Il 26 novembre il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha fatto sapere che le azioni di difesa al nord del paese avevano portato all’uccisione di 100 membri di Hezbollah e la distruzione di decine di posti di osservazione, depositi di armi e altri siti delle malizia libanesi.
“La combinazione di tutti questi risultati tattici” ha dichiarato Gallant al Times of Israel “si tradurrà in una situazione diversa, che consentirà in seguito il ritorno dei residenti [del nord di Israele] in condizioni completamente diverse rispetto a quando abbiamo iniziato questa campagna”.
Nei giorni in cui sono avvenuti i primi scambi di ostaggi per prigionieri e i bombardamenti su Gaza sono stati sospesi, al confine tra Israele e Libano si è continuato a sparare. A poco serve la presenza del contingente internazionale Unifil, con forte presenza italiana, razzi e droni cercano di colpire il nord dello Stato ebraico con lanci dai confini libanese e siriano.
Nel suo discorso di ottobre Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah aveva affermato che “il nostro dovere è dare tutto, credere in questa chiamata, siamo pronti al sacrificio, a dare tutto” ma, dopo aver riconosciuto che l’attacco del 7 ottobre era merito di Hamas e che l’Iran non c’entrava, non ha annunciato la sua scesa in campo.
Come si dovrebbe sapere, Hezbollah è un partito politico musulmano sciita e un gruppo militare con sede in Libano fondato a metà anni Ottanta su spinta dell’Iran.
La sua organizzazione politica e la rete di servizi sociali che offre hanno favorito la sua reputazione di “uno stato nello stato” libanese rendendolo popolare in uno paese che dalla fine della guerra civile non è mai riuscito nel delicato bilanciamento, sancito costituzionalmente, tra le fazione che si spartiscono il potere.
Hezbollah è sostenuto politicamente principalmente dall’Iran, è guidato dalla sua opposizione a Israele e dalla resistenza all’influenza occidentale in Medio Oriente, da sempre ha stretti rapporti anche con il regime di Bashar al-Assad in Siria e, oltre ai trasferimenti da Teheran, si finanzia con attività illegali, imprese criminali internazionali e grazie alla diaspora libanese.
Tra le attività illegali gestite o controllate da Hezbollah ci sono la produzione di hashish e il traffico internazionale di cocaina, recentemente i tentacoli del “partito di dio” si sono infilati anche nel commercio di captagon, un’anfetamina ingerita, ma polverizzata e e sniffata che aumenta alcuni tipi di attività cerebrale e può portare a sentimenti di maggiore attenzione e fiducia in sé, diminuendo anche l’appetito e la sonnolenza.
La cannabis viene coltivata nella valle della Bekaa mentre l’importazione di cocaina parte dalla Colombia e via Brasile e mezzo Sahel, arriva nel Mashrek passando di mano in mano. Le pasticche arrivano principalmente dalla Siria per proseguire verso la penisola arabica. Eppure, in diverse occasioni, la leadership di Hezbollah ha ricordato che se usare gli stupefacenti è proibito per chi segue l’Islam, non lo è venderli agli infedeli.
L’essere forza parlamentare e gruppo paramilitare consente a Hezbollah la distrazione, o copertura, dello Stato libenese, che funge anche da “porto sicuro” per altri narcotrafficanti internazionali. Prima di entrare nel Mediterraneo la cocaina esce dall’America del sud attraverso la zona franca al confine tra Argentina, Paraguay e Brasile detta “triple frontera” che ha una ricchissima rete di trasporti fluviali che, un po’ per via delle foreste che la circondano un po’ per i conflitti legali che mettono una giurisdizione nazionale contro l’altra, fanno della Hidrovia un eldorado di traffici illegali: droghe, armi ed esseri umani.
E dove c’è commercio illegale c’è mafia. Il rapporto della Direzione investigativa anti-mafia, Dia, del 2022 segnala una serie di organizzazioni straniere in America del sud, tra cui Hezbollah, coinvolte in attività illecite quali il traffico di droga, il riciclaggio di denaro, il contrabbando di veicoli, tabacco e oggetti contraffatti.
Secondo stime della Dea ogni anno dalla Tripla Frontera vengono inviati al gruppo sciita più di 100 milioni di dollari, soldi che provengono da attività illecite come traffico di droga e riciclaggio. Agendo in terre lontane è fondamentale poter contare sulla collaborazione di mafie locali come il Primeiro comando da Capital, la più grande organizzazione criminale brasiliana.
Secondo la Dia il Pcc “è un importante attore di riferimento nell’ambito del fiorente mercato degli stupefacenti, anche grazie a collegamenti con Hezbollah e la ’ndrangheta”. Negli anni sono state documentate connessioni di importanti esponenti della ‘ndrangheta con la criminalità locale operante nella Triple Frontera con arresti avvenuti in Brasile, Italia e Libano.
Il rapporto della Dia ricorda anche le accuse del governo paraguaiano relative alla pervasività delle mafie italiane, in particolar modo della ‘ndrangheta attiva nel settore del narcotraffico, armi, gioco d’azzardo, estorsione e corruzione di pubblici ufficiali. la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria ritiene che la ‘ndrangheta possa avere interessi criminali interconnessi nell’area compresa tra Paraguay, Argentina, Uruguay e Brasile, senza però escludere la presenza di altre organizzazioni criminali.
Sempre secondo la Dda tanto la ‘ndrangheta quanto Hezbollah hanno avuto connessioni strette con i narcos colombiani, mentre la presenza di piccole comunità libanesi in Africa occidentale e Asia ha consentito la creazione della cosiddetta “Highway 10” che scorre lungo il 10 parallelo nord che attraversa America Latina, Africa e Asia Sud-Orientale tagliando o passando per Nigeria, Sudan, Somalia, Indonesia (il paese dove vivono più Mussulmani al mondo) e le Filippine.
Luoghi dove si può comprare e vendere di tutto. Il narcotraffico è il bancomat delle organizzazioni criminali, i proventi da questi traffici transnazionali servono per comprare le armi necessarie alla difesa delle rotte, al controllo del territorio o ad altro.
Avendo come fine statutario la distruzione di Israele, Hezbollah ha utilizzato quei milioni, se non miliardi, di dollari per armarsi a più non posso imparando dalle mafie “trucchi del mestiere” in quanto ad attentati dinamitardi, racket, estorsioni e nascondigli. Informazioni note ai proibizionisti trans-nazionali che non pare accennino a ravvedimenti operosi globali.