La gigantesca manifestazione di sabato scorso al Circo Massimo non è piaciuta al mondo politico. Non si è indignata solo la destra, alla quale raramente piacciono i cortei. Anche l’opinione pubblica moderata è rimasta turbata da quella vera e propria invasione subìta dalla città di Roma. Molti intellettuali e politici e giornalisti si sono tuffati nelle polemiche.
Per quale ragione? Credo per una sola ragione molto semplice: il mondo politico e intellettuale, per come è venuto affermandosi in questi ultimi trent’anni, non ha gli strumenti per confrontarsi con fenomeni politici nuovi, perché questi fenomeni sfuggono ai loro schemi che col tempo si sono molto semplificati. La vecchia classe politica e il giornalismo del secolo scorso erano più agili e preparati.
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Tralascio le dichiarazioni più radicali del “mondo di sopra”. Prendo l’articolo di fondo di Paolo Mieli sul Corriere della Sera come punto più alto di questa critica e di questo pensiero conservatore, perché, come al solito, Mieli è l’intellettuale che più di tutti gli altri sa esprimere con chiarezza e lucidità le posizioni dei moderati.
Mieli indica tre errori, in quella manifestazione. Il primo è la mancanza di una denuncia forte ed esplicita del femminicidio di massa realizzato da Hamas il 7 ottobre. È effettivamente la critica più ragionevole. Il massacro e gli stupri ai danni di centinaia di donne israeliane sono stati uno degli episodi più infami delle guerre che stanno insanguinando il mondo, e che sono sempre più vicine a noi. Colpisce il silenzio di chi ha organizzato il corteo.
Almeno quanto colpisce il silenzio di grandissima parte della stampa italiana, Corriere compreso (Corriere in testa) sull’uccisione di circa 5000 donne e 5000 bambini assassinati dagli israeliani nei giorni successivi al 7 ottobre. Non scrivo queste cifre come se fosse una ritorsione polemica. O un “pareggiare”.
I morti non pareggiano e nemmeno le donne stuprate. Dico solo che di fronte a una guerra, se si ignorano, o si sottovalutano, o si omettono, o si minimizzano i crimini di una delle parti in lotta, si fa una pessima operazione di propaganda. Il silenzio di moltissimi giornali italiani – quando non il giustificazionismo – sui crimini dell’esercito israeliano non è un esempio bello di libertà di stampa.
Io personalmente mi sono commosso leggendo gli articoli, molto forti e ben fatti, del Corriere della Sera che raccontano del ritorno a casa dei bambini israeliani senza mamme. A tutti viene da piangere. Però nessuno ha voluto scrivere le storie dei bambini palestinesi rimasti senza mamma e papà, e delle mamme palestinesi, tantissime, che hanno perso il loro bambino. Vogliamo chiederci il perché?
Non è mica questo un modo per non dire che sarebbe stato giusto condannare Hamas. È solo una preghiera, ai miei colleghi, perché – per ragioni strettamente e unicamente ideologiche – non tralascino il dramma dei palestinesi e la ferocia del governo di Gerusalemme. Diventa difficile, sennò, accusare gli altri di essere guidati dall’ideologia se poi sono proprio quelli che criticano l’ideologia ad esserne vittime.
La seconda osservazione di Mieli è contro la sinistra che è sempre pronta a condannare la Shoah e mai l’antisemitismo degli arabi. Non so se è vero. Sicuramente l’antisemitismo nel mondo arabo esiste. E va condannato, come ogni forma di antisemitismo. Però a me sembra una cosa molto sbagliata paragonare l’antisemitismo degli arabi alla Shoah.
La Shoah è uno dei più grandi, o forse il più grande orrore della storia dell’uomo. Per come è stata originata, per come è stata programmata, per come è stata realizzata, per come è stata taciuta. Non l’hanno fatto gli arabi, questo orrore, l’hanno fatto gli europei. E le borghesie europee per molti decenni l’hanno taciuto o ignorato. Il paragone non ha senso.
Così come non ha senso il terzo argomento di Mieli. Che accosta l’aggressione della Russia all’Ucraina all’aggressione di Hamas ad Israele. Sulla guerra tra Russia e Ucraina io ho posizioni diverse da quelle di Mieli.
Ma mi pare impossibile mettere sullo stesso piano l’attacco di Mosca del 2022 – di Mosca: con il secondo esercito più potente del mondo, una forza aeronautica impressionante, missili, carrarmati, bombe atomiche in quantità – con la forza di Hamas che è solo un gruppo terroristico che si adopera, con le armi del terrorismo, a combattere quella che considera l’oppressione di Israele sul popolo palestinese.
Qui siamo proprio all’esagerazione dell’ideologia. Solo l’ideologia e la militanza politica vecchia maniera possono mettere sullo stesso piano queste due realtà. Qui mi fermo.
Però vorrei dirvi un’altra cosa. La manifestazione del Circo Massimo è stata una manifestazione eccezionale. Da vent’anni non si verificava una cosa del genere in Italia, cioè l’irruzione nell’agone della politica di una forza imprevista, consapevole e così grande. Il giudizio che si dà su questo avvenimento non può seguire i canoni tradizionali della battaglia politica.
In piazza non c’era un partito, o un sindacato. C’erano 500 mila persone diverse una dall’altra. Che esprimevano politica al massimo grado; ma politica: non partiti, non interessi di partito, non politicismo, non vecchi schemi. Gridavano idee, non chiedevano potere.
Se la loro era ideologia era finalmente ideologia nuova, fortissimamente influenzata e impregnata delle idee del femminismo, ma che va oltre lo stesso femminismo tradizionale e propone una scossa ribelle, di rottura degli schemi, di rifiuto della destra, non tanto per il potere della destra, ma per il modo nel quale sta provando a spostare l’opinione pubblica su idee reazionarie.
Ho l’impressione che non si sia capito. E che non abbia senso una polemica fondata sul “dovevate fare così, così e così, e non l’avete fatto e avete perso un’occasione”. Ma quale persa un’occasione? L’occasione l’ha persa chi non ha la forza di fare un passetto piccolo piccolo col cervello per provare a intuire le novità.
Stavolta ha fatto bene Elly Schlein ad andare senza cercare di mettere il cappello. Le è stato facile non sbagliare, per una semplice ragione: lei il femminismo lo conosce. Le ragazze che ho incontrato sabato sul lungotevere gridavano: “Tutte insieme facciamo paura”. Eh, già. Facevano paura. Fanno paura. Ma perché vi fanno paura? Temete che siano una cosa seria? Forse avete ragione.