Comodi comodi, siamo andati a letto e abbiamo aspettato a piedi asciutti che arrivasse da solo a riva, in una notte di mare grosso di un anno fa, quel caicco in difficoltà tra le onde, segnalato molte ore prima “senza giubbotti di salvataggio, con linea di galleggiamento bassa e una forte risposta termica dalla stiva“. In piena rotta turca, può voler dire solo “carico di persone”.
Quando all’alba s’è spezzata quella bassa chiglia che qualsiasi dei nostri marinai anche a occhi chiusi sa non avrebbe potuto reggere il fondale scoglioso della costa verso cui era con ogni evidenza diretta, abbiamo lasciato un pescatore da solo a tirar fuori con le mani i corpi dall’acqua.
Quando i cadaveri di molti bambini sono stati messi in fila dentro bare di legno marroni molto più grandi di loro perché non c’erano abbastanza bare bianche in tutta la Calabria per contenerli tutti, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni non è andata a vedere quelle bare e ha detto: “Non siamo stati avvertiti che questa barca stava per affondare, nessuna comunicazione di emergenza ci è arrivata da Frontex”.
Smentita e ammutolita da un documento ufficiale da Frontex: “C’erano due funzionari italiani nella sala di Monitoraggio di Frontex, uno della Guardia di finanza e uno della Guardia costiera ed erano in costante contatto con Roma”.
Nella strage di Stato per omissione di soccorso che non ha saputo evitare – 94 cadaveri trovati e 86 dispersi – il governo si è costituito parte civile al processo ai superstiti dell’equipaggio. Ma non ci si può scagliare sul capitano perché è morto in mare con gli altri annegati.
A chi dare la colpa? A Gun Ufuk, 29 anni, meccanico a bordo che a detta di tutti i testimoni non ha mai toccato il timone. “Io ero solo il meccanico della barca, e ho barattato il pagamento del viaggio con il compito di macchinista per riparare il motore”, ha detto al giudice. Ha accettato il rito abbreviato. L’hanno condannato ieri a 20 anni di carcere e tre milioni di multa. Vergogna!
“Non ho mai guidato la barca. Mi dispiace tanto per il dolore causato ai familiari delle persone morte”. Ha detto questo Gun Ufuk accusato dal pubblico ministero Pasquale Festa dei reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, naufragio colposo e morte in seguito al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
“Io dovevo scappare dalla Turchia per motivi politici. Ero stato arrestato perché considerato di fare parte del movimento che aveva condotto il tentato golpe del 2016. Nel 2019 sono stato in carcere per otto mesi perché criticavo Erdogan e le sue politiche. Quando sono uscito per due anni ho dovuto presentarmi alla polizia ed ho tuttora il divieto di uscire dalla Turchia. Per chi è considerato golpista non è facile vivere in Turchia. Siamo discriminati dalle autorità e non riusciamo a trovare lavoro. Per questo ho deciso di partire, ma non avevo i soldi necessari e così ho accettato di fare il meccanico della barca che doveva arrivare sulla costa italiana e tornare. Mi ha fatto conoscere gli organizzatori del viaggio Gulem Byram, mio amico, che era il comandante della barca e che è morto nel naufragio. La barca la conduceva lui, aveva già fatto altri viaggi. Io stavo vicino a lui ma non ho mai guidato. Quella notte ho sentito che l’imbarcazione aveva toccato qualcosa ed ho visto lui che cercava di virare: ha dato gas ma il motore si è spento. Io ho avuto paura e mi sono tuffato perché la barca era inclinata. Ho nuotato mezz’ora e sono arrivato sulla spiaggia, Byram non ha abbandonato la barca. C’era caos, gente che gridava. Prima dell’incidente le altre persone a bordo hanno più volte chiamato i numeri di emergenza”.
Ha raccontato di essere scappato in Austria “insieme a Mohamed, il capitano della prima barca che poi si era rotta (si tratta di Mohamed Abdessalem, di 26 anni, siriano, detenuto nel carcere di Lecce ndr). Abbiamo camminato per 5 ore e poi ricordo che c’era un porto abbiamo preso un taxi per Bari. Ha pagato Mohammed. Da Bari siamo andati a Roma e poi verso la Germania, ma a Salisburgo mi ha fermato la polizia”.
Il suo difensore, Salvatore Costa ha detto in aula: “Ritengo che la morte di quelle persone non sia a causa di una manovra sbagliata o del naufragio perché se in quel momento ci fosse stata una barca di soccorso non ci sarebbero stati tutti questi morti. La costituzione di parte civile da parte del governo è fuori luogo perché credo che proprio chi doveva intervenire per l’obbligo morale avrebbe dovuto evitare di chiedere danni per quell’immagine che ha leso. Ufuk è il capro espiatorio di chi doveva intervenire”.
L’Avvocatura dello Stato ha infatti chiesto il risarcimento di un milione di euro per danni all’immagine dell’Italia. Il pm Festa aveva chiesto 20 anni di galera oltre a 2,1 milioni di multa. Alla sua richiesta si sono accodate le parti civili, un avvocato delle quali, Francesco Verri, nelle sue conclusioni ha detto: “Rispondendo a una mia domanda, l’imputato ha dichiarato di essere stato perfettamente consapevole del pericolo che rappresentava un viaggio come quello del caicco Summer Love, concluso in tragedia. Quindi Gun Ufuk, contribuendo alla gestione della barca, e occupandosi da ‘meccanico’ della sua manutenzione, sapeva a quale rischio stava esponendo i 180 occupanti della barca. Una barca scassata, sovraffollata, governata da personale inadeguato, priva dei salvagenti e di ogni altro strumento utile a garantire la sicurezza dei migranti, usata per un lungo viaggio in balia di onde e vento. Allora, organizzare un viaggio in queste condizioni ha esposto gli stranieri a un grave rischio che si è concretizzato e ha provocato la morte di oltre 100 donne e uomini, bambine e bambini. La manovra incauta dell’uomo che conduceva lo scafo al momento dell’impatto va considerata un’evenienza possibile e come tale prevedibile dall’imputato”.
La gup del Tribunale di Crotone, Elisa Marchetto, ha condannato Gun Ufuk, di 29 anni, a 20 anni di carcere e tre milioni di multa. Per la strage di Stato paga il ragazzetto imbarcatosi come meccanico di bordo per pagarsi la traversata.