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Guerra a Gaza, Israele annuncia conflitto “per tutto il 2024”: ministri di estrema destra rilanciano su “nuove colonie”
Benjamin Netanyahu ha dichiarato sabato che la guerra continuerà per «molti altri mesi» e che Israele assumerà il controllo del lato di Gaza del confine con l’Egitto.
Esteri - di Umberto De Giovannangeli
L’Alta Corte israeliana boccia la riforma della Giustizia di Netanyahu
La Corte Suprema ha deciso di annullare un elemento chiave della riforma giudiziaria intrapresa dal governo Netanyahu: l’emendamento della cosiddetta “Clausola di ragionevolezza”, che il governo aveva qualificato come una legge fondamentale.
Otto dei 15 giudici che hanno esaminato la questione si sono espressi contro quell’emendamento (che di fatto annullava la ‘Clausola’). Dodici dei 15 giudici hanno inoltre stabilito che la Corte Suprema ha la prerogativa di annullare una legge fondamentale.
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Israele: «Il confitto durerà lungo il 2024»
Il portavoce delle forze di difesa israeliane, il contrammiraglio Daniel Hagari, ha indicato nel suo discorso di Capodanno che il conflitto potrebbe continuare per tutto il 2024.
«Gli obiettivi della guerra richiedono combattimenti prolungati e ci stiamo preparando di conseguenza. Stiamo pianificando saggiamente la gestione delle forze che operano sul campo, guardando al sistema delle riserve, all’economia, al rifornimento delle forze e continuando i processi di addestramento al combattimento nell’Idf».
Dopo aver annunciato che alcuni riservisti chiamati a unirsi alla guerra israeliana a Gaza sarebbero tornati alle loro famiglie e al lavoro questa settimana, Hagari ha continuato dicendo: «Questi adattamenti sono progettati per garantire la pianificazione e la preparazione per la continuazione del 2024: l’Idf deve pianificare in anticipo, comprendendo che saremo tenuti a svolgere ulteriori compiti e guerre durante quest’anno».
Benjamin Netanyahu ha dichiarato sabato che la guerra continuerà per «molti altri mesi» e che Israele assumerà il controllo del lato di Gaza del confine con l’Egitto.
Due ministri israeliani di estrema destra vogliono ripristinare insediamenti ebraici a Gaza
Due ministri israeliani di estrema destra hanno ribadito di voler ripristinare insediamenti ebraici a Gaza e voler incentivare “l’emigrazione volontaria” di palestinesi dalla Striscia. La “soluzione corretta” per il conflitto israelo-palestinese è “incoraggiare l’emigrazione volontaria da Gaza verso paesi disposti ad accogliere i rifugiati”, ha detto il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, parlando agli esponenti del suo partito Sionismo Religioso, riferisce Times of Israel.
Secondo Smotrich serve “un controllo permanente” di Israele sulla Striscia di Gaza, compresa la creazione di insediamenti ebraici. Simili concetti sono stati espressi dal suo alleato elettorale Itamar Ben-Gvir, ministro della Sicurezza Nazionale. “Non possiamo ritirarci dai territori dove ci troviamo nella Striscia di Gaza. Non escludo nuovi insediamenti ebraici. Credo siano importanti”, ha detto Ben Gvir all’incontro con la sua fazione politica Otzma Yehudit. A suo parere, la guerra è un’occasione per “incoraggiare la migrazione degli abitanti di Gaza”.
2023, il più cruento per i palestinesi dal 1948, anno della Nakba
Per i palestinesi il 2023 è stato l’anno più cruento dalla Nakba (la ‘Catastrofe’) del 1948, ossia dalla costituzione dello Stato d’Israele. Lo ha stabilito l’Ufficio centrale di statistica palestinese (Cbs), citato dalla agenzia di stampa ufficiale Wafa. Nel conflitto con Israele nel 2023 sono rimasti uccisi 22.404 palestinesi, di cui 22.141 in seguito all’offensiva del 7ottobre.
A Gaza, afferma il Cbs, le vittime includono 9.000 minorenni e 6.450 donne. Inoltre 7.000 persone risultano disperse. In Cisgiordania i morti, a partire dal 7 ottobre, sono stati 319: fra questi 111 minorenni e quattro donne. In queste statistiche la Wafa non precisa quanti degli uccisi fossero impegnati in combattimenti. Secondo gli ultimi dati aggiornati, la popolazione della Striscia di Gaza è adesso di 2,3 milioni di persone. Gli sfollati, precisa, sono 1,9 milioni.
Tensioni nel Mar Rosso, tre morti. Gli Houthi: «Ci saranno conseguenze»
Gli attacchi degli Stati Uniti a tre navi Houthi hanno un bilancio, ed è di almeno dieci ribelli morti: è la prima volta dall’inizio dell’escalation nel Mar Rosso che ci sono vittime. Una dichiarazione degli Houthi afferma che gli Stati Uniti «si assumono la piena responsabilità» e che ci saranno conseguenze. Il viceministro degli Esteri degli Houthi continua: «il sangue yemenita è stato versato, ma non è sprecato, e il suo prezzo è piuttosto alto. Assisteremo una sempre maggiore militarizzazione».
Il ministro della Difesa inglese: «Agiremo direttamente» contro gli Houthi
Il segretario alla Difesa britannico Grant Shapps, in un editoriale sul Daily Telegraph, ha scritto: «Siamo disposti ad agire direttamente e non esiteremo a intraprendere ulteriori azioni per scoraggiare le minacce alla libertà di navigazione nel Mar Rosso»
L’Iran schiera un cacciatorpediniere nel Mar Rosso
La nave da guerra iraniana Alborz è nel Mar Rosso, dopo essere passata dallo stretto di Bab el-Mandeb: lo riferisce l’agenzia di stampa semi-ufficiale dell’Iran Tasnim, che non ha precisato il motivo della presenza di tale nave. Il Mar Rosso è al centro di tensioni da quando i ribelli Houthi dello Yemen, sostenuti dall’Iran e alleati di Hamas, hanno cominciato ad attaccare le navi commerciali occidentali, considerate alleate di Israele, dopo l’inizio della guerra fra Israele e Hamas.
La flotta iraniana è presente dal 2009 nella zona, «per garantire la sicurezza delle vie di navigazione e combattere i pirati, fra le altre cose», si legge nell’agenzia. Gli Stati Uniti sono presenti nella zona assieme ad altri alleati di una coalizione internazionale che ha l’obiettivo di proteggere il traffico commerciale nel Mar Rosso, e ieri hanno affondato tre navi degli Houthi provocando la morte dei componenti degli equipaggi che si trovavano a bordo.