La vittoria in New Hampshire
Primarie Usa, Trump stacca Haley che non si ritira: “La partita non è finita”
L’ex presidente si impone con il 54,5% dei voti, contro il 43,2 dell’ex governatrice della Carolina del Sud. Intenzionata a non mollare: “La partita è ben lontana dall’essere finita”
Esteri - di Vittorio Ferla
Le primarie repubblicane del New Hampshire sono finite come tutti si aspettavano. O quasi. Vince Donald Trump, l’ex presidente in gara per un secondo mandato. Perde Nikki Haley, l’ex governatrice della Carolina del Sud, l’ultima a resistere contro l’onda del Maga (Make America Great Again).
A differenza dei caucus dell’Iowa, però, non siamo di fronte a una vittoria schiacciante. Trump ottiene circa 164mila voti (pari al 54,5%), Haley quasi 130mila (pari al 43,2). Ciò significa che, sì, la partita sembra ormai definitivamente chiusa a favore del tycoon.
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Ma significa pure che una parte dei sostenitori dell’ex candidato Ron DeSantis, che ha già gettato la spugna, e la gran parte degli indipendenti – gli elettori ancora indecisi tra i democratici e i repubblicani – non riescono ad accettare la vittoria di Trump. Proprio per questo motivo, Haley non ha ancora mollato e promette di dare battaglia. Il prossimo step sono le primarie del 24 febbraio nella Carolina del Sud, paese natale della sfidante.
“Questa gara è lungi dall’essere finita. Ci sono dozzine di stati rimasti da percorrere”, ha detto Haley ai sostenitori nel suo discorso della notte elettorale di martedì nel New Hampshire. La verità è che la strada è davvero in salita, anche a dispetto dei cospicui investimenti: si parla di 4 milioni di dollari in prenotazioni pubblicitarie televisive nella Carolina del Sud.
Per Daniel McCarthy, l’editore di Modern Age, un periodico di destra, con la vittoria comoda di Trump nel New Hampshire “la corsa repubblicana che sembrava fosse già finita dopo i caucus dell’Iowa è senza dubbio finita adesso”. Anche perché, nella Carolina del Sud, i sondaggi per Haley sono peggiori che nel New Hampshire. Insomma, per McCain, “l’unica domanda è quale sarà il margine di vittoria di Donald Trump”.
Per adesso, però, Haley resiste e incolpa l’avversario per le prestazioni deludenti dei repubblicani nelle elezioni di metà mandato del 2018 e 2022 e nelle elezioni presidenziali del 2020, proprio quando era il leader incontrastato del Gop. “Con Donald Trump, i repubblicani hanno perso quasi tutte le elezioni competitive”, sostiene la sfidante.
Tant’è vero che i democratici tutto sommato preferiscono avere lui come avversario del presidente in carica. Ecco perché, secondo Nikki Haley, Trump sarebbe “l’unico repubblicano del Paese che Joe Biden può sconfiggere”.
Del resto, i sondaggi mostrano che Haley supererebbe nei consensi l’ex presidente in un ipotetico confronto elettorale con Biden. Forte di questi numeri, dopo la conferma dello scrutinio di martedì sera, Haley ha stigmatizzato il rischio di un confronto tra ottuagenari: “il primo partito a mandare in pensione il suo candidato ottantenne sarà il partito che vincerà queste elezioni”.
La sfidante conta anche su alcuni dati interessanti che emergono dalle primarie del New Hampshire. Per esempio, il consenso da lei riscontrato nell’elettorato moderato, tra i votanti che ritengono Trump non idoneo alla presidenza in caso di condanne penali e tra quelli che ritengono che le elezioni del 2020 furono regolari, diversamente dai trumpisti fanatici.
Questa frattura tra i repubblicani irriducibili e gli indipendenti che diffidano dell’ex presidente è anche uno degli argomenti che fa sperare il campo democratico. Come spiega alla Cnn Paul Begala, già consigliere di Bill Clinton per la campagna presidenziale e poi alla Casa Bianca, “Trump ha perso ben due terzi degli elettori del New Hampshire che non appartengono a nessuno dei due partiti politici. In Iowa, il 43% dei sostenitori dell’ex governatore della Carolina del Sud Nikki Haley ha affermato che voterebbe per il presidente Joe Biden contro Trump”.
Insomma, magari Trump vincerà facilmente la candidatura del Gop, ma quando si sposterà in campo aperto sarà capace di conquistare gli elettori disgustati dal suo culto della personalità? “Quasi la metà dei repubblicani fedeli che hanno sostenuto Haley in Iowa affermano di non poter sostenere Trump a novembre. Tra questi, Biden vince con un margine di 20 punti sull’ex presidente”, afferma con certezza Begala. Insomma, per Trump è ancora troppo presto per cantare vittoria.
In più, il tycoon ha ancora un ostacolo significativo davanti a sé, e nessuna raccolta fondi o azzeccata propaganda può eliminarlo: la Corte Suprema. L’8 febbraio, l’Alta Corte ascolterà le argomentazioni in appello per stabilire se Trump sia un eversore al quale vietare di candidarsi alla presidenza in base al 14° emendamento.
A dicembre la corte del Colorado lo ha ‘squalificato’ per le azioni commesse prima e durante l’attacco del 6 gennaio 2021 al Campidoglio. Se la Corte Suprema darà ragione a quella statale, Trump non potrà diventare il candidato repubblicano. Ma la gran parte degli osservatori dubita che i giudici dell’Alta Corte possano arrivare a tanto.
“Credo che la corte troverà un modo per stabilire che, in effetti, è idoneo al voto”, ha detto al quotidiano Politico Jessica Levinson, professoressa di diritto costituzionale alla Loyola Marymount University, anche perché “non vuole essere l’organo che ha tolto la scelta agli elettori”. Com’è noto, però, i guai giudiziari del tycoon non finiscono qui e incroceranno più volte i suoi lungo la strada per la presidenza.
Nel frattempo, sul versante democratico, la corsa di Biden sembra senza concorrenti, ma gli elettori restano perplessi dall’età, dalla lucidità e dalle condizioni di salute del presidente. Nei giorni scorsi Cindy Adams, un’editorialista del New York Post, giornale conservatore, ha avvertito che gli americani non dovrebbero meravigliarsi se Michelle Obama, l’ex first lady, dovesse intrufolarsi nella gara per la Casa Bianca. Per adesso, l’ipotesi appare abbastanza fantapolitica, ma è il segno tangibile delle perplessità del fronte democratico circa le reali possibilità di Biden di battere per la seconda volta il suo predecessore.