Il futuro di Gaza
La “soluzione” di Netanyahu per Gaza: deportare i palestinesi in Congo (ma l’Onu si oppone)
Tel-Aviv ha avviato la discussione sul dopo Gaza: sul tavolo anche il possibile trasferimento forzato dei civili di Gaza in Congo e l’affidamento della Striscia a gruppi locali estranei ad Hamas
Esteri - di Umberto De Giovannangeli
Il futuro di Gaza, tra deportazione di massa e sterminio. Il dibattito è aperto all’interno del governo dove, per riprendere un titolo di Haaretz, “i ministri fanno a gara a chi è più fascista”.
Onu, “Preoccupano inviti a palestinesi a lasciare Gaza”
L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Volker Turk si è detto oggi “molto preoccupato” per i commenti di alti funzionari israeliani che chiedevano ai palestinesi di lasciare Gaza.
Sono “molto turbato dalle dichiarazioni di alti funzionari israeliani sui piani di trasferimento di civili dalla Striscia di Gaza verso paesi terzi”, ha scritto Turk su X aggiungendo che “l’85% delle persone a Gaza sono già sfollate interne. Hanno il diritto di tornare alle loro case. La legge internazionale vieta il trasferimento forzato di persone protette all’interno o la deportazione dal territorio occupato”.
Il governo israeliano ha iniziato il dibattito sul futuro di Gaza
Il governo israeliano ha iniziato ieri sera un «dibattito approfondito» sulla questione del futuro di Gaza all’indomani di una sconfitta di Hamas, dopo che la questione del «Piano Day After» è stata posta l’altro ieri in sede di Consiglio di Gabinetto.
A riferirlo è stata la radio pubblica Kan, secondo cui i diversi scenari che potrebbero prefigurarsi all’indomani di una sconfitta di Hamas sono stati illustrati dal Consigliere per la sicurezza nazionale Zahi Hanegbi, dal ministro per le questioni strategiche Ron Dermer e da comandanti delle forze armate.
Una smentita che non smentisce
Un alto funzionario israeliano ha contestato quanto rivelato dal sito in ebraico del Times of Israel, Zman Yisrael, secondo cui Israele è “in trattative con il Congo” per discutere la possibilità di ricollocare migliaia di abitanti di Gaza nel paese africano.
“C’è chi in Israele pensa che ci sia la volontà da parte degli abitanti di Gaza di emigrare volontariamente”, dice. “Secondo me è un’illusione infondata. Nessun paese assorbirà 2 milioni di persone, o 1 milione, o 100.000, o 5.000. Non so da dove sia venuta quell’idea”.
Salvo poi aggiungere: “Non voglio dire che sia falso (il piano Day After, ndr), ma non può avvenire attraverso di noi poiché non abbiamo alcun collegamento con esso. [I congolesi] possono parlare con gli abitanti di Gaza e chiedere loro di trasferirsi in Congo”.
Il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich e il ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir (estrema destra) hanno pubblicamente e a più riprese “auspicato” che gli abitanti di Gaza vengano reinsediati fuori dalla Striscia “Diciamo che Smotrich vuole farlo, ma come?. Non siamo nella condizione di poter portare persone da qui in Congo… non siamo nel giro”, dice il funzionario.
Insomma, è un problema tecnico… Ma il Times of Israel, non fa marcia indietro e ribadisce: “Sarebbe alla Repubblica democratica del Congo che in questi giorni Benjamin Netanyahu avrebbe chiesto d’accogliere decine di migliaia di palestinesi espulsi da Gaza”. L’ipotesi ufficiale prevede «l’esilio solo per i capi di Hamas non ancora eliminati».
Fuori da Gaza
Smotrich e Ben Gvir non mollano. I due ministri e leader del Sionismo religioso sono convinti che “il 70% degli israeliani è per un’emigrazione volontaria dei gazawi, perché non è più accettabile che due milioni di persone si sveglino ogni mattina a cinque minuti da casa nostra sognando di distruggerci”, mentre «la discussione sul dopoguerra sarebbe ben diversa se nella Striscia rimanessero solo 100-200 mila palestinesi, non due milioni».
Difesa Israele vuole affidare a clan famiglie la gestione di Gaza: gruppi lontani da Hamas e legati a settori specifici
Secondo il Jerusalem Post, i massimi funzionari della Difesa israeliana vorrebbero che dopo la conclusione della guerra a gestire Gaza siano gruppi familiari che non abbiano collegamenti con Hamas e di affidare loro il controllo sulle consegne di cibo, acqua e altri beni essenziali. Secondo il piano ipotizzato da alti funzionari della Difesa, l’idea sarebbe di affidare la gestione locale di Gaza a clan tradizionalmente legati a città e settori specifici, ha appreso il Jerusalem Post
Il bilancio dei morti e dei feriti a Gaza
Si è aggravato a 22.438 morti e 57.614 feriti il bilancio delle vittime nella Striscia di Gaza dall’inizio del conflitto scoppiato dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso nel sud di Israele. Lo riferisce il portavoce del ministero della Sanità di Gaza, Ashraf Al-Qudra, aggiungendo che il bilancio delle ultime 24 ore è di 125 palestinesi uccisi e 318 feriti. Altre circa 7mila persone risultano disperse e si presume che siano morte sotto le macerie degli edifici.
Iran: «La strage a Kerman è stata compiuta da un attentatore suicida»
La strage nella città iraniana di Kerman è stata opera di almeno un attentatore suicida. È quanto riferisce l’agenzia ufficiale iraniana Irna all’indomani della duplice esplosione nel giorno delle commemorazioni per la morte del generale Qassem Soleimani, ucciso quattro anni fa in un raid americano.
L’Irna cita una fonte secondo cui dalle prime indagini e dall’esame di filmati è possibile concludere che è stato un kamikaze a provocare la prima esplosione. Molto probabilmente, stando alla fonte, si arriverà alla stessa conclusione anche per la seconda esplosione.
L’Isis rivendica le bombe di Kerman
L’Isis ha rivendicato l’attentato di Kerman. Lo ha fatto con un messaggio diffuso sui suoi canali Telegram e ripreso dall’emittente tv Al Arabiya. L’Iran ha contemporaneamente rafforzato i controlli alle sue frontiere con Pakistan e Afghanistan.
L’Isis invita a colpire anche Roma
Nel suo messaggio audio il portavoce dell’Isis Al-Ansari invita in particolare i terroristi a colpire le sinagoghe e le chiese «a Washington, Parigi, Londra e Roma». L’audio, diffuso dal canale ufficiale al Furqan, è intitolato «uccideteli ovunque li troviate», riferiscono i network che monitorano il jihadismo online.
“È una guerra santa, non per il territorio o per la patria” bensì “contro gli ebrei, alleati con i crociati, che non finirà” indipendentemente da una soluzione politica in termini di “uno o due Stati”, sostiene al-Ansari. Il portavoce dell’Isis critica anche l’alleanza tra l’Iran sciita e le fazioni palestinesi sunnite – come Hamas – che combattono “una guerra per procura per l’Iran”.