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Omicidio Pasolini, la Procura di Roma rigetta l’istanza sulla riapertura delle indagini: “Decisione è una sconfitta”

Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini

Non ci sarà una nuova indagine giudiziaria sull’omicidio di Pier Paolo Pasolini. La Procura di Roma ha rigettato l’istanza depositata nel marzo scorso dall’avvocato Stefano Maccioni, a nome del regista David Grieco e dello sceneggiatore Giovanni Giovannetti, per riaprire il caso della morte del regista e scrittore, trovato senza vita il 2 novembre del 1975 ad Ostia.

Grieco e Giovannetti chiedevano ai magistrati di accertare a chi appartenessero i tre Dna individuati dai carabinieri del Ris nel 2010 sulla scena del crimine.

L’omicidio e la sentenza Pasolini

Per la morte di PPP la magistratura italiana considera l’unico responsabile dell’omicidio Giuseppe Pelosi. Il regista e scrittore venne ucciso, percosso e travolto dalla sua stessa auto sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia. A trovarlo senza vita fu una donna alle 6:30 del mattino, mentre sarà l’amico Ninetto Davoli a riconoscerlo.

Dell’omicidio fu incolpato Giuseppe “Pino” Pelosi, diciassettenne di Guidonia Montecelio, già noto alla polizia come ladro di auto e “ragazzo di vita“, fermato la notte stessa alla guida dell’auto dello scrittore. Pelosi affermò di essersi trovato in piazza dei Cinquecento, di fronte alla stazione Termini, insieme a tre amici più grandi; dopo che era entrato nel bar Dei, Pasolini lo avrebbe avvicinato invitandolo a salire a bordo della sua automobile, un’Alfa Romeo Giulia 2000 GT Veloce, dietro la promessa di un compenso in denaro.

Dopo una cena offerta dallo scrittore nella trattoria Biondo Tevere, i due si diressero alla periferia di Ostia. La tragedia, secondo la sentenza, scaturì a seguito di una lite per alcune pretese sessuali di Pasolini che Pelosi non voleva soddisfare, degenerata in una lite fuori dalla vettura. Il giovane sarebbe stato quindi colpito dallo scrittore con un bastone, del quale poi si sarebbe impadronito per percuotere Pasolini fino a farlo stramazzare al suolo, gravemente ferito ma ancora vivo. Pelosi quindi sarebbe salito a bordo dell’auto di Pasolini e avrebbe travolto più volte con le ruote il corpo, sfondandogli la gabbia toracica e provocandone la morte.

Pelosi venne condannato in primo grado per “omicidio volontario in concorso con ignoti” e il 4 dicembre 1976, con la sentenza della Corte d’Appello che, pur confermando la condanna dell’unico imputato, riformava parzialmente la sentenza di primo grado escludendo ogni riferimento al concorso di altre persone nell’omicidio. Gravemente malato, Pelosi è morto il 20 luglio 2017 all’età di 59 anni.

Il ‘no’ ad una nuova inchiesta

Nel provvedimento con cui viene rigetta l’istanza il pm Francesco Minisci afferma, riferisce l’Ansa, che gli spuntivalutati alla luce delle imponenti attività svolte” nel vecchio procedimentonon sono idonei a consentire l’attivazione della procedura di riapertura delle indagini“. Per la Procura capitolina si tratta di elementi “aventi natura eterogenea quanto alla tipologia e generica quanto alla portata, per alcuni aspetti non focalizzati sull’omicidio ma riguardanti episodi di contorno, talora ripetitivi di attività già svolte e orientati verso soggetti già valutati, aventi ad oggetto profili già presenti nell’atto di opposizione depositato nel procedimento definito con ordinanza di archiviazione” e “riferiti ad un raggio investigativo dal carattere sostanzialmente perlustrativo, che non appaiono utili ad aggiungere altri elementi alla mole e alla completezza di indagini (già svolte dall’Ufficio e valutate dal GIP di Roma), tanto da condurre alla prosecuzione delle indagini“.

Il legale: “Decisione è una sconfitta”

L’avvocato Stefano Maccioni, che a nome di David Grieco e Giovanni Giovannetti aveva presentato l’istanza di riapertura dalle indagini, commenta con ovvia amarezza la decisione della Procura di Roma.

Prendiamo atto con malcelata amarezza della decisione presa dalla Procura della Repubblica di Roma di rinunciare all’accertamento delle effettive responsabilità per l’omicidio di Pier Paolo Pasolini. È una sconfitta per tutti coloro che credono che il nostro Stato debba arrivare a garantire Giustizia soprattutto in questa vicenda“, spiega in una nota Maccioni.

Per l’avvocato è infatti “evidente” che Pelosi “non possa essere considerato l’unico responsabile dell’omicidio, ma si rinuncia a svolgere ulteriori indagini ritenendo che quelle svolte dal 2010 al 2015 siano state sufficienti”. “Ma se così fosse perché non si è arrivati ad una soluzione? Perché non si è mai indagato sul movente? Perché ancora una volta non si è acquisito il fascicolo relativo a Pier Paolo Pasolini custodito presso il DIS? Perché non si è ritenuto necessario sentire Maurizio Abbatino su quanto dichiarato alla Commissione parlamentare antimafia in merito alla sua partecipazione al furto delle pizza di Salò? Perché non si effettuano ulteriori accertamenti scientifici sui 3 Dna rinvenuti sulla scena del crimine su alcune persone? A tutte queste domande i cittadini italiani e non solo non troveranno mai risposte”, è il commento del legale.