Aveva 40 anni, si chiamava Andrea ed era affetto da problemi psichiatrici. Originario di Nola (località in provincia di Napoli), è stato condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio della convivente. Questa mattina Andrea si è tolto la vita. Lo ha fatto nel carcere di Poggioreale nel capoluogo campano. L’ennesimo suicidio avvenuto in cella. L’ennesimo episodio che dimostra quanto il sistema penitenziario italiano sia al collasso. “Mi colpisce la grande determinazione con cui il detenuto 40enne di Poggioreale si è suicidato a metà mattinata oggi. Era a rischio suicidario da un anno, era seguito e monitorato. Chi cura i malati mentali liberi o persone con sofferenza psichica?“, si è chiesto il Garante per i diritti dei detenuti della Regione Campania Samuele Ciambriello.
Detenuto si toglie la vita in cella, suicidio a Poggioreale
Infatti, il dramma di oggi, è purtroppo un dramma già visto. Uno dei tantissimi detenuti con problemi mentali che invece di trovarsi in strutture sanitarie adeguate, è stato recluso in carcere. Perché i penitenziari sono per lo Stato e il sistema penale nostrani, una discarica sociale dove all’interno va buttato di tutto. Un corto circuito che danneggia l’intera comunità penitenziaria che dagli agenti agli operatori, soffre per essere sotto organico e per avere poche risorse. Per non parlare delle condizioni disumane di vivibilità alle quali i detenuti sono condannati. A partire dalla piaga del sovraffollamento, fino alla fatiscenza delle strutture detentive.
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Chi è Andrea, il detenuto 40enne e suicida nel carcere di Poggioreale
Ha spiegato Ciambriello. “Sono tante le motivazioni per cui singoli detenuti scelgono di suicidarsi, è chiaro che il coinvolgimento in attività trattamentali interne, più rapporti con il mondo esterno, più personale specializzato, può ridurre sia le forme di autolesionismo sia i tentativi di suicidio che sono centinaia nella nostra Regione. Lo scorso anno non c’è stato appunto una strage per il pronto intervento degli agenti di polizia penitenziaria, a cui va la mia gratitudine. Quello che è accaduto ci costringe a mettere in campo qualche proposta operativa, perché i suicidi in carcere sono anche il prodotto di un clima culturale, per la maggioranza della politica e anche della società civile, per cui il carcere è un posto esterno alla società, da dimenticare, non da cambiare“.