Il caso del sottosegretario
Perché Delmastro va a processo sul caso Cospito, ma Meloni ordina di “non sparare” sui Pm
Il sottosegretario rinviato a giudizio nonostante la richiesta di non luogo a procedere della procura. “Inconsueto” commenta Fazzolari, ma l’ordine di scuderia è evitare lo scontro con le toghe. Crosetto smentisce legami con la sua denuncia di una manovra antigovernativa dei pm
Politica - di David Romoli
È il caso di dirlo: piove sul bagnato. L’eco della polemica rovente innescata dal ministro Crosetto è ancora fragorosa e un nuovo caso riattizza l’incendio. Il sottosegretario alla Giustizia Delmastro, uomo di fiducia della premier nel ministero di via Arenula, è stato rinviato a giudizio per rivelazione di segreto d’ufficio.
- Andrea Delmastro, il sottosegretario a processo per il caso Cospito: “Non mi dimetto, non ho passato carte”
- Delmastro rinviato a giudizio per i verbali segreti su Cospito passati al collega di FdI Donzelli: andrà a processo
- Perché Delmastro andrà a processo, cosa rischia il sottosegretario alla giustizia
Il caso è noto: quell’attacco dissennato mosso in aula da Giovanni Donzelli, compagno di partito e coinquilino di Delmastro, sulla base di informative in merito alla visita di alcuni parlamentari del Pd all’anarchico Alfredo Cospito, allora in sciopero della fame, nel carcere di Sassari.
Per la seconda volta la Procura di Roma ha chiesto di non procedere e per la seconda volta un giudice ha deciso di ignorare la richiesta dell’accusa, rappresentata dal procuratore aggiunto Paolo Ielo. Nel luglio scorso era stata la gip Emanuela Attura a decidere di procedere nonostante la richiesta di archiviazione, dopo la denuncia sporta dal leader dei Verdi Angelo Bonelli. Stavolta è stata il gup Maddalena Cipriani a cestinare la richiesta di non luogo a procedere della Procura.
Il processo è già fissato per il prossimo 12 marzo e Delmastro rischierà senz’altro più nell’aula di tribunale che in quella della Camera dove si discuterà la mozione di sfiducia nei suoi confronti presentata a suo tempo dal Pd, dissepolta per l’occasione ieri appoggiata dal M5S e da Avs. L’esito della mozione è infatti scontato in partenza.
La capogruppo del Pd Chiara Braga insiste comunque perché la mozione sia calendarizzata subito: “Vorremmo capire perché Delmastro sia stato difeso da autorevoli esponenti del governo tra cui il ministro Nordio”. “La difesa di Nordio è gravissima”, ribadisce anche Bonelli e i 5S reclamano le dimissioni del sottosegretario.
Nel mirino però non ci sarà lui, essendo certissima la bocciatura della mozione, ma il ministro che lo aveva difeso. Lo stesso Pd, infatti, chiede che si presenti in aula per riferire sia sul caso Delmastro che su quello Crosetto. Perché il rinvio a giudizio venga considerato di per sé sentenza di condanna resta misterioso.
La maggioranza e il governo evitano per quanto possibile commenti. L’ordine di scuderia è evitare lo scontro con la magistratura: ufficiali e truppa si adeguano. Il capogruppo tricolore Foti spara sì ma sull’opposizione non sui togati: “Le prese di posizione di giubilo e gaudio sono semplicemente vergognose. Siamo disponibili a discutere la mozione riesumata dal Pd anche domani: cadrà nel nulla di fatto”.
Si smarca un po’, ma senza calcare i toni, solo il sottosegretario a Chigi Fazzolari: “Il rinvio a giudizio quando il pm chiede il non luogo a procedere è inconsueto: dunque non ci sono le condizioni per un passo indietro del sottosegretario”. Il legame tra la denuncia di una manovra antigovernativa della magistratura di Crosetto e il rinvio a giudizio di ieri sembra saltare agli occhi ma il ministro della Difesa smentisce: “Io parlavo di una questione di principio non di casi particolari”.
La correzione di rotta del ministro è clamorosa e indica quale sarà la sua versione quando riferirà in Parlamento, non si sa ancora in quale sede: negherà di aver mosso un’accusa circostanziata, giurerà che il suo era un ragionamento in astratto. Non è vero naturalmente. Crosetto aveva in mente qualcosa di molto più preciso quando ha premuto il detonatore con la celebre intervista di domenica scorsa. Ma, appunto, l’ordine di scuderia impone di abbassare i toni.
Lo stesso ministro della Giustizia Nordio, ieri, si è tenuto in equilibrio. Ha confermato che la separazione delle carriere si farà e il progetto sarà definito entro la primavera. Ma sui tempi rallenta e resta sul vago: “In questo momento la priorità è il premierato. Non possiamo e non dobbiamo inserire un argomento spurio come quello della separazione delle carriere che deve essere accompagnato da due riforme che sono la riforma del Csm e quella dell’obbligatorietà dell’azione penale”. Col referendum di mezzo, prima che la partita del premierato sia finita passeranno anni e solo a quel punto si vedrà che fare con la riforma-chimera della Giustizia.