Nessuno forse ci avrebbe mai creduto ma inizierà l’1 marzo 2024 davanti alla Corte d’Appello di Brescia il processo di revisione per la strage di Erba a carico di Olindo Romano e Rosa Bazzi.
La Corte, in qualità di giudice della revisione, ha accolto e riunito le due istanze di revisione presentate dai legali di Romano e Bazzi e dal sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser e notificato un decreto di citazione comunicando la data della prima udienza agli avvocati e alle parti civili delle famiglie Frigerio e Castagna, parenti delle vittime. Nella prima udienza si discuterà di quali prove o nuove testimonianze ammettere.
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La storia è conosciuta a tutti: una fredda sera dell’11 dicembre 2006, verso le 20:30, a Erba (provincia di Como) nella corte di via Diaz 25, vengono uccisi a colpi di coltello e di spranga Raffaella Castagna, il figlio Youssef, la nonna del bambino Paola Galli, e la vicina di casa Valeria Cherubini, mentre scampa alla morte il marito di quest’ultima, il superteste Mario Frigerio, che rimane gravemente ferito.
Alla strage seguì un fuoco appiccato nell’abitazione. Il primo sospettato fu il compagno di Raffaella, Azouz Marzouk, ma aveva un solidissimo alibi: si trovava in Tunisia e così venne scagionato.
L’attenzione si spostò poi sui coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, due vicini di casa di Raffaella Castagna che in passato avevano avuto con lei contenziosi legali. I due furono condannati all’ergastolo sia in primo che in secondo grado e la Corte di Cassazione il 3 maggio 2011 confermerà la doppia conforme di condanna.
Ad ottobre 2023 i legali di Olindo Romano e Rosa Bazzi hanno depositato alla Corte d’assise di Brescia l’istanza di revisione di condanna per i coniugi. Gli avvocati ritengono di aver nuovi elementi tali da portare a un proscioglimento della coppia, in carcere dal 2007. I legali Schembri, Nico D’Ascola, Patrizia Morello e Luisa Bordeaux hanno allegato sette consulenze, audio e video.
Gli audio e i video sono precedenti alla confessione, che per i legali venne estorta alla coppia. Come disse uno di loro, Nico D’ Ascola, «è vero che i Romano confessano la loro responsabilità, ma lo fanno sulla base di una ricostruzione dei fatti nella quale l’avvocato Schembri è stato capace di individuare ben 384 contraddizioni rispetto alla realtà dei fatti che risulta da prove oggettive e accertate».
Tra gli argomenti, le modalità della morte di Valeria Cherubini che sarebbero «incompatibili» con la tesi di colpevolezza dei coniugi. C’è poi la famosa traccia di sangue della donna trovata dell’auto dei due: ha rappresentato uno dei pilastri della Pubblica Accusa.
Infatti, la Procura ha sostenuto (con successo) che quella traccia ematica è stata trasportata nell’auto dei Romano da Olindo, dopo aver calpestato il sangue delle vittime per le aggressioni mortali da lui stesso provocate.
Per il biologo forense Eugenio D’Orio, incaricato di condurre le indagini biologiche e genetiche per conto di Azouz Marzouk, ovvero della parte offesa che ha sempre creduto nell’innocenza dei due coniugi, «la “traccia di sangue” non esiste! Quella traccia biologica, che appartiene alla vittima Cherubini, è certamente non di provenienza ematica. Una cosa è dire che c’è sangue della vicina di casa barbaramente uccisa nell’auto di Olindo, altra cosa, diametralmente opposta, è dire che c’è DNA della tua vicina di casa nell’auto, ma che questa traccia è, con certezza, non-sangue. Il che esclude, a priori, che questa sia una “prova del delitto”». Inoltre non si esclude che sia finita lì a causa del via vai di persone che hanno attraversato la scena del crimine.
Nella richiesta di revisione si insiste poi sulla testimonianza di Mario Frigerio, marito di Cherubini e unico sopravvissuto alla strage, morto negli anni successivi, e diventato principale testimone dell’accusa che riconobbe Olindo in aula.
Nei primi attimi dopo l’aggressione fece la descrizione di un estraneo con caratteristiche completamente opposte a quelle di Olindo. Tutto cambia con un altro interrogatorio reso al Luogotenente Gallorini che secondo il consulente della difesa Piergiorgio Strata mise in atto tutta una serie di domande per «insinuare un dubbio» che «costituisce la più potente arma per falsificare il ricordo» e indirizzarlo verso Olindo.
Vi è poi uno studio sull’energia elettrica nella casa dell’eccidio e infine la testimonianza di Abdi Kais, mai sentito dagli inquirenti, e residente nell’abitazione di Erba, poi arrestato per spaccio nella zona dove avvenne il massacro.
Proprio lo scorso gennaio 2023 all’Adnkronos Olindo Romano disse: «Sono passati sedici anni dalla strage di Erba, ci sto riflettendo parecchio in questi giorni. Forse è arrivato il momento di fare un po’ di chiarezza». «Siamo contenti della notizia, discuteremo per arrivare a una sentenza di assoluzione», ha detto all’AGI l’avvocato Fabio Schembri.