Un dossier di 388 pagine che fa a pezzi l’immagine pubblica di Joe Biden, il presidente degli Stati Uniti che cercherà il prossimo di novembre di fare un secondo giro alla Casa Bianca nella sfida, ormai quasi certa, contro Donald Trump.
È il report realizzato dal procuratore speciale Robert Hur sul presidente Usa nell’ambito delle indagini del dipartimento di Giustizia sul caso di alcuni documenti riservati che Biden non aveva riconsegnato al termine della propria vicepresidenza, nel 2017.
Un dossier in cui Hur, repubblicano, mette seriamente in discussione la lucidità mentale dell’81enne Biden, un tema fortissimo della campagna elettorale nel Paese e particolarmente cavalcata dalla destre di Trump.
L’indagine sui documenti riservati a casa Biden
Nel rapporto di Robert Hur si evidenzia come Biden, al termine della vicepresidenza con Obama nel 2017, trattenne volontariamente documenti contrassegnati come riservati sulla guerra in Afghanistan e su altre questioni di sicurezza nazionale.
Il dossier però allo stesso tempo sottolinea che l’attuale presidente non dovrà affrontare procedimenti penali per questo motivo. La documentazione era stata trovata tra il 2022 e il 2023 nella residenza privata di Biden nel Delaware e in un suo ufficio privato, che aveva utilizzato dopo essere stato vicepresidente di Obama e prima di diventare presidente, fra il 2017 e il 2021.
Biden “anziano smemorato”
Ma la parte politicamente più dura per Biden nel rapporto è quella relativa alle sue “dimenticanze”. Nel rapporto Hur sottolinea più volte che il presidente avrebbe più volte mostrato limiti nel ricordare cose accadute nel passato durante le conversazioni avute nel corso delle indagini.
In un passaggio Hur scrive che Biden durante un colloquio “non ricordava quando era vicepresidente”, né quando era iniziato e finito il suo mandato da vicepresidente con Obama. Ma soprattutto non ricordava quando suo figlio Beau, scomparso nel 2015 per un tumore al cervello all’età di 46 anni, fosse morto.
La conferenza di Biden
In una conferenza stampa tenuta alla Casa Bianca Piedi ha voluto rispondere alle accuse contenute nel rapporto Hur. Ai giornalisti ha rimarcato che “la mia memoria sta bene” e alla domanda di una giornalista di Fox News, l’emittente ultraconservatrice vicina ai Repubblicani, ha risposto: “Sono un uomo anziano, e so cosa diavolo sto facendo. La mia memoria è messa così male che ti lascio parlare”.
Quanto alle incredibile accuse sulla scarsa memoria in relazione alla morte del figlio Beau, Biden ha replica piccato: “Come diavolo osa sollevare un dubbio del genere? Non ho bisogno che nessuno mi ricordi quando è morto”.
Nel corso della stessa conferenza però Biden mostra ancora una volta “problemi”. Parlando degli sforzi per un cessate il fuoco a Gaza il presidente Usa è caduto in un lapsus definendo Al Sisi il presidente del Messico anziché dell’Egitto.
I Repubblicani chiedono la rimozione di Biden
È in questo quadro che arriva la mossa clamorosa da parte dell’ala più estrema dei Repubblicani. La deputata del Gop Claudia Tenney e altri membri di spicco del partito, tra cui Marjorie Taylor Greene, già sostenitrice delle teorie di QAnon, hanno chiesto al governo di “esplorare” l’uso del 25esimo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti per rimuovere il presidente Joe Biden dall’incarico.
Si tratta di una misura introdotta dopo l’assassinio di John F. Kennedy per sostituire il presidente Usa in caso di morte, destituzione, dimissioni o incapacità, lo stesso emendamento ventilato più volte per rimuovere Donald Trump durante il suo mandato.
“Joe Biden non è in grado di sostenere un processo per i documenti rubati dopo aver lasciato l’incarico al Senato e da vice presidente, ma è invece in grado di portare in giro la valigetta nucleare?”, l’accusa della Green contro Biden.
Si tratta ovviamente di una boutade. L’iniziativa per l’uso del 25esimo emendamento della Costituzione dovrebbe essere presa dalla vice presidente, la Democratica Kamala Harris. Quest’ultima assieme al governo dovrebbe inviare una lettera al Congresso sostenendo che il presidente non è in grado di esercitare i suoi poteri. Se il presidente dovesse opporsi, si passa alla Camera, con i due terzi dei voti.