La denuncia di Hareetz
Gaza rasa al suolo: 20mila morti tra cui 8mila bambini
Il lavaggio del cervello ha funzionato e nel paese ci sono meno proteste che nella Russia di Putin. Non c’era mai stata una guerra così. L’orrore di Hamas che l’ha provocata giustifica ogni nefandezza
Esteri - di Umberto De Giovannangeli
Che Benjamin Netanyahu abbia legato il suo destino politico all’“annientamento” di Hamas, anche a costo di fare di Gaza un immenso cimitero, è parte della verità.
Che quello che è al potere oggi Israele sia un governo, per usare un efficace titolo di Haaretz, in cui “i ministri fanno a gara a chi è più fascista”, è un’altra parte della verità.
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E però è vero anche, e questo è la parte di speranza, che sull’onda della rabbia e del dolore per l’uccisione per “errore” di tre ostaggi da parte dei soldati israeliani, la critica al governo rialzi la voce. Ma mai fino al punto di mettere in discussione la “guerra unanime”.
Quella di cui parla l’icona del giornalismo “liberal” israeliano: Gideon Levy. Il quale annota: “Non abbiamo mai avuto prima una guerra come questa, una guerra di completo consenso, una guerra di silenzio totale, una guerra di sostegno cieco; una guerra senza obiezioni, senza protesta, senza rifiuto di servire, senza opposizione, né all’inizio né nel mezzo.
Una guerra unanime, con l’approvazione wall-to-wall – esclusi i cittadini arabi d’Israele, a cui è stato vietato di opporsi – e senza punti interrogativi o dubbi. Una guerra che ha già ucciso quasi 20.000 persone, la stragrande maggioranza delle quali civili innocenti, e distrutto quasi tutte le case e le vite dei residenti della Striscia di Gaza, è la guerra più giusta nella storia di Israele? Una guerra che causa così tante orribili sofferenze a più di 2 milioni di persone, è la più morale delle guerre di Israele? E se no, com’è che non c’è una voce che si alzi per chiedere di fermare il bagno di sangue? (…)
La maggior parte delle guerre di Israele erano guerre di scelta. Quasi tutti le sostenevano all’inizio, ma poco dopo, quando il prezzo terribile insieme alla futilità divenne chiaro, iniziò la resistenza. Quando queste guerre finirono, molti erano contro di esse. Con il senno di poi, innumerevoli israeliani erano contrari”.
L’elenco è lungo. Levy le elenca:
“Questo è stato il caso sia delle guerre in Libano e di tutti gli attacchi alla Striscia di Gaza e alla Cisgiordania. Ognuno era più breve della guerra attuale, la cui fine nessuno può vedere. E questa volta, tutti sono a favore e nessuno sta ponendo domande.
Il lavaggio del cervello da parte dei media è a intensità di fire-hose, alimentato dalle notizie sfornate h24 dai programmi televisivi. Un lavaggio del cervello senza soluzione di continuità. Cosicché anche quelli che qualche dubbio l’hanno ancora non osano sollevarlo pubblicamente. Il mantra è: “Insieme vinceremo”.
Tale è il risultato di una guerra scoppiata sulla scia di un attacco barbaro e atroce, ma da quando è scoppiata è stata incontrollata. Non ha limiti, e nessuno la sfida o le si oppone. Agli occhi degli ebrei israeliani, la giusta motivazione del suo inizio legittima tutto ciò che viene dopo. Ora, dopo due mesi terribili, forse cominciano a sorgere dubbi.
Non c’è nessuno nella società araba israeliana che non sia scioccato dalle immagini di morte e distruzione della Striscia di Gaza. Queste persone che soffrono, che muoiono, a decine di migliaia, sono i loro fratelli, i loro parenti e, a differenza degli ebrei israeliani, sono investiti dalla realtà di Gaza, che viene negata agli ebrei dagli inutili media propagandisti. Ma gli arabi israeliani non possono protestare.
L’attuale governo minaccia questa comunità più di qualsiasi altro dei precedenti, imbavagliando brutalmente la sua voce e imprigionando alcuni dei suoi membri. Gli arabi israeliani ora vivono nella paura, del governo e della sfrenata rabbia ebraica, come non avveniva dalla Nakba del 1947-48.
Anche nella società ebraica israeliana, insieme al travolgente sostegno alla guerra e a tutti i suoi crimini, ci sono certamente alcuni che stanno iniziando a comprendere l’orrore che Israele sta causando, ma anche qui, la gente ha timore di parlare, per paura dell’attuale governo e della piazza furente pronta a scatenarsi. Il risultato: una guerra senza opposizione.
Nella Russia di Putin ci sono più dimostrazioni di resistenza alla guerra in Ucraina che in Israele, che si vuole democratica, alla guerra a Gaza. Non è che la giustezza delle due guerre sia paragonabile – la guerra in Ucraina è infinitamente più immorale – ma i mezzi e il risultato di entrambe stanno diventando sempre più simili. (…)
La sofferenza di Gaza non realizzerà nulla di buono per Israele. L’inverno sta arrivando, e questa sofferenza raddoppierà e triplicherà. Israele non ha mai seminato una tale distruzione e ucciso così tanti bambini e adulti come in questa guerra.
Quando il dibattito pubblico si concentra esclusivamente sulle imprese militari, sui successi ottenuti sul campo, reali e immaginari, quando si insiste senza ritegno scavando nella sofferenza israeliana – assolutizzata e unica, oscurando quella degli altri – quando si dà campo ad una indegna colpevolizzazione, politica e mediatica, di qualsiasi manifestazione di dissenso, il risultato è chiaro.
Funziona così, perché nella “guerra unanime” non c’è spazio per il riconoscimento della sofferenza dell’altro da sé. I ventimila palestinesi morti, e altrettanti sono ancora dispersi sotto le macerie, sono vittime di se stessi, ostaggi o sostenitori di Hamas, inevitabili, per quanto dolorosi, “effetti collaterali” di una resa dei conti finale con in “nazisti islamici”. Nella “guerra unanime” non esiste pietas. Né umanità”.