Due Europe
Sánchez sollecita all’UE lo Stato di Palestina, Crosetto affonda la missione Unifil Libano
Il leader spagnolo sollecita la Ue a riconoscere lo Stato di Palestina. E dichiara che se la Ue non lo farà lo farà la Spagna. Il Belgio lo segue. L’Italia invece vorrebbe addirittura mettere in discussione la missione Unifil in Libano per compiacere Netanyahu
Esteri - di Umberto De Giovannangeli
*Lo strappo di Pedro.
“Credo che sia giunto il momento che la comunità internazionale, soprattutto l’Unione europea e gli Stati membri, riconoscano lo Stato di Palestina e penso che sarebbe giusto, sarebbe importante se molti Stati dell’Unione lo facessero tutti insieme. Ma se non è così, naturalmente la Spagna prenderà le proprie decisioni”.
Quella di Pedro Sánchez – prima missione internazionale a pochi giorni dalla riconferma alla guida del governo – si conclude con una grave crisi diplomatica con Israele. Il ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen ha convocato gli ambasciatori di Spagna e Belgio (Sánchez, presidente di turno dell’Unione europea, era accompagnato dal premier belga Alexander de Croo, che guiderà l’Unione nel prossimo semestre) per contestare duramente le dichiarazioni fatte durante l’ultima tappa della visita, al valico di Rafah. Ma il premier spagnolo non fa marcia indietro. E l’Italia?
*Vice premier Belga conferma le parole di De Croo: “Le uccisioni a Gaza devono finire”
Dopo le proteste formali di Israele, la vice premier belga, Petra de Sutter, conferma le parole del premier Alexander De Croo che, in una conferenza stampa l’altro ieri a Rafah con Pedro Sanchez, ha chiesto la fine degli attacchi israeliani contro la Striscia di Gaza.
*Hamas apprezza le posizioni «coraggiose» di Sanchez e De Croo
Hamas ha ringraziato per la loro «posizione chiara e coraggiosa» il premier spagnolo Pedro Sanchez e quello belga Alexander De Croo, che ieri hanno criticato l’elevato numero di vittime civili a Gaza nella guerra tra Israele e il gruppo terrorista islamico nella Striscia.
«Apprezziamo la posizione chiara e coraggiosa del primo ministro belga, Alexander De Croo, che ha affermato il suo rifiuto della distruzione di Gaza e dell’assassinio di civili; e dello spagnolo Pedro Sanchez, che ha condannato le uccisioni indiscriminate dello Stato occupante contro civili nella Striscia e ha sottolineato la possibilità che il suo Paese riconosca unilateralmente lo Stato palestinese, se l’Unione europea non farà questo passo», ha affermato Hamas in una nota.
*Crosetto il picconatore
Nelle stesse ore in cui si consuma lo strappo di Sánchez, a Gerusalemme entra in scena il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto. Tutto il mondo riconosce che la missione Unifil in Libano è il fiore all’occhiello delle missioni in cui l’Italia all’estero. Per tutti, meno per gli ultras di Netanyahu in Italia.
Ecco cosa s’inventa il titolare della Difesa: “Occorre che le Nazioni Unite decidano: o la missione Unifil ha ancora un senso, oppure bisogna chiedersi se ha senso mantenerla”. L’ipotesi del ministro, allora, è che l’Onu riveda le regole di ingaggio, perché “le attuali non danno sicurezze ai contingenti, basta guardare la situazione e gli attacchi di ogni giorno”.
“La risoluzione Onu – ha aggiunto Crosetto in Israele – prevede che nella striscia di confine tra Libano e Israele non ci siano nemici, né da una parte né dall’altra; quindi, che non ci sia una presenza israeliana che può minacciare il Libano, ma dall’altra parte ci sono presenze di Hezbollah”.
Riflettendo su questo punto, in particolare, il ministro si è domandato “che senso ha mantenere una missione Onu, se non fa nulla per raggiungere l’obiettivo di quella missione?”.
Tradotto: Crosetto vorrebbe trasformare missione di peacekeeping in una di peacebuilding, che comporterebbe quel cambio delle regole d’ingaggio evocate dal battagliero ministro. Il che significa che i caschi blu Onu dovrebbero essere parte attiva, belligerante, nel disarmo di Hezbollah. Insomma, dovremmo entrare in guerra in Libano. Come reclama da tempo Israele.
*Una presenza stabilizzatrice
Nata con la Risoluzione 425 adottata il 19 marzo 1978 da parte del Consiglio di sicurezza Onu a seguito dell’invasione del Libano da parte di Israele, Unifil è l’unico interlocutore tra lo Stato ebraico e le autorità di Beirut.
La missione è attualmente comandata dal generale spagnolo Aroldo Lázaro Sáenz. Con 13 voti favorevoli e due astensioni – Russia e Cina –il 31 agosto il Consiglio di Sicurezza (CdS) dell’Onu ha approvato la risoluzione 2695, rinnovando per un altro anno il mandato del contingente peacekeeping Unifil lungo il confine tra Libano e Israele ma all’interno del territorio del paese arabo.
*Fuoco israeliano su una pattuglia Unifil
Una pattuglia dell’Unifil è stata colpita dal fuoco dell’esercito israeliano nei pressi di Aytaroun, nel sud del Libano. Tutto è successo, dice l’Unifil su X, in un momento in cui non erano in corso combattimenti.
Nessun casco blu è rimasto ferito, ma il veicolo è stato danneggiato. Proprio l’altro ieri, il Capo Missione e Comandante della Forza dell’Unifil, aveva esortato a fermare ogni ciclo di violenza nella zona demilitarizzata, ricordando a tutti che qualsiasi ulteriore escalation «potrebbe avere conseguenze devastanti».
*E’ giallo sul secondo gruppo di ostaggi: Hamas starebbe ritardando il rilascio
Secondo Barak Ravid di ‘Axios’ che cita una fonte vicina al dossier tra i nodi da sciogliere ci sarebbe quello dei prigionieri palestinesi che secondo l’accordo dovrebbero essere rilasciati da Israele in cambio degli ostaggi.
«Hamas e Israele hanno concordato che il criterio per il rilascio dei prigionieri palestinesi sarà la quantità di tempo trascorso in prigione. Chi avrà scontato più tempo verrà rilasciato per primo. Venerdì non era così e Hamas sostiene che si tratta di una violazione», spiega Barak Ravid citando la sua fonte. Hamas, inoltre, riferiscono altri media israeliani, sostiene che Israele avrebbe violato i termini del cessate il fuoco utilizzando droni e non sarebbero arrivati tutti i camion previsti di aiuti umanitari a Gaza.
*Ostaggi da liberare in gran parte del kibbutz Beeri
Gran parte dei 13 ostaggi israeliani liberati ieri sono del kibbutz di Beeri, uno dei più colpiti dalla razzia di Hamas dello scorso 7 ottobre. Lo ha riferito la tv Canale 12.
*Palestinesi da scarcerare: 18 donne e 24 minori
L’Associazione dei prigionieri palestinesi ha confermato che ieri sono 42 detenuti i palestinesi che dovrebbero essere liberati dalle carceri israeliane. Nella lista, elaborata dalle autorità di Israele, figurano 18 donne e 24 minorenni. Come accaduto l’altro ieri, il rilascio avverrà attraverso il carcere di Ofer, appena fuori Ramallah in Cisgiordania.
*«Hamas ha localizzato altri 10-20 ostaggi»
Hamas nei giorni scorsi ha fatto sapere di aver «localizzato» altri 10-20 ostaggi che potrebbero essere rilasciati. Lo ha riferito Haaretz. Israele potrebbe estendere la tregua in corso di uno o due giorni, con l’aggiunta di altri ostaggi da rilasciare. Secondo stime israeliane, Hamas può avere la capacità di portare fuori circa 30 ostaggi in più rispetto ai 50 inizialmente concordati nell’attuale intesa.
*La figlia dell’ostaggio liberato Hanna Katzir: “Urgente riportarli tutti a casa”
“Mia madre, l’eroina, è con noi. E’ fantastica e ha tanto da elaborare. Il suo ritorno a casa ci dice che è possibile e necessario il rilascio immediato di tutti gli ostaggi”. Ad affermarlo in un post su Facebook è Carmit Palty Katzir, la figlia dell’ostaggio israeliano Hanna Katzir, 76 anni, che è stata liberata ieri nell’ambito dell’accordo tra Israele e Hamas. “I nostri cuori sono ancora a Gaza, con gli oltre 200 ostaggi e le loro famiglie preoccupate. Sono grata di riavere la mia mamma”, scrive ancora.
*Onu, dal 7 ottobre in Cisgiordania uccisi 221 palestinesi
In Cisgiordania dal 7 ottobre, scrive nel suo sito web l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha), “213 palestinesi, tra cui 55 bambini, sono stati uccisi dalle forze israeliane. Altri otto, compreso un bambino, sono stati uccisi dai coloni israeliani (sempre) in Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est. Quattro israeliani sono stati uccisi in attacchi da parte di palestinesi”.