Pezzo e traccia indimenticabile e indimenticata del teatro e della cultura napoletani e italiani, quelli di una famiglia di artisti: di un nome entrato nel mito. La storia di Eduardo, Peppino e Titina De Filippo è stata raccontata nel film diretto da Sergio Rubini, I fratelli De Filippo, e in quello di Mario Martone, Qui rido io, dedicato però in particolare alla vita dell’attore e commediografo napoletano Eduardo Scarpetta interpretato dall’attore Toni Servillo nei panni del protagonista.
Una storia di inizio Novecento. Scarpetta era il più famoso e ricco attore e drammaturgo dell’epoca, padre biologico di Titina, Eduardo e Peppino, avuti con Luisa De Filippo. Scarpetta manteneva i figli, provvedeva alla loro istruzione, pur senza riconoscerli, considerandoli illegittimi. Si spacciava per lo zio. Tutti e tre maturarono una spiccata vocazione per il teatro. In particolare Eduardo, che fin da giovanissimo dimostrò un talento speciale, una propensione fenomenale sia come attore che come commediografo. Scarpetta non assecondava il talento del figlio.
- Chi è Enzo Moscato, come è morto il genio del teatro napoletano: ha reinventato la drammaturgia e reinterpretato Eduardo
- Teatro San Carlo, il ministro Sangiuliano: “Le sentenze si rispettano”
- Daniele Vicorito, dal Centro Storico di Napoli al grande cinema: “Voglio raccontare la vulnerabilità”
- Chi era Pier Paolo Pasolini e perché votava Pci: storia di una amicizia tra il poeta e la Fgci
“Sei la punizione mia. Non ti ho dato il nome, ma tu ti sei ‘rubata l’arte’. Povero Vincenzino, figlio mio”, la frase emblematica che pronuncia Giancarlo Giannini nei panni di Scarpetta nel film di Rubini. Quando il commediografo morì nel 1925 non lasciò ai tre De Filippo niente in eredità, tutti e tre continuarono comunque nel teatro tra compagnia locali, avanspettacolo, riviste e cabaret. Eduardo in particolare entrò nella compagnia di Vincenzo Scarpetta, fratellastro dei tre e figlio considerato legittimo dal padre. Il primo progetto di una compagnia fondata dai tre fratelli De Filippo naufragò subito a causa di contrasti interni. Eduardo partì per Milano dove entrò una compagnia mentre Peppino prese il suo posto nella compagnia di Vincenzo. Titina invece riuscì a entrare nel giro di Totò.
Quando Eduardo tornò a Napoli coinvolse di nuovo i fratelli in una compagnia: scrissero Sik-Sik L’artefice magico, partirono per una tournée per niente memorabile in Sicilia, non riuscivano a entrare nel giro dei teatri locali a Napoli. La svolta arrivò il 25 dicembre 1931 quando portano in scena Natale in Casa Cupiello al Teatro Kursaal. Risolti i contrasti, superati gli ostacoli di Vincenzo, i tre fratelli rimasero insieme fino al 1944, quando l’ennesimo litigio tra Eduardo e Peppino mise fine alla collaborazione.
Titina rimase con Eduardo, in una compagnia che portò in scena spettacoli rimasti nella storia del teatro italiano. Peppino si diede al cinema e in particolare il suo sodalizio con Totò ha portato a film memorabili. “Li volevo raccontare come se fossero i Beatles, giovani donnaioli, traditori, litigiosi in una storia tutta italiana, una famiglia sgangherata che alla fine ce la fa”, aveva spiegato Rubini all’uscita del suo film. “È una storia di riscatto e speranza di persone che alla fine ce l’hanno fatta, un messaggio positivo per tutti”.