Il professore del Politecnico
Come sarà la sanità del futuro, visite a distanza e meno code
Il direttore del Life Science Innovator del Politecnico di Milano: “La svolta digitale garantirà prestazioni più mirate ed effi caci, ma va completato il lavoro su fascicoli e cartelle elettronici”
Interviste - di Vito De Filippo
Abbiamo posto delle domande che ci appaiono decisive per il futuro della Sanità a Emanuele Lettieri, professore ordinario di Value-Based Innovation in Health Care al Politecnico di Milano e direttore scientifico dell’osservatorio Life Science Innovation. Il dibattito, a volte provinciale, sulla sanità in Italia riportiamolo su questi scenari.
Professore, abbiamo alle porte una rivoluzione sulla transizione digitale in sanità?
Più che una rivoluzione è una naturale – e necessaria – evoluzione. La trasformazione digitale della sanità è forse la soluzione che più di altre può consentirci di garantire un sistema universalistico con prestazioni sicure ed efficaci. L’incremento forte dei bisogni e delle aspettative dei nostri cittadini/pazienti richiede un ripensamento significativo degli attuali modelli organizzativi. Come Osservatorio Life Science Innovation abbiamo sviluppato, grazie all’interlocuzione con tutti gli attori dell’ecosistema Salute e Sanità, una mappa (radar) con le innovazioni digitali che saranno disponibili nei prossimi anni. Passiamo dalla telemedicina all’intelligenza artificiale, dalle terapie digitali alla robotica ecc. Queste innovazioni sono un’opportunità che dobbiamo cogliere, facendoci trovare preparati. Ecco perché è necessario che fin da ora ci si prepari, in termini di regolatorio, di competenze, di tecnologie ecc. ad accogliere queste innovazioni per sfruttarne appieno il potenziale.
Cosa potrà significare per i pazienti? Operarsi a distanza? Avere diagnosi dai migliori clinici senza spostare le persone?
La trasformazione digitale della sanità porterà benefici significativi sia ai pazienti – e agli eventuali caregiver – che ai professionisti sanitari. La telechirurgia è forse un’immagine rappresentativa delle potenzialità che il digitale porta, ma il vero cambiamento sarà più pervasivo. Pensando al paziente, la trasformazione digitale cambierà le modalità con cui gestirà il proprio stato di salute e lo stile di vita, il modo con cui avrà accesso alle prestazioni sanitarie e ai dati/referti relativi, a come saranno gestite le visite e la formulazione della diagnosi e della terapia, nonché le visite di follow‐up e i programmi di prevenzione secondaria o terziaria. Pensando al professionista sanitario, cambierà il modo con cui gestirà le sue attività professionali, come la formazione continua, l’organizzazione del percorso paziente, la comunicazione esterna e la divulgazione dei risultati degli studi clinici, nonché le attività stesse di ricerca. Il cambiamento sarà dunque più sistemico e meno concentrato su alcune singole tecnologie emblematiche come intelligenza artificiale e robotica.
Da quando tempo vi state interessando di questo? L’Italia è che punto è? Che investimenti consigliare ai decisori pubblici?
L’Osservatorio Life Science Innovation è alla sua terza edizione, ma il gruppo di ricerca è da almeno 15 anni che fotografa la transizione digitale del nostro sistema sanitario. Durante la recente pandemia abbiamo avuto un’accelerazione significativa verso l’adozione di soluzioni digitali, creando le premesse per un sistema sanitario più efficiente e più efficace. È sotto gli occhi di tutti come l’adozione di soluzioni di telemedicina abbia consentito di far fronte alle emergenze generate dalla pandemia garantendo la continuità di cura e l’accesso alle cure per i pazienti e i cittadini. Gli investimenti sono molti, ma alcuni sono sicuramente più urgenti e rilevanti. Sicuramente è importante completare l’adozione da parte delle Regioni del Fascicolo Sanitario Elettronico (Fse) e della cartella clinica elettronica (Cce) da parte degli ospedali. Questi strumenti – e la loro interoperabilità – è una premessa fondamentale per la sanità digitale. Altrettanto rilevante è porre attenzione ai temi della Intelligenza Artificiale e dei Real World Data (cioè, i dati raccolti fuori dagli studi clinici), perché la combinazione di grandi basi dati e di “intelligenza” nel leggerli sarà una premessa fondamentale per sviluppare una medicina personalizzata così come politiche di precisione. Gli investimenti sulla telemedicina – in termini di televisita, telemonitoraggio, e teleconsulto) saranno essenziali per innovare il percorso paziente. Infine, grande attenzione è posta sulle terapie digitali che secondo molti saranno la prossima rivoluzione copernicana in sanità.
Il dilemma della sostenibilità del sistema sanitario italiano può essere affrontato anche per questa via? Basta il Pnrr?
Sicuramente la trasformazione digitale può contribuire alla sostenibilità del nostro sistema universalistico, bene prezioso che deve essere protetto e conservato. Con sostenibilità non mi limito a considerare quella finanziaria, ma anche quella ambientale e sociale. Come Osservatorio Life Science Innovation abbiamo stimato che se un terzo delle visite di follow‐up per pazienti cronici venissero svolte in remoto, attraverso opportune piattaforme e secondo le indicazioni date dalle Regioni e dall’Istituto Superiore di Sanità, il sistema paese potrebbe “risparmiare” più di 60 milioni di ore lavorative impiegate per spostarsi dal domicilio al luogo della visita. È dunque chiaro il beneficio non solo finanziario, ma anche di protezione dell’ambiente e della qualità di vita dei nostri cittadini. Il Pnrr è una grande opportunità, ma sicuramente non basta. Ciò di cui abbiamo veramente bisogno è una trasformazione culturale che ci faccia capire che la trasformazione digitale della sanità non è tanto un tema tecnologico o finanziario, ma di cultura e di competenze. L’errore più grande che potremmo commettere è quello di inserire tecnologie innovative in contesti organizzativi e culturali ormai obsoleti.