La guerra in Medioriente

Netanyahu contro Biden: “La guerra non finirà fino alla distruzione di Hamas”

L’incontro a Gerusalemme con il segretario di Stato americano Blinken finisce con una rottura. Netanyahu rifiuta la tregua e rilancia: “Distruggeremo Hamas”

Esteri - di Umberto De Giovannangeli - 8 Febbraio 2024

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Netanyahu contro Biden: “La guerra non finirà fino alla distruzione di Hamas”

Un incontro “privato”, “lungo e approfondito”. In quei tre aggettivi, c’è tutta la distanza che separa, non da oggi, Benjamin Netanyahu dall’Amministrazione Biden. Il colloquio in questione è quello tenutosi ieri mattina a Gerusalemme tra il premier israeliano e il segretario di Stato americano Antony Blinken, impegnato nel suo ennesimo tour diplomatico in Medio Oriente. Inizia così una giornata che passerà alla storia per la rottura senza precedenti tra chi rappresenta oggi Israele e l’inquilino della Casa Bianca.

A testimoniare un clima tutt’altro che da baci e abbracci, c’è un incontro saltato: quello, privato, tra Blinken e il capo di stato maggiore israeliano, generale Herzi Halevy, che pure compariva nel programma della visita diffuso l’altro ieri ieri da parte americana.

La ragione, sostiene Israel ha-Yom, giornale di destra molto vicino a “Bibi”, è dovuta all’opposizione espressa dall’ufficio del premier. Una fonte politica, citata dal giornale, ha rilevato che nei rapporti diplomatici non è normale che un ministro straniero incontri un responsabile militare dell’altro Paese senza la presenza di un dirigente politico. «Israele non è una repubblica delle banane», ha aggiunto la fonte.

L’ora della verità scocca alle 19,30 (le 18,30 in Italia). Scuro in volto, il premier si presenta in conferenza stampa, trasmessa in diretta televisiva. Il clima è tesissimo, dentro e soprattutto fuori l’affollata sala di Gerusalemme. Netanyahu sa che non può arretrare. E rilancia la sfida. Non ad Hamas, ma all’America, al suo presidente. Ogni parola è una pietra scagliata contro la Casa Bianca.

«Non c’è alternativa alla distruzione militare di Hamas. Se ci arrendiamo alle condizioni di Hamas potremo arrivare ad un altro massacro». Il premier israeliano ha affermato che «Israele continuerà le operazioni militari a Gaza, il giorno dopo la guerra non ci sarà più Hamas». E ancora: “Vogliamo la completa demilitarizzazione di Gaza, continueremo a operare a Gaza per tutto il tempo necessario, in modo che i terroristi non rialzino più la testa”.

Nessuna concessione, nessun ripensamento. Nessuna trattativa. Netanyahu promette una «vittoria schiacciante» su Hamas. «Siamo sulla strada di una vittoria completa. La vittoria è a portata di mano», ha affermato in conferenza stampa, prevedendo che la vittoria sarà «questione di mesi», non di anni. Gli obiettivi della guerra, ha ribadito, sono «distruggere Hamas, riportare a casa gli ostaggi e assicurare che Hamas non sia più una minaccia per Israele».

Netanyahu ha lodato i risultati «senza precedenti» ottenuti dall’esercito a Gaza, annunciando che, dopo Khan Yunis, le Idf sono pronte a combattere anche a Rafah. «Continueremo fino alla fine, non c’è altra soluzione diversa da una vittoria completa» e sarà «una vittoria per tutto il mondo libero». Gli ostaggi sono una priorità, proclama Netanyahu e la maggiore pressione militare aumenterà la possibilità della loro liberazione.

Quanto al futuro di Gaza, «il giorno dopo è il giorno senza Hamas», dichiara il primo ministro sottolineando di volere che la Striscia sia demilitarizzata. “Se ci arrendiamo alle condizioni di Hamas potremo arrivare ad un altro massacro”: più che una constatazione, appare uno slogan elettorale.

Annientamento. Vittoria totale, completa. Nel vocabolario muscolare di “Bibi” non c’è spazio per parole come trattativa, compromesso. Neanche un accenno all’ipotesi, ribadita da Blinken, di una soluzione a due Stati. Niente di niente.

“Molti della Comunità internazionale ci hanno detto che non riusciremo, che è stato un errore entrare nella Striscia, che non elimineremo Hamas senza uccidere migliaia di persone. Tutto quello che ci hanno detto che era impossibile – ha aggiunto Netanyahu – abbiamo invece mostrato che è possibile».

«Solo la vittoria totale garantirà la sicurezza di Israele. Nel dopo Hamas ci sarà la smilitarizzazione della Striscia e il controllo civile non sarà affidato a chi istiga. Israele si riserva il diritto di entrare quando le necessità lo richiedono». «Ho detto a Blinken – ha proseguito – che l’Unrwa va sostituita».

Non erano le parole che i familiari degli ostaggi si attendevano. Il governo «ha il dovere di riportare a casa i suoi concittadini e di farlo costi quel che costi», aveva dichiarato, a nome di un’associazione dei parenti degli ostaggi con base a Londra, Sharone Lifschitz, il cui padre, Oded Lifshitz, di 83 anni, risulta fra le persone catturate nell’attacco del 7 ottobre., aggiungendo che «l’accordo va chiuso ora».

«Se questo non accadrà – ha denunciato – l’attesa si prolungherà» e «molti ostaggi semplicemente non potranno sopravvivere» alla prosecuzione dell’azione militare d’Israele contro la Striscia. Un accordo a ogni costo, chiedono i familiari degli ostaggi. Quell’accordo non ci sarà.

Netanyahu concede che «ogni giorno» guarda le foto di coloro che si trovano ancora prigionieri a Gaza «e il mio cuore va in frantumi: non smetteremo mai di chiedere la loro liberazione, ma la pressione militare è il solo modo, non accetteremo mai le richieste di Hamas». La speranza è morta ieri sera a Gerusalemme.

 

 

 

8 Febbraio 2024

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