Dalla Basilicata a Sanremo
Mango Forever, il chitarrista Graziano Accini racconta Pino: “La sua rondine rivola nella voce della figlia, Angelina è un mostro”
Per 25 anni al fianco del cantante lucano, il chitarrista ricorda l'amico e l'artista: "Poteva fare tutto quello che voleva con la voce". E sulla figlia: "Si vede lontano un miglio che è un autentico talento". Stasera Angelina canterà "La Rondine" nella serata dei duetti
Cultura - di Antonio Lamorte
Chi è che non pagherebbe un milione e anche più per riavere indietro il tempo, certi momenti: per due ragazzi, due fratelli, piccoli paesini in provincia di Potenza, la passione per la musica, i viaggi a Roma e Milano per il sogno della musica. E un altro ragazzo, sempre in provincia di Potenza, fissato con la chitarra, il blues e Pino Daniele. I due fratelli erano Pino e Armando Mango, quell’altro ragazzo Graziano Accinni: dal 1985 al 2005 chitarrista dei Mango. Così dice più di una volta parlando a L’Unità: “i Mango”, per definire un progetto che fu in diversi momenti più simile a una band pur assumendo con il passare degli anni la fisionomia del suo protagonista più talentuoso.
Re Mida del pop italiano, voce di una musica leggera sofisticata e ricercata, Pino Mango ha scritto canzoni ancora indimenticate e citate da interpreti delle nuove generazioni. È morto nel 2014 in maniera drammatica e romantica: colto da un malore sul palco, mentre cantava la canzone che aveva cambiato la vita sua e di chi gli stava intorno, Oro. La figlia Angelina Mango – figlia d’arte anche da parte della madre Laura Valente, tra le altre cose voce dei Matia Bazar – , in gara a Sanremo con il brano La noia, canterà stasera nella serata dei duetti e delle cover La Rondine, uno dei pezzi più popolari del padre.
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“Non escludo che potrebbe commuovermi”, riconosce Accinni che con il progetto Ethnos sta portando avanti negli ultimi anni un lavoro di riscoperta e valorizzazione della musica lucana. Il suo disco di prossima uscita Musiche dal Sud Italia è ispirato a un vasto e variegato canzoniere di musica lucana e delle Regioni limitrofe meridionali. Il Festival di Sanremo però no: non è proprio la sua cup of tea, di solito a malapena lo guarda.
E però quest’anno il Festival l’ha seguito, vero?
Ho aspettato per vedere Angelina. La verità: non sono mai stato un appassionato del Festival. Ho anche lavorato a qualche brano per Pino ma non concepisco la musica come una gara. Io sono nato in un ambiente di musicanti, di tradizioni antiche. Ho sempre concepito la musica come una disciplina ma dalla coda molto libera. Quando sei in gara punti a un risultato, non credo che la musica serva a raggiungere risultati. Almeno non di questo tipo.
Le è piaciuta Angelina Mango?
È un mostro di bravura, un mostro vocale. Si vede lontano un miglio che è un autentico talento: con la voce può fare quello che vuole, si muove bene, tiene il palco da dio.
Colpisce soprattutto la sua disinvoltura.
Credo abbia un gusto più ampio rispetto agli altri artisti della sua generazione, lo ha dimostrato già ad Amici di Maria De Filippi quando si è confrontata con cover di grandi brani e grandi artisti internazionali. Sono sincero: non mi piace il genere. Ci trovo un po’ di Elettra Lamborghini, quelle cose là. Magari a lei piacciono, ma non credo che Pino e Laura le abbiano inculcato la cumbia.
Casa Mango doveva essere una casa della musica.
Quando ho lasciato la band Angelina era una bambina. Il fratello Filippo, che è più grande di sei anni, già suonava. Lì dentro si respirava tanta musica e grande musica, a 360 gradi.
Come ha conosciuto Pino Mango?
Era l’estate del 1981. Dopo un concerto a Spinoso, in Val d’Agri. Aveva pubblicato l’album Arlecchino con la Numero1. E con il fratello Armando facevano una sorta di auto promozione: giravano i paesi con un piccolo mixer, un piccolo impianto. Armando metteva le basi e non le dico cosa riusciva a combinare Pino su quelle basi.
Era il suo marchio di fabbrica.
Stupiva davvero tutti. E non soltanto noi del gruppo, dell’entourage. Anche arrangiatori, discografici. Con la voce poteva fare tutto quello che gli passava per la mente. Era più di uno strumento.
Quando avete cominciato a collaborare?
Ad agosto ci siamo conosciuti, a settembre già collaboravamo. Con il fratello Armando volevano creare un gruppo tutto lucano. In quel periodo io facevo blues. BB King, Eric Clapton, John Mayall. E suonavo Pino Daniele: ero un patito di Pino Daniele. Quando anni dopo con Mango cominciarono a lavorare a un album insieme io ero in brodo di giuggiole: ero in un progetto con l’artista cui ero più legato professionalmente e con uno di quelli che più mi aveva influenzato e formato.
A Sanremo però, nel 1985, quando Mango partecipò nelle “Nuove Proposte” con Il viaggio (premio della critica, ndr), lei non c’era.
No, ero un suo collaboratore ma non c’ero. Qualche tempo prima Pino e Armando erano andati a Milano per presentare dei nuovi provini. E nell’anticamera dell’ufficio di Mara Maionchi, alla Fonit Cetra, c’era anche Mogol che aspettava il suo turno. Sentì la voce di Pino: il progetto stava andando verso una fase nuova, quelli erano i primi provini di Mama Voodoo, che poi divenne Oro. Mogol rimase colpito, chiese il numero dei ragazzi che dopo pochi mesi risalirono e cominciarono a lavorare con lui. Io collaboravo con loro che però usufruivano dei turnisti dell’ambiente milanese.
Angelina Mango nella serata dei duetti e delle cover canterà La Rondine di Mango, del 2002, cui lavorò anche lei.
E pensare che in fase di registrazione non era considerata neanche una canzone di punta. Quell’album, Disincanto, l’abbiamo fatto tutto a Lagonegro, allo studio “Oro”. È un disco lucano, e si sente: si percepisce la situazione familiare, l’aria fresca che si respira in tutto il disco. Disincanto ha sonorità anche molto diverse da La Rondine. New wave, testi più impegnati, un pop più ricercato e sofisticato.
Quella canzone però fu un grande successo.
Era quella la forza di Mango, riuscire a riunire tutta l’equipe, a concentrarla in un connubio unico. Secondo un aneddoto che mi hanno raccontato la rondine era quella che Pino trovò vicino a un bar a Milano, caduta da un nido. Non saprei, è una specie di leggenda metropolitana. Non so quanto sia vera, io posso raccontare le cose che ho vissuto. Sul resto non posso garantire. Certo è che dopo quell’album Armando andò via e cominciò a rompersi un po’ tutto.
Ha lasciato anche lei Mango.
Ho lavorato anche a Ti porto in Africa e Ti amo così, che è del 2005. Poi ho lasciato: ho lasciato perché Pino aveva scelto un’altra strada che a me non piaceva e non interessava. Fui sincero, gli dissi tutto in faccia. Con lui mi ero trovato bene anche perché era uno sperimentatore, e quando ho lasciato lui non ho collaborato più con nessuno. Non ho più suonato i suoi brani fino a quando non è morto.
Come ha saputo?
Mi chiamò un amico, era sconvolto. Non riusciva nemmeno a parlare, non sapeva come dirmelo. Con Pino non ci vedevamo da tanto, mi accorsi allora di quell’affetto nascosto che puoi provare per un’altra persona quando ci hai passato così tanto tempo. Non si possono spiegare certe cose: io l’ho amato odiandolo, siamo stati insieme così tanto tempo. E alla fine non avevamo più un rapporto, si era bloccato.
Non vi eravate lasciati bene.
Con Pino abbiamo condiviso palchi in mezzo mondo, abbiamo collaborato per 25 anni. E non perché gli abbia leccato il culo. Ci siamo voluti bene veramente: abbiamo condiviso tanto, creato tanto, litigavamo, ci torturavamo in maniera sana come fanno due amici veri, ci mandavamo affanculo. E anche sul palco, non sa quante volte: “Ma canta, nun me romp u’cazz”. E la gente che guardava. Ma sono successe delle cose, artisticamente non funzionava più.
È finita anche l’amicizia.
Mi ha dato molto fastidio chi si è permesso negli anni di dire che io ho abbandonato Pino Mango: chi si è permesso di scendere nei meandri di un’amicizia e di una professione che è durata 25 anni. Ma che ne sanno loro? Se ne parlo oggi è proprio perché La Rondine di Pino rivive e vola nella voce della figlia. Non ne parlo mai, sono cose molto intime, molto viscerali per me. Non è facile.
Certo che no.
Quando convivi con una persona per 25 anni puoi essere incavolato quanto vuoi tu ma se viene a mancare capisci. Non mi perdonerò mai per non aver dato ascolto a mia moglie: che faceva il diavolo a quattro. “Chiamalo”, mi diceva. “Com’è che non riusciamo a incontrare mai Pino?”. E io niente, mi sono fatto prendere dall’orgoglio, che è crollato quando lui non c’è stato più. Mi porterò per sempre dentro il rimpianto.
Vorrebbe incontrare Angelina, conoscerla un po’?
Io oggi vorrei incontrare anche Pino. Lo so, suona stupido, ma è così. Mi piacerebbe incontrare tutto e tutti. Le cose cambiano nella vita, l’orgoglio se ne va a farsi fottere. A 62 anni mi piace vivere le cose belle. E nelle cose belle c’è sempre di mezzo la musica: basta rancori.
Guarderà Sanremo stasera?
Non posso escludere che quando Angelina canterà La Rondine non mi scapperà una lacrima.
Le foto d’archivio dell’articolo sono state gentilmente concesse dall’intervistato Graziano Accinni.