La formazione nera a braccia tese, con saluto romano di ordinanza e triplo “Presente!”. È il ritorno dei neofascisti nella commemorazione di Alla Larentia a Roma, l’ex sede del Movimento sociale italiano dove il 7 gennaio del 1978 furono uccisi i due giovani esponenti del Fronte della Gioventù Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta. In seguito poi, dopo gli scontri con le forze dell’ordine, morì anche Stefano Recchioni, pure lui esponente della destra sociale.
La cerimonia “istituzionale”
All’indomani della commemorazione, avvenuta domenica, sono partite le polemiche politiche. Se infatti al mattino si era tenuta la cerimonia “istituzionale” nel piazzale dove c’è la targa ricordo alla presenza del presidente della Regione Lazio Francesco Rocca e dell’assessore alla Cultura del Comune di Roma, Miguel Gotor, alla presenza anche del vicepresidente della Regione Roberta Angelilli e il vicepresidente della Camera, l’esponente di FdI Fabio Rampelli, nel pomeriggio è andata in scena l’altra commemorazione, quella dei militanti neofascisti.
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I saluti romani
Centinaia i presenti davanti all’ex sede dell’Msi, saluti romani a iosa e commemorazione lanciata con un manifesto nero con il titolo “Presente, presente, presente” e in alto una piccola celtica bianca. Lo scandalo scoppia alla pubblicazione dei primi video e immagini dell’adunata nera: ai militanti di estrema destra viene prima chiesto l’attenti, poi per tre volte al grido “Per tutti i camerati caduti” la risposta in coro è “Presente”.
Le reazioni politiche
Furenti le reazioni politiche. La segreteria del Partito Democratico Elly Schlein ha annunciato via social che i Dem presenteranno oggi stesso “un’interrogazione al Ministro Piantedosi, quel che è accaduto non è accettabile. Le organizzazioni neofasciste vanno sciolte, come dice la Costituzione”.
Ma anche Carlo Calenda, leader di Azione, definisce quanto accaduto ad Acca Larentia “una vergogna inaccettabile in una democrazia europea”. Da +Europa il segretario Riccardo Magi ricorda quindi il ‘caso’ della Scala di Milano: “Gridi ‘Viva l’Italia Antifascista’ a La Scala di Milano? Vieni identificato. Fai il braccio teso durante la commemorazione di Acca Larentia? Nessuno ti chiede i documenti. Il ministro Piantedosi dovrebbe chiarire perché questo diverso trattamento tra chi afferma un principio costituzionale e chi invece della costituzione italiana ‘se ne frega‘”. Non manca la sferzata anche di Matteo Renzi: “Meloni riuscirà, fra un post sulla Ferragni e una discussione su Delmastro o Lollobrigida, a dire che questo è sbagliato? Noi lo aspettiamo“, dice il numero uno di Italia Viva.
Dalla maggioranza il primo a parlare e prendere le distanze è Maurizio Lupi, presidente di Noi Moderati. “I saluti romani ad Acca Larentia sono estranei alla nostra cultura politica e a quella del centrodestra ed essendo contrari ai valori della Costituzione, non abbiamo nessuna difficoltà a condannarli”, dice Lupi affidandosi ad una nota consegnata alle agenzie.
Ma il primo vero ‘big’ ad intervenire è Antonio Tajani, leader di Forza Italia e vice presidente del Consiglio. Il ministro degli Esteri ricorda come “siamo una forza che certamente non è fascista, siamo antifascisti: chi ha avuto un comportamento del genere certamente deve essere condannato da parte di tutti. C’è una legge che prevede che non si possa fare apologia di fascismo nel nostro paese, è vietato dalla legge”.
Dal partito della premier Giorgia Meloni, rimasta silente, a parlare è Fabio Rampelli, presente domenica mattina alla commemorazione “istituzionale”. Contattato da LaPresse, il vicepresidente della Camera ha definito i neofascisti autori dei saluti romani “cani sciolti, organizzazioni extraparlamentari. Non hanno niente a che vedere con Fratelli d’Italia”.
“Noi facciamo la nostra celebrazione ufficiale e poi andiamo via“, e anche quest’anno “Fratelli d’Italia si è presentata la mattina, ha deposto tre cuscini sui luoghi dove sono caduti i tre ragazzi. I giovani di FdI, il pomeriggio, organizzano invece una celebrazione al Parco della Rimembranza“, spiega Rampelli. Quest’ultima manifestazione viene organizzata in un altro luogo proprio per evitare di andare ad Acca Larentia, “dove ogni anno succede la stessa cosa, anche se l’anno scorso non ci sono stati interrogazioni parlamentari“, aggiunge il vicepresidente della Camera.
La storia di Acca Larentia
Era il 7 gennaio del 1978 quando furono uccisi due giovani del Fronte della Gioventù, Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, assassinati di fronte alla sede del Movimento Sociale di via Acca Larentia a Roma. Poche ore dopo ci sarà la terza vittima, Stefano Recchioni, un altro militante missino, ucciso durante gli scontri con le forze dell’ordine.
L’agguato ai danni di Bigonzetti e Ciavatta avvenne all’alba, intorno alle 6:30: i due stavano uscendo dalla sede dell’Msi quando vennero avvicinati da un commando armato. Bigonzetti, 20enne studente di medicina, fu ucciso sul colpo; Ciavatta, 18 anni, riuscì a scappare ma venne ferito lungo la vicina scalinata e morì in ambulanza durante il trasporto in ospedale.
L’agguato inizialmente fu rivendicato dai “Nuclei Armati per il Contropotere Territoriale” attraverso una cassetta audio lasciata in una pompa di benzina. Dopo anni, nel 1987, furono identificati quali responsabili cinque militanti di Lotta Continua: Mario Scrocca, Fulvio Turrini, Cesare Cavallari e Francesco de Martiis, tutti arrestati, mentre Daniela Dolce fuggì in Nicaragua per evitare la cattura. A loro si arrivò in seguito alle confessioni di una pentita, Livia Todini.
Scrocca, il giorno dopo essere stato interrogato dai giudici, si tolse la vita in cella in circostanze sospette. Accusati di duplice omicidio, furono assolti in primo grado per insufficienza di prove. Una delle armi utilizzate nell’agguato, una mitraglietta Skorpion, fu poi rinvenuta, nel 1988, in un covo delle Brigate Rosse, in via Dogali a Milano. Gli esami balistici svelarono che quella stessa arma fu utilizzata in altri tre omicidi firmati dalle BR: quello dell’economista Ezio Tarantelli nel 1985, dell’ex sindaco di Firenze Lando Conti nel 1986 e del senatore democristiano Roberto Ruffilli nel 1988.