La nomina
Augusto Barbera, chi è il nuovo presidente della Corte Costituzionale
Professore di diritto costituzionale, parlamentare col Pci e il Pds, resterà in carica un anno. Nella conferenza stampa di ieri la critica ai voti di fiducia, l’auspicio di riforme condivise. E sull’elezione dei giudici assicura: “La Corte non può occuparla nessuno”
Giustizia - di Angela Stella
«La richiesta del voto di fiducia è espressione di una debolezza della maggioranza. I maxi emendamenti sono obbrobriosi perché raccolgono istanze, interessi e progettini che i parlamentari non riescono nemmeno a conoscere e su cui si chiede la fiducia. Tutto questo crea problemi e la Corte costituzionale non può che essere preoccupata da questa alterazione. Stiamo attenti a non trasformare espressioni di debolezza dei governi in espressioni di prevaricazioni»: questa la dichiarazione più forte politicamente pronunciata ieri dal neo presidente della Corte Costituzionale Augusto Barbera durante la sua prima conferenza stampa, anche se successivamente, rispondendo ad altre domande, ha provato ad aggiustare un po’ il tiro: «Non ho condannato i maxi emendamenti ma in assenza di altre regole diventa ahimè inevitabile che vi si debba ricorrere. Con l’auspicio che sia dia più spazio agli emendamenti dei parlamentari».
Argomento di stretta attualità visto che quasi negli stessi momenti alla Camera dei deputati andavano in scena le dure proteste delle opposizioni in occasione della questione di fiducia posta dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, a nome dell’Esecutivo, sul cosiddetto decreto Anticipi.
Il deputato di +Europa Benedetto della Vedova ha ricordato, prendendo pure in prestito le parole di Barbera, che «siamo a 4,4 fiducie al mese di questo governo ed è il record assoluto. Non si può pensare che nel 2024 prosegua questo andazzo inaccettabile».
Dato confermato da Open Polis: «con 8 questioni di fiducia poste in 30 giorni, a novembre si è toccato un nuovo record di votazioni mensili. L’esecutivo Meloni è peraltro salito al primo posto per numero di voti di fiducia di media al mese».
Tornado a Barbera, nella mattinata di ieri è stato eletto al vertice della Consulta con tredici voti a favore e una scheda bianca, la sua. Il neopresidente rimarrà in carica fino al 21 dicembre 2024, quando scadrà il mandato di giudice costituzionale, iniziato nove anni fa quando fu eletto dal Parlamento su indicazione del Partito Democratico. Come primo atto ha nominato vicepresidenti i giudici Franco Modugno, Giulio Prosperetti e Giovanni Amoroso.
Barbera è professore emerito di Diritto costituzionale presso l’Università di Bologna. L’attività di ricerca è stata prevalentemente svolta attorno ai temi delle fonti normative, del sistema delle libertà costituzionali, dell’ordinamento regionale e locale, delle forme di governo, degli organi costituzionali e dei sistemi elettorali. Ha svolto anche attività politica prima con il Pci e poi con il Pds: è stato eletto alla Camera dei deputati per cinque legislature, fra il 1976 e il 1994.
Molti gli argomenti affrontati durante l’incontro dei giornalisti durato un’ora e dieci. Alla domanda se il modello di giudice che vorrebbe questo Governo, ossia alla Montesquieu come bouche de la loi, fosse superato il presidente ha risposto «sì» aggiungendo: «una disposizione approvata dal Parlamento deve essere prima interpretata e poi applicata». Durante questi passaggi «possono interferire varie culture, c’è appunto una attività di intermediazione o del giudice, o della pubblica amministrazione, o della stessa Corte Costituzionale».
Tutto deve avvenire «stando attenti a rispettare le regole dello Stato di Diritto che prevedono, ad esempio, che un atto di un giudice possa essere impugnato in un grado successivo. Se poi c’è un dubbio di Costituzionalità ci si rivolge alla Consulta» come potrebbero fare a gennaio le Sezioni Unite della Cassazione chiamate a pronunciarsi sui ricorsi del Governo ai provvedimenti di disapplicazione del decreto Cutro da parte della giudice Apostolico.
«Mi ha ferito – ha poi detto Barbera – leggere alcuni commentatori che hanno sostenuto che dopo la vittoria della maggioranza ci sarebbe stato un assalto alla indipendenza della Corte. Nessuno può occupare con le regole vigenti» la Consulta.
L’ «auspicio» dopo «che quanto prima si possa completare il collegio». Infatti manca un giudice alla Corte, che deve essere eletto dal Parlamento, ma per ora solo fumate nere: «Se questa maggioranza vuole eleggere il giudice deve mettersi d’accordo con altre forze politiche o presentare un candidato che abbia un successo personale tale da spingere tutte le forze politiche votarlo. La Corte non può occuparla nessuno».
A chi gli ha chiesto se la Corte meriti maggiore rispetto da parte delle forze politiche che mettono in atto un «mercato politico» per scegliere il nuovo giudice, Barbera ha replicato: «gradirei non usare l’espressione ‘mercato’. Sono accordi che ci sono stati tante altre volte. Le posso dire una cosa? Il ‘mercato’ politico c’è stato con me, Modugno e Prosperetti e credo che nessuno abbia portato all’interno della Corte lo stigma della provenienza. Il fatto che l’attuale maggioranza debba accordarsi con la minoranza lo considero positivo. Non è un mercato».
Non poteva mancare un passaggio sulla recente sentenza della Corte che ha permesso di celebrare il processo contro i torturatori e assassini di Giulio Regeni: una decisione «eccezionale e sofferta» l’ha definita Barbera, “che ha richiesto un equilibrio tra vari principi costituzionali”. Ricordando che diversi commentatori l’avevano criticata perché avrebbe minato le garanzie degli imputati, Barbera ha ribadito che gli stessi potranno «ottenere in ogni fase e grado la riapertura del processo».
Molte le domande sulla riforma del premierato. Barbera non ha risposto a quelle che entravano nel merito sui contenuti dei progetti di riforma costituzionale però «non possiamo che rivolgere l’auspicio di seguire le strade costituzionali: la prima è quella dei 2/3. Lo dico non per escludere il corpo elettorale, ma perché il corpo elettorale è previsto come second test».
Ha proseguito: «Le Riforme costituzionali sono come medicine. Se prendo una pillola per il mal di testa posso far male allo stomaco. Bisogna stare attenti». Sulle conseguenze della riforma sul ruolo del Presidente della Repubblica: «Qualunque riforma può portare ad una accentuazione o diminuzione del potere del capo dello stato. Auspico che si faccia nel modo più condiviso».