Israele: il massacro al rave party poteva essere evitato
A darne conto è un documentato report su Haaretz, il più autorevole quotidiano israeliano, a firma Yaniv Kubovich, meritoriamente tradotto e riportato da Dagospia: “Nelle ore precedenti all’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre, le forze di sicurezza israeliane avevano ricevuto sufficienti segnali di allarme per prepararsi – almeno in parte – alla possibilità che i terroristi cercassero di infiltrarsi da Gaza in Israele. Nonostante la Brigata Nord della Divisione Gaza, responsabile della sicurezza nell’area, avesse approvato lo svolgimento del festival musicale Nova nel parcheggio del Kibbutz Re’im, e il suo comandante fosse a conoscenza degli avvertimenti, nessuno delle Forze di Difesa Israeliane ha comunicato le proprie preoccupazioni alle migliaia di partecipanti alla festa o agli organizzatori, né ha chiesto la chiusura dell’evento. Inoltre, si è scoperto che le unità dell’esercito che erano in allerta nella zona all’inizio dell’attacco di Hamas non erano a conoscenza del festival. Nelle primissime ore del massacro, gli organizzatori hanno chiamato l’ufficiale con cui erano in contatto e si sono sentiti rispondere che le forze erano allo sbando e che avrebbero dovuto cavarsela da soli. Il risultato è stato che circa 360 partecipanti al festival sono stati uccisi dai terroristi e almeno altri 40 sono stati presi in ostaggio nella Striscia di Gaza. Il team che ha organizzato l’evento sostiene che, se avesse ricevuto un avviso dall’esercito anche solo un’ora prima dell’attacco, avrebbe potuto evacuare tutti i partecipanti alla festa in tempo […] ”.
“I militari sanno che la festa di Re’im sarà al centro delle commissioni d’inchiesta che verranno istituite alla fine della guerra”, ha dichiarato questa settimana una fonte dell’Idf”, aggiungendo: “Questo massacro avrebbe dovuto essere evitato”.
Financial Times: i bombardamenti Gaza come quelli nella Seconda guerra mondiale
Citando le stime dei danni alle aree urbane, gli analisti militari affermano che la distruzione del nord di Gaza in meno di sette settimane si è avvicinata a quella causata dai bombardamenti a tappeto durati anni delle città tedesche durante la Seconda guerra mondiale.
“Dresda, Amburgo, Colonia: alcuni dei bombardamenti più pesanti mai avvenuti al mondo sono ricordati dai nomi dei luoghi”, ha affermato Robert Pape, storico militare statunitense e autore di Bombing to Win, uno studio fondamentale sulle campagne di bombardamento del XX secolo, intervistato dal Financial Times, “anche Gaza diventerà il nome di un luogo che denoterà una delle campagne di bombardamento convenzionale più pesanti della storia”.
Entro il 4 dicembre, più del 60% degli edifici nel nord di Gaza erano stati gravemente danneggiati, secondo l’analisi dei dati radar satellitari di Corey Scher del CUNY Graduate Center e Jamon Van Den Hoek dell’Oregon State University. In alcuni quartieri questa percentuale arriva fino al 70% degli edifici. Al contrario, secondo Pape, nell’arco di due anni, tra il 1943 e il 1945, i bombardamenti alleati su 61 grandi città tedesche rasero al suolo circa il 50% delle loro aree urbane.
La denuncia dell’Onu: “I palestinesi a Gaza vivono nell’orrore totale”
L’Onu denuncia le condizioni di vita dei palestinesi a Gaza parlando di “orrore più totale”. I palestinesi di Gaza vivono nell’”orrore totale”, ha denunciato mercoledì l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, in una conferenza stampa a Ginevra.
Due mesi dopo “gli orribili attacchi perpetrati contro Israele da Hamas e da altri gruppi armati palestinesi”, “i civili di Gaza continuano ad essere bombardati senza sosta da Israele e puniti collettivamente”, ha aggiunto, affermando di temere “atrocità”.
Onu: «A Gaza uccisi 1207 palestinesi dall’1 dicembre»
Almeno 1.207 palestinesi sono stati uccisi a Gaza dalla ripresa delle ostilità il primo dicembre: lo riporta l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr), che cita il ministero della Sanità della Striscia controllato da Hamas. Il 70% delle vittime, precisa l’Ohchr, erano donne e bambini.
Idf: accerchiata la casa di Sinwar, “la mente” degli attacchi del 7 ottobre
Le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno accerchiato con i carri armati la casa del leader di Hamas Yahya Sinwara Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza. Lo afferma l’emittente Channel 7. Sinwar, noto anche come ‘’il macellaio di Khan Yunis’’, è considerato la mente degli attacchi sferrati da Hamas lo scorso 7 ottobre contro Israele.
Unicef: «Bisogna indagare sulle accuse di abusi sessuali»
«I resoconti delle violenze sessuali avvenute il 7 ottobre in Israele sono orribili. I sopravvissuti devono essere ascoltati, sostenuti e assistiti. Le accuse devono essere pienamente indagate. Condanniamo la violenza di genere e tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze»: lo scrive su X la direttrice generale dell’Unicef, Catherine Russell.
Israele progetta 1.738 case in un’area di Gerusalemme Est
Il Comitato di programmazione di Gerusalemme ha approvato i piani per la costruzione di 1.738 unità abitative in una zona che a metà si trova oltre la linea Verde a Gerusalemme Est e metà al suo interno. Lo ha fatto sapere l’ong Peace Now secondo cui “la loro collocazione strategica tra gli insediamenti di Givat Hamatos e Har Homa le rende particolarmente problematiche da un punto di vista politico”.
Fronti di guerra: Zelensky cancella la riunione al Senato degli Usa: stallo sui finanziamenti americani per la guerra in Ucraina
Zelensky ha annullato all’ultimo momento la riunione al Senato Usa a causa del punto morto sulla futura assistenza finanziaria degli Stati Uniti per la guerra in Ucraina. In realtà, i dettagli dell’assenza del presidente ucraino non sono mai stati illustrati, né dal leader della maggioranza democratica al Senato, Chuck Schumer, il quale ha addotto una importante questione “last minute” alla sua mancata partecipazione, né dall’ambasciata ucraina.
Tuttavia il capo di gabinetto di Zelensky, Andriy Yermak, aveva già dichiarato nel pomeriggio di martedì che ci fosse un «elevato rischio» di perdere la guerra senza il continuo sostegno degli Stati Uniti. «Sarà difficile mantenere le stesse posizioni, e per le persone sopravvivere», aveva detto, in un discorso presso l’Istituto per la pace degli Stati Uniti a Washington.