Il vertice tra i leader
Elezioni in Sardegna e Veneto, è braccio di ferro tra Meloni e Salvini
Ieri la pdl della Lega per il terzo mandato dei governatori che spianerebbe la strada a Zaia: la contropartita per un passo indietro di Solinas nell’isola. Ma la conquista della roccaforte leghista è il primo obiettivo della premier
Politica - di David Romoli
Due incontri. Forse. O forse nemmeno uno, anche se è difficile crederlo. Ieri mattina, poco ma sicuro, Matteo Salvini e Antonio Tajani sono arrivati a palazzo Chigi e hanno visto la premier e ospite, Giorgia Meloni.
Dopo una pausa si sono ripresentati a palazzo, giusto per l’ora di pranzo e chi li ha visti entrare ha fatto due più due e annunciato la ripresa del vertice a tavola.
Dopo ore di silenzio, però, palazzo Chigi smentisce il pranzo e derubrica il summit dei tre leader a “un vertice allargato sul problema dell’immigrazione per fare il punto dopo la ripartenza”. Prova ne sia che erano presenti anche il ministro degli Interni Piantedosi e il sottosegretario Mantovano. Normale amministrazione, insomma. Routine o quasi.
Tutto può essere ma che i capi della maggioranza, nel momento più delicato per il centrodestra dalla formazione del governo in poi, si ritrovino faccia a faccia solo per parlar d’altro è poco credibile.
Ancor meno lo è che Chigi, prima di mettere i puntini sulle i e smentire il vertice, faccia passare ore, permettendo a siti e telegiornali di annunciare in pompa magna l’incontro che dovrebbe sciogliere la contesa sarda. Uno di quei problemi che, da locale, è lievitato sino a diventare una grana nazionale di prima grandezza.
Ufficialmente le posizioni, anche dopo l’incontro (o gli incontri) di Chigi, restano immobili. La Lega si proclama ottimista: “Si troverà un accordo, come sempre”. Rivolto ai suoi parlamentari, però, Salvini non si smuove di un centimetro: “Per noi devono essere riconfermati i governatori uscenti”.
Dunque in Sardegna Solinas. Il quale ha convocato per oggi pomeriggio la direzione del Partito sardo d’azione, quello, federato con il Carroccio, da cui proviene.
Sul fronte opposto ci sono ancora meno spiragli: il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu, forte del sostegno del tavolo regionale della destra, si considera già candidato e FdI ha convocato per domani a Quartu Sant’Elena un’assemblea per presentarlo appunto come tale.
Tra le voci incontrollate in circolazione a Roma c’è persino quella, che tuttavia è molto difficile prendere sul serio, di una premier tanto furibonda da carezzare l’idea di schierare il centrodestra diviso in tutte le Regioni. Sarebbe un suicidio e dunque trattasi quasi certamente di voce infondata.
Ma che la partita si avvia conclusione lo conferma proprio Solinas: “Si chiude a breve e quanto alla mia rinuncia non c’è ancora nulla di stabilito”. Lo stesso Salvini, intervistato da Vespa mercoledì sera, aveva aperto uno spiraglio: “Per me vanno ricandidati tutti gli uscenti ma non decido solo io”.
Tutto, insomma, lascia pensare che la reticenza mai così rigorosa della maggioranza serva a mascherare la vera trattativa in corso. Nella quale la voce di gran lunga più importante si chiama Veneto.
Proprio ieri, e certo non a caso, la Lega ha presentato una proposta di legge per innalzare a tre il tetto dei mandati dei governatori. Se la proposta fosse accolta, la strada per la ricandidatura e poi la riconferma di Zaia in Veneto sarebbe spianata.
Il problema è che proprio la conquista tricolore del Veneto è anche l’obiettivo numero uno della premier, che proprio per questo è contraria a modificare il tetto dei mandati.
E’ quasi fisiologico che la prima contropartita chiesta da Salvini in cambio della resa in Sardegna sia proprio la garanzia della permanenza di Zaia nel Veneto ed è altrettanto inevitabile che la premier punti invece i piedi decisa a prendersi la roccaforte leghista.
Di certo la sfida non è ancora chiusa, altrimenti non si spiegherebbe la coltre di silenzio sul vertice di ieri ed è probabile che del pacchetto faccia parte anche l’autonomia differenziata, che approderà martedì in Parlamento.
Almeno in parte Meloni deve fare i conti con un elemento di disturbo esterno ma che potrebbe incidere sulle sue reazioni e sulle sue scelte. Domenica Report manderà in onda un servizio nel quale il pentito Nunzio Perrella affermerà che il padre della premier era un trafficante di droga al soldo del boss Michele Senese.
E’ un colpo davvero basso non solo perché si parla non della premier ma del padre, ma anche perché detto padre, come è noto, aveva abbandonato la famiglia con la figlia ancora quasi in fasce.
Ma proprio la bassezza del colpo potrebbe esasperare Giorgia e convincerla di essere oggetto di un assedio da parte di quei misteriosi “ricattatori” di cui ha parlato nella conferenza stampa di inizio anno. E questo, a propria volta, potrebbe condizionarne il comportamento nella trattativa in corso con Salvini.
Le risposte, comunque, arriveranno per forza presto. Lunedì devono essere presentate le liste per le elezioni del 25 febbraio nell’isola. Corredate dal nome del candidato presidente.