Il detenuto
Marwan Barghouti: chi è il “Nelson Mandela palestinese”, il prigioniero politico da 21 anni nelle carceri di Israele
Detenuto da 21 anni, si proclama da sempre innocente, non riconosce la legittimità dei tribunali israeliani. Per i sondaggi è il leader politico che sceglierebbero i palestinesi, più dei capi dell'Olp e di Hamas
Esteri - di Redazione Web
Scambio di ostaggi e prigionieri: 50 ostaggi detenuti da Hamas nella Striscia di Gaza dagli attacchi nel sud di Israele dello scorso 7 ottobre in cambio di 150 palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. E quattro giorni di tregua. L’accordo tra Israele e Hamas mediato dal Qatar è ufficiale, il ministero della Giustizia di Israele ha pubblicato una lista di 300 nomi tra cui saranno scelti i detenuti che saranno rilasciati, la maggior parte sono uomini di età pari o inferiore a 18 anni, la maggior parte dei quali detenuti per atti di violenza compiuti in Cisgiordania o a Gerusalemme Est, e altri 13 sono donne adulte. Nessun politico, nessuna chance per Marwan Barghouti. Qualcuno ci sperava.
Più volte evocato nelle scorse settimane, Barghouti è spesso evocato da osservatori e attivisti come l’interlocutore più credibile e autorevole per rappresentare i palestinesi e arrivare alla soluzione “Due popoli, due stati”. Secondo il politico e parente Mustafa Barghouti “Hamas considera il raggiungimento della tregua un successo importante che mostra come Israele non sia riuscito nel suo obiettivo di sconfiggere con le armi la resistenza palestinese a Gaza né a portare a casa solo con l’uso della forza i tanti ostaggi presi da Hamas il 7 ottobre scorso nel sud di Israele”, ha dichiarato in un’intervista al GR1 di Radio Rai.
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Mustafa Barghouti è parente di Marwan, secondo diversi sondaggi il leader politico preferito dei palestinesi da anni detenuto nelle carceri israeliane. 64 anni, gli ultimi 21 trascorsi in carcere, ex delfino di Abu Mazen e capo della prima e della seconda Intifada, condannato nel 2004 in via definitiva a cinque ergastoli dallo Stato Ebraico, da tempo al centro di campagne lanciate per la sua liberazione. L’Istituto palestinese Arab Barometer ha condotto tra Gaza e Cisgiordania un sondaggio a fine settembre, realizzato quindi prima dei massacri di Hamas nel sud di Israele: stando ai risultati Barghouti vincerebbe con il 32% delle preferenze (nella Striscia il 35%), scavalcando di gran lunga il leader di Hamas Ismail Haniyeh (24%) e il presidente dell’Autorità palestinese, Mahmoud Abbas (12%).
La vita di Marwan Barghouti
Conosciuto anche come il “Nelson Mandela palestinese”, Marwan Barghouti è nato a Kobar, in Cisgiordania. È laureato in Storia e Scienze Politiche, ha conseguito un Master in Relazioni Internazionali. È entrato giovanissimo nel partito Al-Fatah ed è stato considerato il delfino di Abu Mazen, presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese. A 18 anni è stato arrestato, detenuto in carcere dove ha imparato l’ebraico. Nel 1987 era stato di nuovo arrestato ed espulso in Giordania. È stato leader di Tanzim, gruppo paramilitare di Fatah.
Sostenitore degli Accordi di Oslo, tornò in Cisgiordania dopo le firme. È stato segretario generale del partito in Westbank e durante la seconda Intifada ha fondato le brigate dei martiri di al-Aqsa, il braccio militante di al-Fatah. È stato obiettivo di tentativi di assassinio da parte dell’esercito israeliano ed è stato arrestato nel 2002. È stato condannato a cinque ergastoli per cinque omicidi e tre attentati terroristici. Si è sempre dichiarato innocente, ha sempre rifiutato di difendersi in quanto non riconosce “la legittimità del tribunale israeliano”. Diversi politici israeliani si erano detti favorevoli alla sua liberazione, compreso Shimon Peres. La moglie e avvocato Fadwa Ibrahim si batte da anni per la sua liberazione. “Abu Mazen si illude di restare al potere a Ramallah e recuperarlo a Gaza ma è un’illusione”.
Il figlio di Barghouti
“La speranza è che mio padre, come gli altri prigionieri, venga scambiato con gli ostaggi a Gaza e possa tornare libero, credo che alla fine sarà così. Lui, che in passato ha creduto nella conciliazione tra due diversi Stati, è l’uomo che può guidare la Palestina verso un processo di pace con Israele, come un nuovo Arafat“, aveva dichiarato qualche settimana fa all’Ansa il figlio Arab, impiegato in un’azienda tedesca di servizi high tech e seguace di al Fatah che ha condannato gli attacchi delle brigate Qassam di Hamas dello scorso settembre.
“Se a Gaza non c’è più speranza per i giovani, l’unica opzione resta Hamas. Per risolvere la situazione c’è bisogno dell’intervento della diplomazia e su questo anche l’Arabia Saudita deve fare di più: Gaza non va isolata, siamo un unico popolo. E Israele, con cui vogliamo vivere in pace, sarebbe più sicuro se avessimo uno Stato indipendente. Mio padre, col quale riesco saltuariamente ad avere dei colloqui, tornerebbe in politica per riunire i partiti sotto l’unico ombrello dell’Olp, come una volta”.