Hamas per un accordo chiede il rilascio anche di Marwan Barghouti
Hamas, nell’ambito dell’accordo sugli ostaggi e sul cessate il fuoco a Gaza, ha chiesto che Israele rilasci “migliaia” di detenuti palestinesi, anche con condanne all’ergastolo, e tra questi Marwan Barghouti e Ahmad Saadat. Lo ha detto il portavoce di Hamas a Beirut Osama Hamdan, riferito dai media internazionali.
Barghouti – possibile candidato presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) – è in carcere dal 2002 come leader della Seconda Intifada, condannato a 5 ergastoli. Il secondo è il capo del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp) condannato a 30 anni per l’uccisione di un ministro di Israele.
Funzionari Usa e Ue contro Israele su Gaza: “Rischio genocidio”
Il documento è firmato da 800 funzionari in servizio per conto del governo Usa e di quelli di 11 Paesi europei fra cui la Bbc cita il Regno Unito, la Germania o la Francia. Esso è stato illustrato in copia all’emittente britannica da un funzionario americano con “oltre 25 anni di esperienza” nei ranghi dei servizi di sicurezza nazionale, il quale – protetto dall’anonimato – ha denunciato “il continuo rifiuto” dei vertici degli Stati interessati di raccogliere questi allarmi lanciati da “voci che conoscono la regione (mediorientale) e le sue dinamiche”.
“Qui la realtà – ha detto la gola profonda sentita dalla Bbc – è che noi non stiamo solo mancando di prevenire qualcosa, stiamo diventando attivamente complici”. Nel testo si accusa Israele di “non avere limiti” nelle sue operazioni militari a Gaza: operazioni che hanno già provocato “migliaia di morti civili evitabili” e che, tramite “il blocco deliberato degli aiuti”, sta “mettendo migliaia di civili di fronte al rischio di una lenta morte per fame”.
Non solo: i firmatari evocano pure, a carico delle politiche dei rispettivi governi, “il rischio plausibile di contribuire” (attraverso una sorta di favoreggiamento) a “gravi violazioni del diritto internazionale, del diritto di guerra e perfino a pulizia etnica o genocidio”.
Cameron: «Gb potrebbe riconoscere Stato palestinese»
Il Regno Unito potrebbe riconoscere ufficialmente uno Stato palestinese dopo un cessate il fuoco a Gaza senza attendere l’esito di quelli che potrebbero essere anni di colloqui tra Israele e palestinesi su una soluzione a due Stati. Lo ha detto il ministro degli Esteri britannico, David Cameron.
Durante una visita in Libano l’altro ieri, Cameron ha affermato che nessun riconoscimento potrebbe arrivare finché Hamas resta a Gaza, ma che potrebbe avvenire mentre i negoziati israeliani con i leader palestinesi continuano. Il riconoscimento da parte del Regno Unito di uno Stato indipendente di Palestina, incluso nelle Nazioni Unite, «non può avvenire all’inizio del processo, ma non deve essere la fine del processo», ha aggiunto l’ex primo ministro.
Ministro del Likud attacca Cameron (GB): «Si comporta come Chamberlain con i nazisti»
David Cameron come Neville Chaamberlain, per aver ipotizzato il possibile riconoscimento di uno stato palestinese dopo la fine della guerra a Gaza. A fare il paragone fra il ministro degli Esteri di Londra e il primo ministro britannico che nel 1938 portò avanti la politica di «appeasement» con Adolf Hitler è oggi il ministro israeliano per gli Affari della Diaspora, Amichai Chikli, con un post su X in cui appaiono le foto dei due politici.
«Hello David Cameron che vuole la “pace del nostro tempo” e concedere ai nazisti che hanno commesso le atrocità del 7 ottobre un premio sotto forma di stato palestinese come segno di riconoscimento per aver ucciso bebè nelle culle, commesso stupri di massa e rapito madri con i bambini».
Netanyahu contro la Casa Bianca per le sanzioni ai coloni violenti
“Israele agisce contro tutti coloro che violano la legge ovunque si trovino, e dunque non c’era bisogno di provvedimenti drastici su questa materia”: il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha criticato la decisione della Casa Bianca di imporre sanzioni a quattro coloni cisgiordani colpevoli di violenze nei confronti dei palestinesi. “La gran parte dei residenti di Giudea e Samaria sono cittadini rispettosi della legge, molti dei quali impegnati in servizio attivo e come riservisti per la difesa di Israele”, ha concluso Netanyahu.
Agenzie Onu, “Le conseguenze dello stop ai fondi per l’Unrwa saranno catastrofiche”
I capi di 15 agenzie delle Nazioni Unite hanno avvertito il mondo di non “abbandonare la popolazione di Gaza” dopo che una serie di Paesi ha bloccato i finanziamenti all’Unrwa per le accuse di coinvolgimento negli attacchi di Hamas del 7 ottobre. I presidenti di più di una dozzina di agenzie dell’Onu, tra cui l’Oms e l’Unicef, hanno affermato in una dichiarazione che la sospensione temporanea dei finanziamenti all’Unrwa avrà “conseguenze catastrofiche”.
Unicef, 1 mln bambini ha bisogno di aiuto per salute mentale
Secondo l’Unicef, più di un milione di bambini a Gaza ha bisogno di un supporto per la salute mentale e manifesta crisi emotive e di panico. E circa 17.000 bambini non sono accompagnati o sono stati separati dalle loro famiglie.
“Presentano sintomi come livelli estremamente elevati di ansia persistente, perdita di appetito. Non riescono a dormire, hanno scatti emotivi o vanno in panico ogni volta che sentono un bombardamento”, ha dichiarato Jonathan Crickx, capo della comunicazione dell’Unicef per i Territori Palestinesi Occupati.
“Prima di questa guerra, l’Unicef riteneva che già 500.000 bambini avessero bisogno di supporto per la salute mentale e di sostegno psicosociale a Gaza. Oggi, stimiamo che quasi tutti i bambini abbiano bisogno di tale supporto, e si tratta di oltre 1 milione”, ha detto.
Msf: Diventare madri a Gaza è una sfida quotidiana.
A Gaza, è sempre più difficile per le donne partorienti e i loro figli accedere alle cure mediche pre e post-natali. L’ospedale emiratino di maternità è l’unica struttura rimasta nell’area di Rafah per assistere le donne incinte, ma a causa della continua crescita dei bisogni della popolazione e una carenza di risorse, l’ospedale è ora in grado di rispondere solo ai parti più a rischio e urgenti.
Medici Senza Frontiere è profondamente preoccupata per la crescente mancanza di assistenza ostetrica per le donne a Gaza. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono circa 50.000 le donne incinte a Gaza, e circa 20.000 bambini sono nati dall’inizio della guerra, secondo l’Unicef.
A causa della crisi umanitaria in corso – con i servizi sanitari primari inaccessibili e l’impossibilità di raggiungere gli ospedali per mancanza di carburante oltre che la scarsa capacità delle strutture sanitarie ancora funzionanti – le donne in gravidanza a Gaza non hanno avuto accesso ai controlli medici per mesi. Molte sono costrette a partorire in tende di plastica o in edifici pubblici. Chi riesce a partorire in un ospedale, spesso ritorna nel proprio rifugio di fortuna qualche ora dopo aver fatto un parto cesareo.