Il vertice delle polemiche
Cop28, cos’è la conferenza globale sul clima ospitata a Dubai: il paradosso del vertice nel regno del petrolio
Ambiente - di Carmine Di Niro
Inizierà oggi, 30 novembre, a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, la 28esima conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, nota anche come Cop28 (Conference of Parties). Il vertice si tiene ogni anno in un Paese diverso e ha come obiettivo principale quello di contrastare gli effetti del riscaldamento globale.
L’agenda della Cop28
Il summit di Dubai, che terminerà il 12 dicembre, nasce in un clima di disillusione in merito agli accordi che potrebbero essere siglati al termine della Cop. Al centro dell’agenda ci sono tre temi: la riduzione dell’uso dei combustibili fossili, l’istituzione di un fondo di compensazione per i Paesi più minacciati dal riscaldamento globale e una valutazione di quanto fatto ad oggi, ovvero dell’applicazione dei precedenti accordi.
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Su questi tre punti però al momento vige un certo pessimismo, in particolare sui primi due. Sulla transizione ecologica, ovvero sul passaggio dall’uso di combustibili fossili come carbone, petrolio e gas naturale come principali fonti di energia all’uso di fonti che non causano emissioni di gas serra, le promesse e gli accordi finali presi nella Cop26 di Glasgow del 2021 si sono “sgonfiati”. Già l’anno dopo, nella Cop27 di Sharm el-Sheikh, gli impegni presi dai Paesi cancellarono l’esplicita menzione del carbone, il più inquinante dei combustibili fossili, di cui “ridurne gradualmente” l’uso.
Al momento non sembra possibile un maggiore impegno in tal senso: in particolare a causa dell’opposizione dei Paesi in via di sviluppo, tra cui alcuni giganti come l’India, che vogliono un maggiore impegno a ridurre le proprie emissioni di gas serra da parte dei soli Paesi sviluppati. Il senso è chiaro: i Paesi in via di sviluppo vorrebbero poter sfruttare i combustibili fossili per far crescere la propria economia come hanno fatto per decenni i Paesi più sviluppati, Stati Uniti ed Europa in testa.
Altro punto chiave di cui si discuterà negli Emirati è quello delle compensazioni per le nazioni più minacciate dal cambiamento climatico. A Sharm el-Sheik, nella Cop27 dello scorso anno, era stato siglato l’accordo per l’istituzione del fondo, ma i problemi non mancano anche qui. In particolare Stati Uniti ed Unione Europea non vogliono riferimenti a responsabilità storiche sul proprio ruolo nel riscaldamento globale, per evitare in questo modo contenzioni legali.
Altra questione oggetto del dibattito è il ruolo della Banca Mondiale, che dovrebbe fare da intermediaria per i negoziati e stabilisca le tempistiche di distribuzione delle risorse raccolte nel fondo. Banca Mondiale che secondo molti Paesi in via di sviluppo, quelli che dovrebbero accedere ai soldi del fondo, è troppo legata agli Stati Uniti e potrebbe così favorire i Paesi sviluppati.
Infine il tema dell’individuazione dei Paesi da considerare più minacciati dal cambiamento globale: ad oggi non è stato ancora chiarito definitivamente chi avrà diritto ai fondi. Il pressing di Usa e Ue è che a finanziarlo siano anche Paesi che all’epoca delle prime Cop non erano considerate economie sviluppate, come nel caso di Cina e Arabia Saudita. Viste le divergenze di posizioni, è possibile che dalla Cop28 non si arrivi ad un accordo sull’istituzione del fondo.
Le polemiche sul ruolo di Dubai
L’altra grande polemica sulla Cop28 di Dubai è il ruolo degli Emirati Arabi Uniti. Ha senso, è il dibattito internazionale, far organizzare la delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico a uno dei maggiori produttori di petrolio, il settimo nel mondo per numero di “barili”?
Ancora più problematica e discutibile appare poi la scelta di mettere a capo della Cop Sultan Ahmed Al Jaber, amministratore delegato della compagnia petrolifera nazionale Adnoc, la Abu Dhabi National Oil Company considerata la 12esima più grande società del settore al mondo.
Secondo una inchiesta di BBC e Centre for Climate Reporting, la Cop28 di Dubai sarebbe l’occasione per gli Emirati di fare accordi per la vendita di combustibili fossili con 27 altri paesi approfittando della presenza dei loro rappresentanti durante la Conferenza.