Il report di fine anno
Clima, povertà e discriminazioni: l’Italia indietro sui diritti
Dalle politiche ambientali a quelle abitative, dalla violenza contro le donne alla tutela dei diritti delle persone Lgbtqia+, ai migranti: il report di A Buon Diritto
Editoriali - di Camilla Siliotti
Negli ultimi due anni sono tanti i diritti su cui il nostro Paese è rimasto indietro o che non si è impegnato a sufficienza a garantire. È quanto emerge dal nuovo Rapporto Diritti, un progetto ideato e curato fin dal 2014 da A Buon Diritto Onlus grazie al sostegno dell’Otto per mille Valdese.
Il rapporto, presentato lunedì 18 dicembre alla Camera dei Deputati alla presenza delle parlamentari Rachele Scarpa (PD) e Ouidad Bakkali (PD) e del parlamentare Nicola Fratoianni (SI), della Moderatora della Tavola Valdese Alessandra Trotta e del presidente di A Buon Diritto Luigi Manconi, monitora ogni anno le principali novità normative ed evidenzia gli eventuali arretramenti riscontrati nel riconoscimento di 17 diritti, proponendo iniziative da intraprendere per la loro tutela.
Rapporto Diritti, consultabile sul sito rapportodiritti.it, è uno strumento scientifico e di informazione ma è anche uno strumento politico: alla fine di ogni capitolo i ricercatori e le ricercatrici che lo hanno redatto rivolgono delle raccomandazioni al legislatore, facendo emergere ciò che manca e che deve essere fatto. Dai dati evidenziati dal nuovo Rapporto si nota come su molti fronti ci sia ancora tanto da fare.
Negli ultimi due anni la rotta del Mediterraneo Centrale è rimasta tra le rotte più pericolose e letali al mondo. È di queste ore la notizia dell’ennesimo naufragio al largo della Libia, che ha coinvolto 61 persone. Ma le risposte della politica vanno in direzione opposta alla risoluzione del problema: invece di ampliare la possibilità di canali di ingresso legali e sicuri e ripristinare una missione italiana ed europea di ricerca e salvataggio in mare vengono portate avanti politiche di criminalizzazione nei confronti di chi soccorre e di chi viene soccorso.
Nel 2022 il Governo Meloni ha approvato un decreto che ostacola le operazioni delle ONG, che incidono sul numero totale dei salvataggi per il 14% circa, offrendo un importante sostegno alla Guardia Costiera.
Sono state avanzate anche modifiche legislative restrittive in materia di asilo e immigrazione, introdotte dal decreto 20/2023, che hanno modificato la protezione speciale, rendendo il suo riconoscimento più limitato e introducendo ostacoli al rinnovo e alla conversione in permesso per lavoro, e sono stati ristretti i criteri di accoglienza e ospitalità delle persone che arrivano nel nostro paese.
Tutte politiche che comprimono fortemente i diritti delle persone migranti e acuiscono e generano esclusione e marginalità sociale.
In materia di clima e ambiente mancano serie politiche di decarbonizzazione che permettano di contrastare realmente i cambiamenti climatici in atto e le loro conseguenze, ormai sempre più evidenti.
Nel 2022 l’Italia è stata colpita da 310 eventi climatici estremi, con un incremento del 55% rispetto al 2021. E il 2023 ha visto crescere ulteriormente gli eventi climatici estremi: nei primi cinque mesi secondo Legambiente si è registrato in Italia un + 135% degli eventi climatici estremi rispetto a quelli degli stessi mesi del 2022, in particolare allagamenti da piogge intense.
Eppure l’Italia non è ancora riuscita a ridurre le emissioni di gas serra come sarebbe necessario: secondo l’Ispra nel 2022 le emissioni si sono attestate a circa 418 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Una cifra decisamente insufficiente a rispettare gli impegni assunti con l’Accordo di Parigi del 2015. Continuando con questo ritmo raggiungeremo la neutralità climatica solo tra 200 anni, nel 2220, secondo il Centro studi Italy for Climate.
Il 2022 è stato anche un anno drammatico da un punto di vista della salute dei territori: il consumo di suolo ha registrato un record disastroso: sempre secondo i dati Ispra quasi 77 chilometri quadrati di territori agricoli e naturali sono stati trasformati in aree artificiali (in media, più di 21 ettari al giorno): il 10% in più rispetto al 2021 e il valore più elevato degli ultimi 10 anni. Diverse proposte di legge sul contrasto al consumo di suolo sono state depositate in Parlamento, ma nessuna è stata ancora approvata.
Attivist* e movimenti ecologisti hanno chiesto interventi alla politica, ma le risposte sono state insufficienti o prevalentemente repressive: nel 2023 è stato votato in Senato un decreto che prevede sanzioni per chi deteriori, deturpi o imbratti beni culturali o paesaggistici.
Il riferimento, neanche troppo implicito, è alle azioni compiute da attivist* per il clima come Ultima Generazione, che negli ultimi anni hanno messo in campo diverse forme di protesta per denunciare l’inazione dei governi di fronte alla crisi climatica e per chiedere l’uscita dal sistema dei combustibili fossili.
Non può essere questa la risposta che la classe politica dà alla società civile, e dovrebbe essere ritirato ogni provvedimento che limiti il diritto a manifestare il dissenso. Nell’ambito delle politiche abitative – riportate anch’esse all’attenzione pubblica da manifestazioni di student* e attivist*, – continua a non essere implementato il numero degli alloggi pubblici e a mancare nel nostro paese un piano strutturale e pluriennale sull’abitare.
Una situazione che incide in maniera negativa sulla disponibilità di alloggi e colpisce sia le fasce economicamente deboli sia pezzi sempre più ampi della società italiana. Nel 2023, quando il Governo ha deciso di ridimensionare il Reddito di cittadinanza ha annullato anche i contributi all’affitto, ossia il buono casa e la morosità incolpevole, che erano due contributi erogati a supporto di migliaia di famiglie e che durante la pandemia erano stati potenziati.
Senza più sussidi e con un Reddito di Cittadinanza fortemente ridimensionato, famiglie e persone in condizioni di marginalità sono state lasciate ancora più sole. Un dato che non può essere ignorato è quello relativo alla violenza di genere: nel 2022 sono stati 106 i femminicidi secondo l’ISTAT, mentre nel 2023 il numero totale dei femminicidi lesbicidi e trans*cidi, secondo l’Osservatorio nazionale di Non Una di Meno, è stato di 113, all’8 dicembre 2023.
Il tema è stato finora affrontato con interventi di natura emergenziale che si sono già dimostrati inefficaci. Bisogna partire dall’educazione e dalla formazione e considerare le scuole e le Università come luoghi primari di contrasto e prevenzione alla violenza di genere. Servono percorsi strutturati di educazione alla sessualità e all’affettività fin dall’infanzia, affidata alle e ai docenti adeguatamente formati con il supporto di consultori, associazioni femministe e centri antiviolenza.
Così come servono politiche e investimenti su prevenzione e contrasto alla discriminazione nei confronti delle persone LGBTQIA+. Anche il 2022 e il 2023 hanno visto l’assenza di una reale proposta legislativa in materia di diritti delle persone LGBTQIA+, come il riconoscimento delle famiglie omogenitoriali e la riforma dell’istituto della filiazione, e di contrasto alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere.
Non può infine non essere menzionato un dato enorme: quasi un milione di ragazz* nat* in Italia, e che qui hanno compiuto un percorso scolastico e sono italian* di fatto, ancora non lo sono giuridicamente perché il nostro paese non le riconosce. La legge, in vigore dal 1992, non è ancora stata modificata e ampliata, rendendo di fatto invisibili persone che sono già italiane a tutti gli effetti.