Si rischia il poker
Regionali, è tutti contro tutti: in Sardegna nessun accordo, si va verso quattro candidati
Tajani, Donzelli e Locatelli assicurano: si troverà l’accordo. Ma sull’isola continuano a darsele di santa ragione. Potrebbe finire a destra come finirà a sinistra: con due nomi in campo il prossimo 25 febbraio
Politica - di David Romoli
“La discussione è fisiologica: sulla candidatura in Sardegna il centrodestra troverà l’accordo”: Tajani il Paciere lo ripete da giorni e per la verità confermano, ridendosela di gusto, anche Donzelli e Locatelli, plenipotenziari rispettivamente di FdI e della Lega, i partiti duellanti, e solo a vederli così distesi a ridanciani, a braccetto, viene da pensare che andrà proprio come profetizza il non disinteressato ministro degli Esteri.
Però alla definizione delle candidature nell’isola mancano appena 12 giorni, il punto di caduta appare un po’ più distante della luna e in loco le parti in causa i sorrisoni li hanno smessi da un pezzo: se le danno invece di santa ragione.
Così, nonostante Tajani, i bookmakers e la logica, potrebbe anche finire a destra come certamente finirà a sinistra: con due candidati in campo il prossimo 25 febbraio.
Le distanze non si sono accorciate: casomai il contrario. Attaccano tutti, Lega e Partito sardo d’azione da un lato, FdI dall’altro. Crippa, il vicesegretario delegato a dire quel che Salvini non può dire, stavolta va giù apertamente minaccioso: “Noi non vogliamo strappare e se qualcun altro strappa se ne prenda la responsabilità. Serve un passo indietro di FdI sulla candidatura Truzzu e in caso contrario si ridiscutono le candidature in tutte le Regioni al voto”.
E’ la prima volta che qualcuno parla senza remore della possibilità di uno strappo e il particolare è significativo. Il Psd’a, peraltro, è ancora più blindato della Lega, con la quale è federato, sulla candidatura del presidente uscente Solinas.
Il tavolo regionale avrà pure scelto invece il sindaco di Cagliari Truzzu, ma quel tavolo “era truccato”, azzanna il leader dei Sardi Moro, poi passa anche lui alle maniere forti: “Noi vogliamo tornare alla politica ma finora abbiamo subito una serie di comportamenti che definire provocatori è il minimo”.
Replica a tono il ministro Lollobrigida: “La Lega ci chiede un passo indietro? Be’, chiedere è lecito ma il candidato resta Truzzu”. Il miracolo dovrebbe arrivare nella riunione dei leader del centrodestra che per la verità, però, non solo non è ancora stata convocata ma due giorni fa veniva quasi esclusa a favore di un incontro tra delegazioni che nella situazione data sarebbe quasi certamente fallimentare.
Ma gli stessi leader sanno perfettamente che un vertice senza accordo finale vorrebbe dire peggiorare ulteriormente la situazione: dunque esitano e rinviano perché al momento proprio quello sarebbe l’esito.
Recuperare in politica non è mai impossibile ma in questo caso è certamente difficile. La faccenda è stata gestita da Donzelli a Roma e dalla responsabile tricolore in Sardegna Zedda senza alcuna capacità diplomatica, con un imposizione alla Lega e a Solinas decisamente imperiosa e brutale.
A questo punto le cose sono andate troppo avanti per risolverle, tanto più che la premier risponde picche al Carroccio anche sulla richiesta di alzare a tre il tetto dei mandati dei governatori, con l’evidente intenzione di tenere fuori gioco l’imbattibile Zaia e piantare la fraterna bandiera in Veneto.
La faccenda è ulteriormente complicata dall’intreccio con le europee. Meloni non ha affatto messo da parte l’idea di candidarsi. Il capogruppo FdI a Strasburgo Fidanza lo dice chiaramente: “La sua candidatura sarebbe un bagno di democrazia”.
Ma l’opposizione di Salvini e Tajani da una parte, i dubbi di Schlein sconsigliata ormai da buona parte del suo partito dall’altra la frenano e non deciderà sino all’ultimo momento utile. Ma la tensione che si è creata anche su questo fronte con Salvini certo non aiuta a sciogliere la già imbrogliatissima matassa sarda.
In fondo la spaccatura stessa del centrosinistra, dove le candidature saranno due e anche se nessun partito appoggia Soru è del tutto evidente che si tratta di una lacerazione interna al Pd, spinge nella direzione della doppia candidatura anche a destra.
Se anche gli altri sono divisi, la propria lacerazione brucia almeno un po’ meno. Ma se le cose dovessero finire così, con quattro candidature, la ferita sanguinerebbe sia al Nazareno che in via della Scrofa. E se poi a giocarsi la partita finale fossero Soru e Solinas il colpo, per le due leader Giorgia ed Elly, sarebbe davvero pesante.