Cuneo e pensioni nel mirino

Manovra finanziaria 2024 da rifare, che guaio per la Meloni

Basta sogni e promesse, l’Europa chiede di risanare. Ridurre le spese per il taglio del cuneo e le pensioni. Una missione che ricorda quella dei famigerati tecnici...

Politica - di David Romoli

22 Novembre 2023 alle 14:31 - Ultimo agg. 23 Novembre 2023 alle 14:32

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La premier Giorgia Meloni
La premier Giorgia Meloni

A grandi linee è andata come previsto ma nei particolari un po’ peggio del previsto. Bruxelles promuove la legge di bilancio italiana, ma mette le cose in modo da lasciare al governo di Roma briglia cortissima: non è la galera ma il braccialetto elettronico sì.

La formula di Bruxelles come d’uso è felpata: la manovra “non è pienamente in linea con le raccomandazioni”. Per ora non si richiedono interventi correttivi però è bene che il governo sia “pronto ad adottare le misure necessarie nell’ambito del processo di bilancio nazionale per garantire che la politica fiscale nel 2024 sia in linea con la raccomandazione del Consiglio del 14 luglio 2023”.

La spiegazione di quella minacciosa esortazione a “essere pronti” è tecnica. La raccomandazione in questione era di non superare una spesa primaria netta pari all’1,3% del Pil. Sulla carta l’Italia ha le credenziali del tutto in regola dato che prevede una spesa pubblica di appena lo 0,9%.

Quella stima, però, risale alla primavera scorsa e da allora, in buona parte come effetto del Superbonus, la spesa è lievitata molto più del previsto, tanto che andrebbe aggiunto per Bruxelles un ulteriore 0,9%. Se i calcoli della Commissione sono giusti o eccessivamente pessimisti lo si scoprirà solo in primavera, quando il bilancio di quest’anno sarà accertato.

A quel punto, se le cifre dovessero dar ragione alla visione poco rosea di Bruxelles, l’Italia dovrebbe intervenire con una manovra correttiva oppure potrebbe scattare la procedura d’infrazione. Dietro l’aridità asettica delle cifre e delle percentuali si cela però un diktat preciso. Quel che l’Europa chiede è, in concreto, di spendere di meno e di concentrarsi essenzialmente sulla riduzione del deficit e del debito.

La somma delle misure messe in campo da questa manovra, che è peraltro tra le più povere della storia recente, sarà pari allo 0,7% del Pil e per lo più si tratta di spese permanenti, dunque destinate a pesare anche nei prossimi anni.

Dunque quelle spese vanno tagliate, in particolare quelle per il taglio del cuneo fiscale, e giova ricordare che è di fatto l’unica vera misura adottata (per la verità confermata) dal governo dalla sua formazione in poi, e quelle per le pensioni.

La Commissione aggiunge un passaggio particolarmente significativo. Critica specificamente l’Italia per aver utilizzato i risparmi dovuti alla fine dei sostegni per l’energia, pari all’1% del Pil, a fini di spesa invece che per il ripianamento del deficit e del Pil. Esorta quindi a insistere con la cancellazione totale di quei sostegni, usando però il ricavato per risanare deficit e debito, non per tagliare il cuneo anche nel 2025 e oltre.

La situazione, già molto costrittiva, peggiorerà con il rientro in vigore del Patto di Stabilità. Le trattative sono in alto mare. Tramontata l’ipotesi ottimistica di un vertice straordinario Ecofin per domani la partita è affidata ora agli incontri bilaterali tra i vari ministri delle finanze: ieri Giorgetti era a Parigi per un colloquio con Le Maire, oggi sarà a Berlino, per la visita di Stato italiana, e ne approfitterà per un incontro con Lindner.

Ma il quadro non autorizza ottimismo: la Germania insiste per una zona cuscinetto sul deficit che protegga dal rischio di sforamenti. Di fatto, anche se non sulla carta, significherebbe modificare il parametro portandolo intorno al 2% invece che al 3%. In compenso la richiesta italiana di non computare nel deficit le spese ecologiche, digitali e in buona parte anche militari, trova per ora solo porte sbarrate.

Non che la partita sia chiusa. Oggi dovrebbe essere discussa la ratifica italiana della riforma del Mes ma finirà per slittare. L’Italia promette di sbloccare la riforma entro dicembre ma solo in cambio di condizioni soddisfacenti nel nuovo Patto di Stabilità. Non è facile che Meloni e Giorgetti la spuntino ma, anche se qualcosa probabilmente riusciranno a ottenere, il quadro generale cambierà di poco.

Il messaggio politico che l’Europa ha inviato ieri è infatti chiaro: il governo italiano deve dimenticare sogni, ambizioni, progetti e promesse che implichino spese e premere a tavoletta sul pedale dell’austerità per intervenire drasticamente sul deficit e sul debito. Con la resurrezione dei parametri il quadro potrà solo peggiorare, sia pure in misura minore o maggiore a seconda dell’esito della trattativa in corso.

A conti fatti e in un quadro molto mutato, l’incarico che la Ue affida al governo sovranista di destra pilotato da Meloni e Salvini non è molto diverso da quello affidato a suo tempo al governo tecnico di Monti e Fornero. Come ironica beffa e velenoso contrappasso non si poteva fare di più.

 

22 Novembre 2023

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