Il ghetto di Rafah. Un lembo di terra circondato da macerie in cui sono ammassate 1,5 milioni di persone, in maggioranza donne, bambini, adolescenti. Sono bloccati. In trappola. Sanno che per loro la fine può essere questione di giorni. I morti dall’inizio del conflitto hanno superato i 28mila, neanche un terzo dei quali, secondo un report del New York Times, sono miliziani di Hamas. I feriti sono 67.459.
Nel presente e nell’immediato futuro c’è solo guerra. L’Ufficio del primo ministro israeliano ha dichiarato che Benjamin Netanyahu ha incaricato l’esercito di prepararsi a evacuare la città di Rafah, nel Sud della Striscia di Gaza. Netanyahu ha incaricato l’Idf di presentare al governo un piano per l’evacuazione della popolazione e per l’eliminazione dei battaglioni di Hamas nella zona.
“È impossibile raggiungere l’obiettivo della guerra di eliminare Hamas lasciando quattro battaglioni a Rafah”, ha affermato l’ufficio di presidenza israeliana, “d’altra parte, è chiaro che un’operazione massiccia a Rafah richiede l’evacuazione della popolazione civile dalle zone di combattimento”.
Ma dove dovrebbero essere “evacuati” 1,5 milioni di palestinesi? Il resto della Striscia è ridotta a un cumulo di macerie. Resta il deserto del Sinai, ma il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha già detto di no.
Fonti locali e testimoni oculari hanno rivelato che nuove forze di sicurezza egiziane sono arrivate al valico di Rafah con la Striscia di Gaza per proteggere ulteriormente il confine, dove, a solo un paio di chilometri, sono ammassati quasi due milioni di palestinesi spinti a sud dai bombardamenti israeliani, giunti ormai appena oltreconfine.
Le fonti hanno aggiunto che circa 40 veicoli della polizia e della sicurezza si sono spostati da Al-Arish a Rafah per proteggere il confine, innalzare la recinzione che separa da Gaza e rinforzarla con filo spinato per impedire qualsiasi tentativo di sconfinamento.
L’Egitto ha sempre detto di voler respingere qualunque tentativo di sfollare i palestinesi oltreconfine, verso il territorio egiziano, iniziativa che, secondo Il Cairo, servirebbe solo ad accantonare la questione palestinese e la soluzione a due Stati.
Intanto, si moltiplicano gli appelli umanitari. L’Unicef chiede urgentemente alle parti di astenersi da” un’escalation militare nel Governatorato di Rafah a Gaza dove oltre 600.000 bambini e le loro famiglie sono sfollati, molti dei quali più di una volta. Un’escalation dei combattimenti a Rafah, che è già in difficoltà per il numero straordinario di persone sfollate da altre parti di Gaza, sarà un’altra fase devastante in una guerra che, secondo le notizie, ha ucciso oltre 27.000 persone, la maggior parte delle quali donne e bambini”.
È l’accorato appello della direttrice generale dell’Unicef Catherine Russell. «Altre migliaia – aggiunge- potrebbero morire nelle violenze o per la mancanza di servizi essenziali e l’ulteriore interruzione di assistenza umanitaria. Abbiamo bisogno che gli ultimi ospedali, rifugi, mercati e sistemi idrici rimanenti a Gaza continuino a funzionare. Senza di essi, la fame e le malattie saliranno alle stelle, portando via altre vite di bambini».
«Faccio appello a tutte le parti in conflitto affinché – sottolinea – rispettino gli obblighi previsti dal diritto internazionale umanitario. Ciò include la massima attenzione a risparmiare i civili e le infrastrutture civili, a soddisfare i bisogni essenziali dei civili e a facilitare un accesso umanitario rapido, sicuro e senza ostacoli. Le operazioni militari in aree residenziali densamente popolate possono avere effetti indiscriminati. Abbiamo bisogno di un cessate il fuoco umanitario immediato a Gaza e di un rilascio sicuro e immediato di tutti gli ostaggi, soprattutto dei bambini, che hanno sofferto così tanto. Un cessate il fuoco umanitario – conclude – salverà vite. Consentirà un ampliamento della risposta umanitaria e di aiutare a fornire la migliore protezione ai bambini le cui vite e il futuro sono in bilico».
Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha avvertito Israele che il suo piano per un’operazione militare contro Rafah «aumenterà esponenzialmente quello che è già un incubo umanitario con conseguenze regionali indicibili». Guterres ha dichiarato sui social media di essere allarmato dalle notizie secondo cui «l’esercito israeliano intende concentrarsi su Rafah». «Metà della popolazione di Gaza è ora stipata a Rafah senza nessun posto dove andare», ha detto.
La situazione umanitaria nella Striscia di Gaza continua ad essere disperata, soprattutto per i bambini. “Quattro mesi di guerra brutale a #Gaza, il bilancio sui bambini è tragico, il loro futuro è in gioco. Più di mezzo milione di ragazze e ragazzi non frequentano la scuola primaria e secondaria a Gaza. Ogni giorno di guerra approfondisce le cicatrici, mettendo a rischio una generazione perduta vulnerabile allo sfruttamento. I bambini vengono derubati dell’infanzia. Questa situazione deve essere invertita a partire da un #cessate il fuoco umanitario”. Lo scrive su X il Commissario generale dell’Unrwa Philippe Lazzarini.
Il cibo a Gaza è “così scarso che la gente mangia erba”: lo denuncia ActionAid. “Ogni singola persona a Gaza soffre la fame, e le persone hanno solo da 1,5 a 2 litri di acqua non sicura al giorno per soddisfare tutti i loro bisogni”, ha affermato ActionAid in una nota, avvertendo che l’intensificazione degli attacchi a Rafah avrà “conseguenze disastrose”.
Riham Jafari, coordinatore per la difesa e la comunicazione di ActionAid Palestine, ha affermato che l’organizzazione di beneficenza è “profondamente preoccupata” per le notizie di una potenziale invasione di terra a Rafah e dell’aumento degli attacchi aerei sull’area. “Cerchiamo di essere assolutamente chiari: qualsiasi intensificazione delle ostilità a Rafah, dove si rifugiano più di 1,4 milioni di persone, sarebbe assolutamente disastrosa”, conclude.
In Italia, è l’Arci che prova a scuotere la coscienza di un paese narcotizzato dalle nottate sanremesi. “La sentenza della Corte Internazionale di Giustizia, che è il tribunale dell’Onu, ha messo Israele sotto inchiesta per genocidio. Ha ordinato a Israele di interrompere lo sterminio della popolazione e la distruzione della città, di garantire l’accesso di tutti gli aiuti e l’assistenza necessaria. E invece Netanyahu ha ordinato all’esercito di invadere Rafah, dove è sfollata in condizioni atroci la maggioranza della popolazione di Gaza. Fermarlo è un dovere politico, etico e morale. Facciamo il possibile per costruire il massimo di unità e di azione unitaria intorno a poche essenziali richieste per Gaza, che è l’assoluta priorità di oggi: – cessate il fuoco immediato e permanente; liberi tutti e tutte; fine dell’occupazione; autodeterminazione per il popolo palestinese; stessi diritti per due popoli. L’Italia invece va alla guerra. Anche tutti i paesi membri delle Nazioni Unite sono obbligati a non contravvenire la sentenza della Corte, e dovrebbero smettere di essere complici del massacro. E quindi, ad esempio, la decisione di molti paesi e dell’Italia di sospendere i fondi all’Unrwa è illegale.
Senza mandato dell’Onu e senza voto parlamentare stiamo poi per prendere il comando tattico della missione AspideS nel Mar Rosso contro le azioni degli Houti yemeniti. Non è una estensione della missione Atalanta contro la pirateria. È una missione potenzialmente offensiva, con regole di ingaggio fumose, che ci rende attori attivi del conflitto in Medio Oriente e ci espone al coinvolgimento diretto nella possibile escalation. Invece che contribuire a risolvere il problema alla radice, mettendo fine al massacro a Gaza, andiamo alla guerra. Con il Medio Oriente in fiamme, dopo due anni di guerra in Ucraina, con la Nato che punta al Pacifico e Russia, Cina e Iran che preparano esercitazioni militari congiunte, gli esperti discutono sugli anni che ci separano da un vero conflitto mondiale. Il governo italiano aumenta le spese militari, annuncia l’invio di portaerei e F35 nell’Indo-Pacifico, e compie giorno dopo giorno i passi che ci portano in guerra.
Un disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri ha modificato le norme per le missioni militari all’estero, per accelerare i tempi della loro approvazione e per evitare il voto in Parlamento. La commissione Affari esteri e Difesa del Senato ha modificato la legge sul commercio delle armi rendendo più semplice l’import/export, rendendo meno trasparenti e leggibili i dati: un favore ai produttori e ai mercanti di armi, e alle banche armate. Fermiamo il genocidio a Gaza, fermiamo le guerre, i crimini di guerra, il riarmo, l’apertura di nuovi fronti. Chiediamo impegno per il cessate il fuoco in tutti i conflitti, quelli in prima pagina e quelli dimenticati, come le guerre africane. Chiediamo il cessate il fuoco in Ucraina, serve una soluzione politica, basta con le armi. Basta con il neo-colonialismo, i due pesi e due misure, le violazioni del diritto internazionale”.
In Italia c’è il televoto. Mentre nel ghetto di Rafah a vincere è la sofferenza. Nessuno parlerà per loro. Chi c’ha provato, anche dal palco dell’Ariston, è stato prontamente bacchettato. Guai a chiedere un cessate il fuoco, peggio ancora parlare di genocidio. Si passa per antisemiti.