Terrore in cella
Alberto Scagni massacrato di botte e sequestrato in carcere da due detenuti, il killer della sorella Alice in coma
Cronaca - di Redazione
Alberto Scagni, condannato a 24 anni e 6 mesi nel processo di primo grado per l’omicidio della sorella Alice, uccisa il primo maggio 2022 a Genova, è stato massacrato di botte da due detenuti maghrebini nella cella del carcere di Sanremo della sezione ‘detenuti protetti’.
Il magistrato di turno ha ordinato alla polizia penitenziaria l’intervento con l’utilizzo della forza e Scagni è stato salvato mentre i due detenuti maghrebini sono stati arrestati per tentato omicidio e sequestro di persona. Scagni, picchiato selvaggiamente nella notte tra mercoledì e giovedì, è stato trasferito nel pronto soccorso in condizioni critiche. Nella serata di oggi, giovedì, le sue condizioni si sono aggravate: è in coma farmacologico, intubato.
A denunciare il caso è stato Fabio Pagani, segretario regionale Uil polizia penitenziaria Liguria. In particolare Pagani, scrive Repubblica, parla di una “trattativa durata ore: solo l’arrivo del magistrato di turno e del Direttore, che hanno disposto l’ingresso in cella della Polizia penitenziaria, con utilizzo della forza per salvare il detenuto aggredito brutalmente e sequestrato, hanno evitato morte certa”.
Per Scagni, 43 anni, si tratta della seconda aggressione in carcere: era già picchiato in carcere a Genova Marassi lo scorso 17 ottobre, quando il suo compagno di cella lo picchiò prendendolo a pugni e procurandogli varie lesioni.
Il Sappe, altro sindacato di polizia penitenziaria, ha denunciato “l’inerzia della direzione della Casa Circondariale di Sanremo, che sta facendo orecchie da mercante su tutto quando sta accadendo al suo interno“. Il segretario generale Donato Capece chiede al Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, di disporre un’ispezione e invoca “l’avvicendamento del direttore e del comandante del reparto di polizia Penitenziaria, che non sono in grado di fare fronte alle costanti e quotidiane criticità“. Scagni, aggiunge ancora Capece, è stato torturato “per ore” dai due detenuti marocchini che lo hanno “picchiato a sangue, con una violenza inaudita” , “sin quasi a ucciderlo” e le sue condizioni sono “gravissime“. Un altro compagno di detenzione, italiano, “è stato tenuto sotto minaccia e chiuso in bagno” dai due, che hanno anche “spaccato tutta la cella“.
Parla la mamma di Alberto
Durissimo il commento all’AdnKronos di Antonella Zarri, mamma di Alice e Alberto Scagni. “Lo Stato ha fatto in modo che Alice morisse e finirà per restituirci un cadavere anche con Alberto”, le parole al veleno del genitore del 43enne detenuto a Sanremo e ora in ospedale in condizioni gravi.
“Ci aspettiamo una nuova aggressione a nostro figlio. La temiamo. E sappiamo che questo accontenterà la pancia di molte persone perché ormai in Italia più che la giustizia ci si aspetta la vendetta. Anche se Alberto è ostaggio dello Stato – ribadisce Antonella – noi abbiamo ancora il coraggio di andare avanti e ribadire la verità: lo Stato ci ha abbandonato nella figura delle istituzioni di salute mentale e delle forze di polizia, secondo noi in modo plateale. È uno schiaffo, questo abbandono dello Stato, incomprensibile. E parlo dell’omicidio di Alice. Quante telefonate di minacce di morte registrate, quante richieste di aiuto. E lo Stato non ha fatto in modo che Alice non morisse“, la denuncia di Antonella Zarri.
La condanna per omicidio
Lo scorso 30 settembre Alberto Scagni era stato condannato dalla Corte di Assise a 24 anni e 6 mesi di reclusione per l’omicidio della sorella Alice, uccisa la sera del primo maggio in via Fabrizi, nel quartiere di Quinto.
Scagni, secondo la Corte presieduta da Massimo Cusatti, aveva premeditato l’uccisione di Alice, appostandosi sotto casa della sorella diverse ore prima di infliggerle 24 coltellate.
Nella sentenza i giudici avevano però fatto cadere due aggravanti, quella della crudeltà e del “mezzo insidioso”, riferito al coltello nascosto in un sacchetto. La Corte ha dunque tenuto in considerazione la perizia che ha definito Scagni “seminfermo di mente” e ha disposto almeno tre anni in cura in una Rems dopo aver scontato la pena in carcere.
Una sentenza fortemente critica dai genitori di Alberto, Graziano Scagni e Antonella Zarri. I due con le loro denunce avevano fatto aprire un procedimento parallelo contro i funzionari del 112 e una dottoressa del centro di salute mentale della Fiumara. Secondo i genitori di Alberto e Alice, non furono raccolti gli allarmi precedenti all’omicidio della figlia, in particolare la telefonata del padre Graziano Scagni poche ore prima del femminicidio, dopo che a sua volta l’uomo aveva ricevuto una chiamata minacciosa da parte di Alberto.
I familiari di Alberto Scagni chiedevano che tutto questo entrasse nel processo per omicidio mentre la Corte aveva respinto gran parte dei testimoni citati dai genitori: una scelta che aveva portato alla decisione di uscire dal dibattimento e di rinunciare al ruolo di parte civile.