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Pensioni, anche il governo Meloni ha i suoi “esodati”: fuori dal lavoro e con assegni più “leggeri”

Pensioni, anche il governo Meloni ha i suoi “esodati”: fuori dal lavoro e con assegni più “leggeri”

Anche il governo della “destra sociale” di Giorgia Meloni, fieramente contraria assieme all’alleato Matteo Salvini dell’ex ministra Elsa Fornero, ha i suoi esodati. Lo stesso esecutivo che ha promesso l’abolizione della legge Fornero sulle pensioni e di “vendicare” l’operato dell’ex ministro del Lavoro, che lasciò ai tempi del governo Monti migliaia lavoratori in mezzo al guado, senza pensione né lavoro, si ritrova a combinare lo stesso “pasticcio”.

Chi sono gli “esodati” del governo Meloni

Come spiega Repubblica, gli esodati del governo Meloni sono i prepensionati, non più lavoratori ma neanche pensionati a pieno titolo, sostenuti da assegni-ponte frutto di accordi con le aziende. Ma soprattutto sono coloro i quali il governo Meloni ha ridotti il rendimento dei loro contributi versati alle casse pubbliche con la legge di Bilancio 2024

Si tratta dunque di medici, infermieri e dipendenti degli enti locali, oltre a insegnanti di asilo e scuole elementari parificate, oltre agli ufficiali giudiziari. Il quotidiano spiega che alcuni di questi sono, per motivi diversi, diventati da lavoratori pubblici a privati. E dopo il prepensionamento avranno la pensione tagliata.

Per evitarlo dovrebbero restare al lavoro fino all’età della vecchiaia, 67 anni, una scappatoia inserita in Manovra all’ultimo momento da Palazzo Chigi, ma sono già fuori e non potranno farlo.

Quanti sono? I lavoratori pubblici colpiti dalla scure meloniana dei tagli in legge di Bilancio sono 732.300: tra questi i dipendenti pubblici delle municipalizzate privatizzate ma anche quelli di ex banche pubbliche come Banca Monte di Parma e Banca Nazionale delle comunicazioni, poi acquistate dal gruppo Intesa San Paolo. Con la scure meloniana sui prepensionati l’esecutivo intende risparmia poco più di 21 miliardi dal 2024 al 2043.

Gli assegni di pensione tagliati

Chi subirà il “trattamento” è ovviamente infuriato e deluso. È il caso per esempio di Stefano Fornaro, ex dipendente di Banca Monte di Parma. “O vado in pensione tra quattro anni con l’assegno tagliato di 200-300 euro al mese. Oppure lavoro altri dieci anni ed esco dopo 49 anni di contributi, in pratica Quota 49”, racconta in una intervista a Valentina Conte di Repubblica.

Fornaro ha una lunghissima esperienza nel settore bancario, avendo iniziato nel lontano 1987: “Negli anni ‘90 è diventata Spa. Ma ai dipendenti è stato chiesto di scegliere se continuare versare i contributi nella cassa pubblica degli enti locali, la Cpdel, oppure confluire in Inps. Io e molti altri siamo rimasti in Cpdel”.