Con i due decreti legislativi approvati oggi dal Consiglio dei ministri, in attuazione della riforma Cartabia, si introducono ‘disposizioni sul riordino della disciplina del collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili‘ e ‘disposizioni in materia di riforma ordinamentale della magistratura‘. Con questo secondo provvedimento sulla riforma dell’ordinamento giudiziario, tra le altre cose, si dà attuazione alle valutazioni periodiche di professionalità dei magistrati. Il fascicolo personale del magistrato, si sottolinea nel decreto legislativo sulla giustizia approvato in Consiglio dei ministri, è tenuto dal Csm ed è destinato a raccogliere tutti gli elementi potenzialmente rilevanti ai fini delle valutazioni di professionalità e, di conseguenza, del conferimento di incarichi direttivi e dell’accesso alla legittimità.
Pagelle ai magistrati: cosa prevedono i decreti approvati dal governo
Fino ad ora si raccoglieva ogni 4 anni la documentazione utile per la valutazione del magistrato; ora il fascicolo viene alimentato costantemente e si specifica cosa deve necessariamente essere contenuto, ampliando le fonti di conoscenza ad ogni elemento suscettibile di interesse per la valutazione. In tema di valutazioni di professionalità si prevede che il periodo trascorso fuori ruolo o in aspettativa per lo svolgimento di incarichi elettivi o di Governo (anche presso gli enti locali) non è utile alla maturazione del quadriennio, e quindi il magistrato che assuma tali incarichi vedrà di fatto sospesa la propria progressione in carriera ed economica. Viene inoltre dato maggiore rilievo, rispetto al passato, alla sussistenza di gravi anomalie concernenti l’esito degli affari nelle successive fasi e gradi del procedimento e del giudizio, e dunque al rigetto delle richieste formulate dal magistrato requirente o alla riforma dei provvedimenti del magistrato giudicante che siano dovuti a motivi particolarmente gravi o che siano particolarmente numerosi.
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La valutazione professionale dei magistrati
Si stabiliscono quali sono le anomalie: devono essere particolarmente gravi o particolarmente numerose. Si è snellito poi il procedimento per la valutazione prevedendo la predisposizione, da parte del Csm, di moduli standard estremamente semplificati e l’acquisizione del parere del Consiglio dell’Ordine degli avvocati. Introdotta poi, in caso di valutazione positiva, l’espressione di un giudizio solo sulla capacità organizzativa del magistrato (le voci di valutazione di un magistrato sono tante: indipendenza, imparzialità, produttività, laboriosità, ecc. Solo sulla capacità di ‘organizzare il lavoro’ – voce che viene esminata al momento di concorrere per incarichi direttivi e semi-direttivi – la valutazione viene espressa secondo una scala di giudizio, da discreto a ottimo. Il giudizio non riguarda gli aspetti più strettamente correlati allo svolgimento del lavoro). In caso di valutazione non positiva o negativa, sono state ridotte le ipotesi di dispensa dal servizio, prevedendo comunque penalizzazioni economiche e di carriera per il magistrato (attualmente dopo una valutazione negativa, per non essere escluso dalla magistratura occorreva per il magistrato avere obbligatoriamente una valutazione positiva).
Positivo o negativo: cosa succede?
Con la riforma, ora può esserci anche una valutazione non-positiva (che è diversa da negativa): in questo caso il magistrato rimane in magistratura, è rivalutato dopo un anno e perde aumento di stipendio e progressione di carriera. Ma c’è più tempo per recuperare, sul presupposto che da negativo il magistrato è già passato a non-positivo). Per quanto riguarda l’accesso alle funzioni di legittimità, si è previsto, quale ulteriore requisito, l’aver esercitato le funzioni giurisdizionali per almeno dieci anni. Col secondo decreto legislativo sono precisati poi alcuni requisiti di anzianità per il collocamento fuori ruolo e per un nuovo collocamento fuori ruolo: nel dettaglio non si può essere collocati fuori ruolo prima del decorso di dieci anni di effettivo esercizio della giurisdizione e, fatti salvi incarichi presso istituzioni di particolare rilievo, sono necessari tre anni di esercizio della funzione giurisdizionale prima di un nuovo collocamento fuori ruolo se il primo incarico fuori ruolo ha avuto una durata superiore a cinque anni.
Magistrati fuori ruolo
Viene codificato il principio della necessaria sussistenza di un interesse dell’amministrazione di appartenenza per consentire l’incarico fuori ruolo. Viene codificato come elemento preclusivo la scopertura dell’ufficio di provenienza, rimettendone la concreta determinazione della percentuale di scopertura rilevante agli organi di autogoverno. Vengono determinati i limiti di permanenza fuori ruolo, che in via generale vengono ridotti a 7 anni, salvo che per gli incarichi particolarmente rilevanti, per i quali continua ad operare il termine di 10 anni, tranne che per gli incarichi giurisdizionali all’estero. Viene ridotto il numero massimo di magistrati collocati fuori ruolo: 180 per la magistratura ordinaria, comprendo in tale numero anche quelli che secondo la normativa previgente non erano considerati nel numero massimo dei magistrati fuori ruolo.
Magistrati fuori ruolo: cosa cambia
Viene posto il principio che il numero di magistrati fuori ruolo presso organi diversi dal Ministero della giustizia, degli esteri, Csm e organi costituzionali non può essere superiore a 40. Viene precisato che la disciplina non si applica agli incarichi elettivi e di governo, il cui periodo non si considera ai fini del computo del termine massimo di permanenza fuori ruolo. Infine, è dettata una norma transitoria, che prevede che la disciplina introdotta dal decreto si applichi agli incarichi conferiti o autorizzati dopo la sua entrata in vigore – e che ai magistrati fuori ruolo al momento della entrata in vigore del decreto si applichi la normativa vigente al momento del collocamento fuori ruolo – e che per chi è già stato fuori ruolo e viene ricollocato fuori ruolo dopo l’entrata in vigore del decreto – si applichino i nuovi limiti temporali, salvo gli incarichi presso gli organi costituzionali.