Il caso dell'ex sposa bambina
Perché è stata impiccata Samira, stroncare il regime iraniano per liberare le donne
L’esecuzione di Samira Sabzian, l’ex sposa bambina, mostra come il regime degli Ayatollah abbia approfittato di un momento di silenzio, dopo la mobilitazione internazionale, per fare ciò che fa da sempre
Editoriali - di Emma Bonino
Quanto accaduto con l’impiccagione di Samira Sabzian, l’ex sposa bambina in carcere in Iran da anni e condannata alla pena capitale per avere ucciso suo marito, mostra quanto il regime degli Ayatollah abbia voluto approfittare di un momento di silenzio, dopo la mobilitazione internazionale, per compiere quello che perpetra da sempre.
L’Iran detiene il record mondiale per le esecuzioni di donne: solo nel 2023 ne ha impiccate 17. C’è chi sostiene che, potendo i familiari esprimersi per la grazia, la responsabilità sia loro. Ma concordo con quanto affermato dal fondatore della Ong Iran Human Rights, Mahmood Amiry-Moghaddam: così si fa il gioco del regime e la responsabilità è solo del regime, né dei familiari né di nessun altro.
Ma il fenomeno dei matrimoni forzati minorili non riguarda solo l’Iran. E da tempo, grazie al lavoro delle associazioni Girls Not Brides, The Circle e Non c’è Pace Senza Giustizia, sono state promosse iniziative su questa tremenda pratica. Se lo chiamiamo senza edulcorazioni, il matrimonio giovanile e forzato è in realtà un’autorizzazione allo stupro.
E non è tanto un problema normativo, ma la presa di consapevolezza del fenomeno è dura a penetrare. Si tratta senza ombra di dubbio di una grave violazione dei diritti umani ed è un’evidente forma di violenza sessuale e di genere sui minori.
In Europa l’età stabilita per il matrimonio è la maggiore età e l’Italia ha introdotto il reato di matrimonio forzato nel Codice rosso, ma la legge ancora permette, sia pure in casi eccezionali, il matrimonio minorile a partire dai 16 anni.
Già quando ero Ministro degli esteri, ci fu una chiara presa di posizione delle Nazioni Unite a favore di un percorso per arrivare entro un anno alla messa al bando del matrimonio forzato con l’approvazione da parte della Terza Commissione dell’Assemblea Generale ONU della risoluzione su “Child, early and forced marriage” promossa dall’Italia insieme ad altri nove Paesi.
La mia soddisfazione è stata più grande, se consideriamo che la risoluzione è stata co-patrocinata da un numero-record di 106 Paesi ed è stata approvata per consensus, come un forte segnale della maggiore consapevolezza degli Stati e delle società civili che lascia ben sperare sulla condivisa e determinata volontà della Comunità internazionale di sradicare una pratica che attenta ai diritti di milioni di bambini e bambine e ragazzi e ragazze in tutto il mondo, al pari di quanto solo un anno prima, nel 2012 era avvenuto con la risoluzione per contrastare le mutilazioni genitali femminili, riconosciute finalmente come una violazione dell’integrità psico-fisica di donne e bambine.
Certo però come ogni fenomeno che va eradicato, serve tempo e la tenacia della comunità internazionale tutta e che a prendere consapevolezza siano in primis gli Stati, non solo legiferando ma ponendo un cambio culturale su pratiche riconosciute come violenze e crimini.
Ma in una realtà come quella iraniana, senza un capovolgimento dell’attuale regime, sarà impossibile creare consapevolezza. Penso allora che prima di ogni altra cosa occorra fare ogni genere di pressione per stroncare il regime iraniano e permettere che quelle istanze di libertà, dopo l’uccisione di Masha Amini, possano avere la meglio.
Perché ogni genere di violenza ulteriore è esattamente il frutto di quel medioevo in cui l’Ayatollah Khāmeneī ha fatto ripiombare l’Iran a vantaggio di equilibri regionali in cui il terrorismo, con il sostegno russo, la fa da padrone e a scapito della popolazione femminile che si vede negato ogni diritto.