Trovata l'intesa
Accordo europeo su migrazione e asilo: cosa prevede e perché è pericoloso
Un testo pericoloso: aumenterà la sofferenza per i migranti alle frontiere, i respingimenti saranno più semplici, la detenzione arbitraria diventerà regola anche per i bambini. L’Europa mina le basi del diritto di asilo
Editoriali - di Gianfranco Schiavone
Nella notte di mercoledì il Parlamento europeo ha trovato l’intesa sul Patto su migrazione e asilo. Riservandomi di scriverne in modo più approfondito nei prossimi giorni, non appena sarà possibile esaminare in una lettura incrociata i diversi testi approvati nell’ambito dei cosiddetti “triloghi” tra la Commissione Europea, il Consiglio e il Parlamento Europeo, è possibile già fare alcune considerazioni, tutte purtroppo con segno negativo.
“L’accordo finale comporta risultati estremamente deludenti su tutta la linea. Il suo impatto principale sarà quello di aumentare la sofferenza alle frontiere e rendere più difficile la ricerca di sicurezza”, sono state le dure ma condivisibili parole usate da Olivia Sundberg Diez, sostenitrice UE di Amnesty International per migrazione e asilo, non appena la notizia dell’accordo è stata resa pubblica.
In un documento inviato ai negoziatori pochi giorni fa da 50 organizzazioni europee, tra cui Caritas ed ASGI l’allarme era stato dato in modo chiaro: “Se adottato nel suo formato attuale (l’accordo), normalizzerà l’uso arbitrario della detenzione per immigrazione, anche per i bambini e le famiglie, aumenterà la profilazione razziale, userà procedure di “crisi” per consentire respingimenti e restituiremo le persone ai cosiddetti “paesi terzi sicuri” dove sono a rischio di violenza, tortura e detenzione arbitraria”.
L’accordo raggiunto rafforza la perniciosa tendenza in atto da tempo nell’Unione all’esternalizzazione del diritto d’asilo in paesi terzi di fatto minando le basi stesse su cui tale diritto si poggia.
Riprendendo logori slogan, la presidente uscente della Commissione Von der Leyen, già calata nella sua veste di candidata di fatto alle imminenti elezioni europee, ha sintetizzato il risultato raggiunto affermando che “saranno gli europei a decidere chi verrà nell’UE e chi potrà restarvi e non i trafficanti”.
Sono affermazioni che sconcertano in quanto il diritto d’asilo esiste quale diritto dell’individuo di chiedere protezione allo Stato alle cui frontiere si giunge (o nel cui territorio ci si trova); un diritto il cui esercizio non può essere pre-autorizzato da qualcuno. Affermare che “gli europei” autorizzano preventivamente i rifugiati a venire o non venire in Europa equivale e negare il fondamento giuridico su cui poggia il diritto d’asilo.
Nel testo finale del compromesso raggiunto nei triloghi sulla cruciale questione del sostegno ai paesi terzi si legge che “I contributi finanziari forniti dagli Stati membri possono anche sostenere azioni nei paesi terzi o in relazione ad essi, azioni che possono avere un impatto diretto sui flussi alle frontiere esterne degli Stati membri o possono migliorare i sistemi di asilo, accoglienza e migrazione del paese terzo interessato” (nuovo art.44 a del futuro regolamento RAMM che sostituirà il Reg.Dublino).
Quali sono le azioni da finanziare che possono avere un impatto diretto sui flussi alle frontiere esterne dell’Unione se non azioni di respingimento e contrasto al diritto di giungere nel paese in cui chiedere asilo? La formula “azioni che possono avere un impatto diretto sui flussi alle frontiere esterne” è di assoluta vaghezza e come tale non circoscrivono alcuna nozione rispondente al requisito di tassatività della norma.
Neppure vengono definiti i soggetti protagonisti di flussi; si tratta di flussi di migranti irregolari o di rifugiati? Per sostenere la bontà della proposta e la sua compatibilità con i diritti fondamentali è stato sostenuto che il testo prevede che tali azioni siano attuate solo nell’ambito degli obiettivi del Fondo Europeo per l’asilo (AMIF) tra i cui obiettivi c’è tuttavia anche quello di “contribuire a combattere l’immigrazione irregolare” (art.2 lettera c).
Come garantire, dunque, che a essere contrastata sia l’immigrazione irregolare e non il diritto dei rifugiati a fuggire e a chiedere asilo in Europa? Secondo l’accordo la rassicurazione sarebbe stata trovata in un emendamento che prevede che “Gli Stati membri e la Commissione dovrebbero garantire il rispetto dei diritti fondamentali e l’osservanza della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nell’attuazione delle azioni”.
È tale previsione sufficiente a garantire che non venga finanziata la realizzazione da parte dei paesi terzi di operazioni di contrasto e di respingimento dei rifugiati? Basterebbero le sguaiate parole della Von Der Leyen a svelare che si tratta di una foglia di fico.
Ma ignorandole, come è meglio fare, per concentrarsi sul testo si può vedere che i presunti correttivi sono debolissimi: si prevede che “per la selezione delle azioni sostenute dai contributi finanziari, gli Stati membri devono applicare le disposizioni di cui all’articolo 73 del Regolamento (UE) 2021/1060, tenendo conto anche della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”.
Esaminando il citato articolo del Regolamento 2021/1060 si può vedere come il rinvio alla Carta dei diritti fondamentali fosse già presente, ma ciò non ha impedito all’Unione di sostenere finora accordi con la Turchia per il confinamento in quel paese di milioni di rifugiati, né di finanziare, come fa impunemente il governo italiano, la guardia costiera libica. Conoscevamo il rischio che stavamo correndo perché non si trattava di un rischio: era già la realtà di oggi.
Le nuove misure previste dall’accordo raggiunto nel trilogo non risultano dunque in alcun modo sufficienti a garantire il rispetto effettivo degli obblighi previsti dalla Carta dei diritti fondamentali.
Per raggiungere almeno in parte tale obiettivo sarebbe stato necessario eliminare dal testo ogni generico riferimento ad azioni che possono avere “un impatto sui flussi” prevedendo che le azioni nei paesi terzi riguardassero esclusivamente il sostegno a tali Paesi nella gestione delle migrazioni e dell’asilo, il rafforzamento dei loro sistemi di accoglienza, la realizzazione di programmi di inserimento sociale, e, con l’Unione Europea, la realizzazione di programmi di reinsediamento delle persone che hanno un chiaro bisogno di protezione.
Sarebbe stato altresì necessario esplicitare che il programma di azioni nei paesi terzi dovesse essere preventivamente presentato al vaglio del Parlamento Europeo, nonché prevedere un monitoraggio del programma di azioni nei paesi terzi realizzato dal Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa e dall’Agenzia Europea per i diritti fondamentali (FRA) dando dunque a questi organismi un ruolo più pregnante e significativo di quello attuale.
In altre parole, se si fosse voluto, sarebbe stato possibile trovare un compromesso, anche un po’ al ribasso, ma dignitoso. Ciò però non è avvenuto. Le responsabilità della sinistra europea, sono, ancora una volta, enormi: l’inguardabile accordo si chiude sotto la presidenza di uno dei pochi Paesi guidati da un Governo con un orientamento politico di sinistra: la Spagna.
È lo stesso Governo che nel “discussion paper” presentato al Consiglio Europeo del 23 settembre 2023 proponeva che le politiche dell’Unione sulle migrazioni si orientassero verso “modello preventivo in cui forniamo risposte strutturali a problemi strutturali. L’accento deve essere posto sulla prevenzione delle partenze irregolari. Non si tratta di sfumature, ma di un cambiamento radicale del nostro approccio alla migrazione”.
Il testo, di una sconcertante povertà concettuale, non conteneva alcuna proposta in merito ai temi quali l’assistenza allo sviluppo dei paesi di provenienza o allo sviluppo di percorsi legali di ingresso, restando inchiodato al solo ossessivo richiamo alla necessità impellente di aumentare “la cooperazione con i paesi di origine e di transito” senza mai fare alcun riferimento al diritto d’asilo.
Non prendiamocela con i mediatori o con chi nella lunga notte non è riuscito ad arginare il peggio: la debacle è politica ed è tutta interna alla sinistra che da tempo non ha un pensiero politico adeguato alla sfida più grande del nostro tempo: le migrazioni. Il prezzo da pagare per tutto ciò è altissimo: per i rifugiati innanzitutto, ma anche per gli europei.