Il caso dell'anarchica
“Il governo non vuole aiutare Ilaria Salis”, lo sfogo del padre contro Tajani e Nordio
Antonio Tajani ribadisce: “Continuiamo a impegnarci perché possa essere rispettata la normativa comunitaria sulla tutela del diritto dei detenuti” ma non basta secondo il padre di Ilaria e gli avvocati italiani
Giustizia - di Frank Cimini
“Dal governo arrivano solo no, Ilaria resterà in cella”, dice Roberto Salis al termine degli incontri con il ministro degli Esteri Antonio Tajani e con il ministro della Giustizia Carlo Nordio insieme agli avvocati difensori Eugenio Losco e Mauro Straini.
È il bilancio molto negativo della giornata romana del papà e dei legali. Non cambia la posizione del governo che non appoggia una richiesta di arresti domiciliari in Italia ma solo una analoga istanza in Ungheria “per rispetto della giustizia di quel paese perché non possiamo ingerirci”.
“È andata molto peggio di quanto ci aspettassimo – dice il padre della ragazza detenuta da quasi un anno a Budapest – non vediamo nessuna azione che possa alleviare la situazione di mia figlia. siamo stati lasciati soli, i domiciliari in Italia o in alternativa in ambasciata a Budapest ci sono stati negati. Credo che mia figlia resterà ancora in carcere e per molto tempo e la vedremo in catene al processo”. Poi aggiunge: “Lo Stato non vuole fare nulla ma lì si muore. Dovremo cercare di fare qualcosa”.
Lo aveva spiegato bene in televisione il viceministro della Giustizia Paolo Sisto: “Non possiamo ingerirci nel sistema giudiziario di un altro paese per reati compiuti da un cittadino italiano sul suolo di quel paese. Vale per l’Italia verso l’Ungheria ma varrebbe ovviamente anche per il contrario. Per Ilaria Salis abbiamo l’obbligo di spingere su dialogo e collaborazione affinché possa ottenere un provvedimento di arresti domiciliari in Ungheria per poi portarla in Italia”.
“Questo è possibile – continua Sisto – anche dando assicurazioni sull’esecuzione della misura per esempio siamo in grado di attestare che il braccialetto elettronico utilizzato in Italia è perfettamente in condizione di garantire la sicurezza della custodia domiciliare”.
Antonio Tajani ribadisce: “Continuiamo a impegnarci perché possa essere rispettata la normativa comunitaria sulla tutela del diritto dei detenuti” ma non basta secondo il padre di Ilaria e gli avvocati italiani. Il legale ungherese Gyorgi Magiar aveva detto che l’unica strada praticabile era l’istanza per la detenzione in casa in Ungheria.
Per la Commissione Ue il beneficio degli arresti domiciliari sarebbe in linea con gli standard comunitari. In caso di violazione di diritti partirebbe una procedura di infrazione a carico dell’Ungheria. Un’istanza ai giudici di Budapest non era stata presa in considerazione dal padre e dagli avvocati anche perché si tratterebbe di trovare una casa in loco e perché l’iter sarebbe comunque tortuoso e non solo a causa dei tempi lunghi.
Ieri insomma è stata in pratica la giornata della rottura. La situazione potrebbe peggiorare nel caso in cui il 13 febbraio prossimo come ha chiesto il procuratore generale Cuno Tarfusser la corte di appello di Milano dovesse negare l’estradizione di un altro anarchico, Gabriele Marchesi, indagato per gli stessi fatti che hanno coinvolto Ilaria Salus l’11 febbraio dell’anno scorso: gli scontri con i neonazisti ungheresi.