica: “Nel 2022 il 19,1% degli assistiti Caritas ha ricevuto un sussidio economico, degli oltre 86mila sussidi economici erogati dalla rete Caritas nel 2022 il 45% è stato a supporto di ‘bisogni energetici’, ovvero bollette“.
L’assenza del Reddito di cittadinanza
A peggiorare la situazione “l’abbandono del principio di universalismo selettivo e l’introduzione di nuovi requisiti lascia scoperte alcune specifiche tipologie di poveri”.
Il riferimento della Caritas è la cancellazione del Reddito di cittadinanza, sostituito dal governo Meloni da due nuove misure: il Supporto alla formazione e al lavoro e l’assegno di inclusione.
L’ente nutre evidenti dubbi sulla capacità dei due nuovi strumenti di aiutare le famiglie in difficoltà, in particolare “sulla reale possibilità di trovare un’occupazione entro i 12 mesi di copertura economica per la formazione garantiti dall’Sfl”. A parlare sono poi altri numeri, ovvero il 33% di nuclei beneficiari del Reddito di cittadinanza che non avranno diritto all’assegno di inclusione, ovvero 400mila famiglie.