La presidente D.I.RE

Violenza sulle donne, le promesse mancate del governo

«Parlano dell’importanza del nostro lavoro, ma poi i fondi non arrivano. La violenza sulle donne è un’emergenza strutturale. All’esecutivo chiediamo di superare le misure emergenziali, ci mettiamo a disposizione per la formazione. Scendere il piazza il 25 novembre avrà un significato ancora più forte»

Interviste - di Graziella Balestrieri - 24 Novembre 2023

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Violenza sulle donne
Violenza sulle donne

D.i.Re-Donne in rete contro la violenza, è un gruppo di 87 organizzazioni che opera su tutto il territorio italiano, occupandosi della gestione di 106 centri antiviolenza, 60 case rifugio e che ufficialmente nasce nel 2008 ma che già trent’anni prima era presente sul territorio. Organizzazione gestita da donne per le donne. La Presidente Antonella Veltri ci parla di quanto sia difficile andare avanti oggi…

A quanto pare il Governo ha tagliato i fondi del 70%…
Posso semplicemente affermare di aver letto il report di Action Aid, nel quale viene per l’appunto evidenziato questo taglio. Perché quello che a noi risulta formalmente e ufficialmente è che i finanziamenti strutturali rivolti ai centri antiviolenza – strutturali significa che sono finanziamenti continuativi – sono quelli che erano stati fissati intorno ai 40 milioni di euro, proposti e accettati dal passato governo, nel quale era ministra Elena Bonetti. Questi stanziamenti rivolti ai centri antiviolenza e alle case rifugio per il 2022 sono arrivati alle regioni, non tutte le regioni li hanno distribuiti ai centri e alle case rifugio, ma dello stanziamento relativo al 2023 posso sicuramente affermare che non abbiamo traccia.

E come fate ad andare avanti senza sostegno del governo?
Il Governo si sciacqua la bocca con i centri antiviolenza, questo me lo lasci dire, laddove questo conviene quando parlano dell’importanza di questi centri, ma di fatto poi nessun fondo viene messo a disposizione. Come facciamo? Gran parte del lavoro è un lavoro che svolgiamo come attiviste e come operatrici di accoglienza a titolo del tutto gratuito e una parte viene mal pagata, sotto pagata, in una sorta di violenza economica che le attiviste dei centri antiviolenza subiscono – perché di questo si tratta – se per ogni donna e noi accogliamo all’incirca 20mila donne, ogni attivista prende non più di un euro, quindi può capire che si tratta di un lavoro assolutamente sottopagato. Si sommano le violenze subite dalle donne che accogliamo alla violenza del governo, dello Stato, e in questo mi ritrovo nelle parole di Elena Cecchettin, la sorella di Giulia. Noi non lasciamo le donne sole, in questo Stato dove il welfare viene del tutto ignorato.

Sui media per giustificare il femminicidio si parla di raptus e follia: quanto è importante il linguaggio?
La violenza sulle donne è un’emergenza strutturale, dove l’emergenza e la struttura sembrano due termini antitetici, in realtà è emergenza nel senso che si sta tardando nell’intervento, strutturale significa che le radici sono alla base della disparità di potere tra uomini e donne in questa società e alla persistenza degli stereotipi di genere che costringono la donna in determinati ruoli che non sono scelti ma assegnati storicamente. Parlare di raptus quando si parla di violenza alle donne è assolutamente sbagliato e fuorviante, perché fa pensare a un inquadramento medico, a un uomo ammalato. Non è così. Lo dimostra il caso di Giulia, nel quale si vede bene, da quello che sta emergendo dalle indagini, che si tratta di un femminicidio premeditato. Il linguaggio non è mai neutro. Il linguaggio giornalistico nel modo in cui si rappresenta il fenomeno della violenza sulle donne è indicativo di una lettura nella quale ancora persistono – all’interno del mondo della comunicazione – troppi stereotipi, luoghi comuni fuorvianti, che fanno senso comune. Servizi televisivi dove si sottolinea che “quello era un bravo ragazzo” nel quale il vicino di casa dice “quello era un uomo perbene”. I media non fanno altro che passare messaggi alterati e sbagliati.

Avete bisogno di supporto che lo Stato non vi dà, anche economico: quanto è importante oggi che un personaggio femminile come Chiara Ferragni stia al vostro fianco?
È stato importante per la visibilità dell’associazione e dei centri associati a noi, perché ha fatto sì che arrivassimo a ragazzine e giovani donne che altrimenti non avrebbero saputo della nostra esistenza, e che hanno una possibilità di rivolgersi ad un centro antiviolenza, infatti abbiamo avuto un grande balzo in avanti nelle richieste di aiuto. E poi dal punto di vista economico la sua donazione per noi è stata molto importante perché abbiamo aperto una serie di sportelli che favoriscono percorsi di uscita per le donne anche dal cappio della violenza economica.

Il 25 Novembre si ritorna in Piazza…
Dopo quanto accaduto simbolicamente avrà un significato più forte. Significato che noi traduciamo in una piattaforma di richieste al governo in carica, che riguardano il superamento delle misure emergenziali e la valutazione dell’importanza di misure preventive, l’introduzione di argomenti e temi che hanno a che fare con il rispetto dei generi nelle scuole di ogni ordine e grado. Noi mettiamo la nostra esperienza, responsabilità e anche competenza a disposizione su tutti i territori italiani per proporci nella formazione. Io credo che i percorsi e gli obiettivi che vorrà raggiungere il governo attualmente in carica non siano esattamente quelli che restituiscono libertà ed indipendenza alle donne, ma magari le costringono in gabbie di genere che le relegano alla casa, alla cura, alla maternità …Penso che ci sia una distanza molto forte tra le giovani nuove generazioni e chi ci rappresenta a livello istituzionale. Per quanto mi riguarda, noi abbiamo la consapevolezza che bisogna invertire questa rotta e che le iniziative che ruotano intorno alla data del 25 Novembre vadano proprio in questa direzione.

24 Novembre 2023

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