L'incontro
Musk ospite della Meloni ad Atreju, incarna tutte le ipocrisie di entrambi i fronti
Il patron di Twitter atterra ad Atreju pieno di quel pragmatismo che gli fa progettare viaggi stellari per la modica cifra di 10 miliardi a persona. Organico alla destra, squalo liberista, incarna tutte le ipocrisie di entrambi i fronti
Editoriali - di Michele Prospero
Alla fine il volto di “mister X” è sbucato fuori. E la sua identità corrisponde proprio a quella di Elon Musk, il supercapitalista globale che di X è il proprietario. Le sentinelle del mondo di ieri per l’occasione si acconciano a scolari dei giganti delle plutocrazie di oggi.
Un partito che riduce la sua kermesse a un evento pubblicitario, per abbracciare il profeta con in tasca un pugno di 250 miliardi di dollari, suggerisce qualcosa di definitivo sulla vera natura di questi post-fascisti del terzo millennio.
Nel cassetto avranno pure la divisa nazista da indossare per le belle occasioni di festa, in salotto esibiranno anche il busto del duce liberato dalla polvere, ma alla nostalgia canaglia uniscono un fiuto post-moderno per il senso dell’accumulazione.
Con il patto d’acciaio, anzi elettrico, siglato tra via della Scrofa e la Silicon Valley, la patriota Meloni dona ai cuori neri una qualche dolce rimembranza attorno alle gesta della “decima Musk”. L’ex venditore low cost che tra Zip2, PayPal, SpaceX e Twitter ha fatto miliardi a palate, con il suo motto di portare la specie umana sul pianeta rosso, per i camerati diventa una divinità pop grazie alla cui vocazione neo-imperiale possono coronare il desiderio di vedere per davvero i fascisti su Marte.
Nelle sue narrazioni, Musk parla di due imperi: quello romano classico lo lascia al culto del littorio caro a Meloni, per sé prenota il novello impero galattico che, dopo qualche lancio in orbita, vuole regalare al genere umano in pericolo mortale come un bel posto al sole. Il lettore del Signore degli Anelli (anche lui), che con una startup dopo l’altra ha espugnato il pianeta finanziario, progetta il razzo più veloce per andare su Marte.
Dice però che i prezzi per i viaggiatori delle astronavi, tutte riservate ai nuovi coloni, devono scendere un poco, le attuali cifre preventivate (10 miliardi di dollari a persona) sono infatti esorbitanti. Il biglietto andata-ritorno, sostiene, diventerà più abbordabile e non supererà il mezzo milione. Dopo aver spezzato le reni ai corpi celesti, i conquistatori muniti di computer edificheranno nella galassia nientemeno che una nuova civiltà.
Rapita dal realismo muskiano, che ragiona di navicelle e viaggi interstellari, Meloni entra nella Via Lattea e dimentica il traffico della Colombo, che spesso la fa arrivare tardi agli appuntamenti istituzionali. Anche i grattacapi del premierato assoluto diventano bazzecole dinanzi al fantastico proposito di una umanità multi-planetaria che, e questo solletica gusti antichi, non ha più bisogno di parlamenti, elezioni, democrazia.
Grazie alla straordinaria civiltà dei cyborg, può trionfare la tecnocrazia che è accompagnata da equazioni e algoritmi i quali impongono una integrale disintermediazione, con partiti, sindacati, giornalismo tradizionale mandati al macero. Stretto tra gli scenari da fantascienza e le saghe fantasy, il governo si allontana dai più prosaici tormenti per i conti che non tornano, per la sanità che è al collasso, per il lavoro che manca e per il Mes che incombe.
Musk è l’idolo della destra che guida la lotta di liberazione dalla politica, che reclama la fine della separazione dei poteri, che ordina la rimozione del pluralismo organizzato. Pregustava, il tycoon, addirittura il piacere di trasformare il Colosseo in un ring dove darsele di santa ragione con il rivale Zuckerberg, ma il match, nonostante la macchina organizzativa di Sangiuliano già allertata, saltò.
Il frenetico azionista “di Tesla e di mare”, che sulle sue pagine social sfoga gli istinti più aggressivi, avrà comunque a disposizione Castel Sant’Angelo. In quest’altro luogo simbolico, potrà ripetere il suo mantra secondo cui l’evangelico “porgi l’altra guancia” è solo un precetto per deboli e sciocchi.
La guerra lampo, che l’imprenditore-condottiero ha in mente in vista dell’occupazione dello spazio (fu Obama a cancellarlo come bene comune in modo da estendere sull’immateriale i diritti di proprietà e di sfruttamento esclusivo), non si combatte con i carri armati (anche se in Ucraina egli, in qualità di privato, ha prontamente fornito sofisticate tecnologie informatiche per poi tirarsi indietro dalla cobelligeranza e battibeccare in rete con Zelensky), ma affiancando il complesso militare-industriale per costruire insieme un capitalismo politico che realizzi una miscela inestricabile tra potere, armamenti, mire aerospaziali e soldi.
Quando nel 2019 Trump firmò lo United States Space Force Act, con cui la Space Force diventava un ramo dell’esercito, inaugurò un metapartito composto da segmenti dell’apparato militare, settori della scienza necessari per i progetti di ricerca avanzati, attori del mondo della finanza, ambienti della politica di ogni paese. L’obiettivo strategico della supremazia galattica (contenere la Cina nelle sue pretese geopolitiche) si salda con il disegno economico di nuove opportunità di profitto (guerra commerciale, chiusura della “Via della Seta”).
Musk è parte integrante della nuova destra. Dopo aver sborsato 44 miliardi per avere il comando di Twitter, ha restituito l’account per cinguettare a Trump giudicandolo così vittima di una ingiusta esclusione. Dopo che ha perduto la testa (oltre che le elezioni), il vecchio presidente non viene abbandonato al suo destino perché è uno dei registi del capitalismo politico cui dà una chiara struttura autoritaria e populista.
Su più fronti anche Musk accarezza l’identità culturale dell’alt-right americana, di cui condivide la condanna dei sensi di colpa occidentali racchiusi nella “ideologia woke”, il disturbo per le comunità omosessuali, il disprezzo per le organizzazioni non governative che salvano le vite dei migranti in mare, le sbandierare manie ultraliberiste.
Di questa destra radicale, egli incarna anche tutte le ipocrisie. Invoca quindi protezione per le proprie aziende (opera in contiguità persino con gli uffici della sicurezza nazionale), pretende la liberalizzazione di porzioni di mercato cadute in mano ai concorrenti, esige la vigilanza dirigistica pubblica per le fette della torta non ancora da lui controllate (l’intelligenza artificiale viene da lui raffigurata come una catastrofe per la collettività che perciò richiede delle rigide regolamentazioni governative).
Agganciandosi a questo capitalismo politico dall’estensione mondiale, denso di scambi, opacità, complicità e ricatti, i conservatori di Meloni prendono in appalto il piano di scardinare le piccole resistenze della vecchia Europa. Se Salvini dirige le operazioni di terra per disintegrare l’Unione, Meloni si arruola direttamente nelle truppe spaziali alla conquista di mondi lontanissimi per sabotare i commissari vicinissimi di Bruxelles.
Con gli onori di casa tributati al magnate sudafricano, che da conservatore iperliberista aggredisce, come ai tempi facevano anche i social di Giorgia, gli scienziati e le politiche sanitarie per frenare il Covid, la premier colloca la vecchia pattuglia acrobatica di Colle Oppio nel giro delle destre globali.
Un po’ sovraniste (secondo il trumpiano “principio fondante di sovranità popolare”), un po’ protezioniste (difesa del lavoro autoctono dagli immigrati e delle imprese nazionali dalla concorrenza internazionale), queste destre radicali provano soprattutto tanta attrazione fatale per i modi più utili a far circolare i dollari in giro per il mondo.
I post-fascisti al potere concordano con la dichiarazione di Musk di essere oltre destra e sinistra, di bramare il governo minimo nel campo sociale e lo sfruttamento dei lavoratori. I suoi dipendenti possono scordarsi di diritti e maggiore tempo libero: dato che Musk lavora 100 ore a settimana (proprio come la buonanima tiene la luce accesa di notte), gli impiegati devono stare in ufficio almeno fino alle nove di sera. Il solo punto fermo che per lui conta è confermare l’inimicizia assoluta verso i “comunisti per cui i ricchi sono il diavolo”.
Invitato a Roma per impartire lezioni agli intrepidi militanti della fiamma, Musk ha però anche qualcosa da imparare dai Fratelli d’Italia. L’“underdog” che primeggia nella lista dei paperoni di Forbes coltiva infatti anche il sogno, attraverso la società NeuraLink, di inventare il marchingegno che con la simbiosi tra uomo e macchina consenta di “salvare e rivivere i ricordi”.
Lasci allora perdere investimenti e somme da capogiro, chip impiantati nel cervello e altre diavolerie. Prenda piuttosto carta e penna, e conceda libero sfogo alla memoria e alle “nostalgie” di La Russa e Lollobrigida. I risultati saranno senz’altro sbalorditivi.