La denuncia
Carceri: quali sono le regole per i trasferimenti
Ha 21 anni, è nato a Bari, e ha fatto il suo primo ingresso in un penitenziario nel 2016. Da quando è detenuto non lo è mai stato in una struttura pugliese
Giustizia - di Redazione Web
di Vito Daniele Cimiotta*
Questa è la vicenda di D. C., detenuto definitivo dal 2016, con fine pena settembre 2024. Una storia di detenzione, forse come tante, ma che più di altre, probabilmente, merita di essere raccontata. D. viene tratto in arresto nel 2016 a seguito di ordine di carcerazione e successivo cumulo di pene. D. all’epoca aveva appena compiuto 21 anni e da quel preciso momento, ha girato “gira” trentuno carceri italiane. Trentuno Istituti di pena, in sette anni di detenzione. Nessuno di questi nella sua Regione di origine, la Puglia, perché il giovane è di Bari. Pensate che dal 2016 non vede, se non in video call, alcuno dei suoi parenti, genitori compresi. Una storia che potrebbe sembrare banale ma che sicuramente non lo è.
Carceri: quali sono le regole per i trasferimenti
La particolarità, oltre che negli innumerevoli trasferimenti, sta nel fatto che nessuno di questi trentuno carceri è ubicato nella regione di origine del detenuto. Eppure all’articolo 42, co. 2 O.P., sancisce che: “Nel disporre i trasferimenti i soggetti sono comunque destinati agli istituti più vicini alla loro dimora o a quella della loro famiglia ovvero al loro centro di riferimento sociale, da individuarsi tenuto conto delle ragioni di studio, di formazione, di lavoro o salute“. D. non è stato mai trasferito in Puglia, ha provato a chiedere il riavvicinamento, ma mai nulla gli è stato concesso.
Carceri: la storia del giovane D.C.
È stato detenuto dalla Lombardia alla Sicilia, ma sempre lontano dai propri affetti più cari. D. è stato letteralmente sradicato dal contesto familiare ed umano in cui viveva. Eppure, solo teoricamente, le persone che entrano in carcere dalla libertà, in un primo momento dovrebbero essere destinate all’istituto più vicino al locus commissi delicti, poi, successivamente, il detenuto deve essere trasferito in un istituto che sia il più possibile vicino al luogo di residenza suo o dei suoi cari. Tutto ciò non è avvenuto per D. e non avviene, purtroppo, nella prassi penitenziaria, con inevitabile sofferenza sia per i ristretti, sia per i loro cari. D. di carceri ne ha girati trentuno, non ha mai avuto il tempo nemmeno di affezionarsi ai compagni di cella.
Carceri: i problemi per il recupero e il reinserimento dei detenuti
La problematica dell’allontanamento dai propri nuclei familiari, infatti, non riguarda soltanto i detenuti in prima persona, ma investe le famiglie stesse, che subiscono la separazione. Questo compromette spesso il percorso risocializzante delle persone ristrette, le quali, senza una valida prospettiva di rientro nel proprio contesto sociale e senza il supporto costante delle persone care, difficilmente potranno riuscire ad intraprendere con successo i percorsi trattamentali o comunque a reinserirsi in società. Il carcere italiano non reinserisce, non rieduca, anzi sradica.
* avvocato penalista