Il profilo preso di mira

Auschwitz Museum, l’orrore si ripete: su X valanga di insulti

L’annuncio dell'Auschwitz Museum è stato sepolto da una valanga di insulti, minacce e slogan apologetici dello sterminio: è evidente la concomitanza di quel ripudio, e dell’odio con cui si sfoga, con i fatti dal 7 ottobre

Editoriali - di Iuri Maria Prado - 4 Gennaio 2024

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Auschwitz Museum, l’orrore si ripete: su X valanga di insulti

C’è un profilo Twitter (ora si chiama “X”) che quotidianamente si dedica a tener vivo il memoriale dello sterminio di Auschwitz, il campo dove un milione e centomila tra ebrei (quasi tutti), zingari, omosessuali, oppositori politici furono ammassati e assassinati dalla belva nazista.

È il profilo telematico di Auschwitz Museum, che pubblica senza commenti, senza contorni politicizzanti, i registri e le catalogazioni di quella mostruosa azienda dell’orrore.

Chi ha un computer, un tablet, uno smartphone, ci guardi: @AuschwitzMuseum. È un secco stillicidio: la fotografia, la data e il luogo di nascita e il giorno dell’uccisione dei bambini, delle bambine, degli uomini, delle donne, dei vecchi finiti in quella voragine dell’ignominia umana.

Ebbene, l’altro giorno Auschwitz Museum – che non è un partito politico, non è un’associazione elettorale, non è un circolo di propaganda – ha pubblicato un annuncio con il quale ci si limitava a chiedere che il pubblico non cessasse di sostenere anche solo con l’attenzione una iniziativa rivolta a preservare la memoria della più grande tragedia del secolo scorso.

Quell’annuncio è stato sepolto da una valanga di insulti, minacce e slogan apologetici dello sterminio. Si potrebbe osservare che sono fatti di Auschwitz Museum, che non ha certo il diritto acquisito alla fidelizzazione degli utenti e che può subire, come capita a tanti, manifestazioni di odio e intolleranza. Giustissimo.

Ma chi si limitasse a quest’osservazione farebbe un grave torto alla propria compostezza civile e morale. Perché è evidente la concomitanza di quel ripudio, e dell’odio con cui si sfoga, con i fatti dal 7 ottobre in qua.

E nulla meglio di questo fatto esemplare, nulla meglio del vomito antisemita su un memoriale della Shoah, spiega quanto sia pericoloso l’impazzimento che, con il pretesto della legittima requisitoria contro la reazione israeliana al pogrom del 7 ottobre, finisce nell’incendio delle sinagoghe, nella devastazione dei cimiteri ebraici, nelle stelle disegnate sulle case e sui negozi degli ebrei, nella caccia all’ebreo negli aeroporti e nelle scuole e, appunto, nello sputo di massa sulle immagini di un milione di morti.

Noi qui, qualche settimana fa, abbiamo assistito a un conato vernacolare della medesima violenza oltraggiosa: l’iniziativa dell’associazione umanitaria che in una piazza italiana decideva di “rimuovere e riporre nel cestino” i volantini con le immagini degli uomini, delle donne e dei bambini fatti ostaggi dai terroristi.

Un gesto che, con i tanti altri simili che passavano per innocue inurbanità, preconizzava la grandine di insulti su Auschwitz Museum. Un gesto che avrebbe dovuto suscitare lo sdegno, non l’indifferenza, di quelli che sostengono la causa palestinese e avversano le politiche israeliane.

Perché altrimenti restano in compagnia degli altri, per i quali non sarebbe male che i campi di sterminio ricominciassero i lavori. Siamo a un passo – anzi forse l’abbiamo già fatto – dall’ennesimo “però”. Auschwitz, d’accordo: e però anche gli ebrei…

4 Gennaio 2024

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