L'ultima città

Blitz a Rafah sotto le bombe: due ostaggi liberati dall’esercito israeliano, Netanyahu respinge l’inviata Onu Albanese

L'operazione speciale di esercito, Shin Bet e polizia. Il Presidente USA non sostiene l'invasione "senza un piano credibile e realizzabile per la sicurezza dei rifugiati". L'ultima città nel sud della Striscia piena di sfollati, ridotta a un campo profughi

Esteri - di Redazione Web

12 Febbraio 2024 alle 10:01 - Ultimo agg. 12 Febbraio 2024 alle 17:01

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A Palestinian sits in his house destroyed in an Israeli strike in Rafah, Gaza Strip, Saturday, Feb.10, 2024. (AP Photo/Fatima Shbair) Associated Press / LaPresse Only italy and Spain
A Palestinian sits in his house destroyed in an Israeli strike in Rafah, Gaza Strip, Saturday, Feb.10, 2024. (AP Photo/Fatima Shbair) Associated Press / LaPresse Only italy and Spain

Due ostaggi prigionieri nella Striscia di Gaza sono stati liberati la notte scorsa in un’operazione dell’esercito israeliano a Rafah, la città nel sud della Striscia al centro dell’offensiva dello Stato ebraico in questi giorni e scenario di una catastrofe umanitaria. È la seconda operazione di questo tipo condotta e portata a termine dall’inizio dell’offensiva. Rafah è l’ultima città, nel sud della Striscia, che Israele non ha ancora attaccato via terra: l’esercito sta preparando un’operazione mentre è stato condotto un bombardamento che secondo Hamas ha già causato oltre 50 vittime e distruzione di case e moschee.

Al 127esimo giorno di guerra sarebbero almeno 28mila le persone uccise nella Striscia di Gaza nelle operazioni militari di Israele in risposta agli attacchi di Hamas del 7 ottobre scorso in cui erano state ammazzate 1.200 persone. A Rafah da circa due settimane si è rifugiata oltre la metà della popolazione di tutta la Striscia di Gaza, oltre un milione di civili palestinesi dopo l’offensiva sulla città di Khan Yunis. Non ci sono altre città dove le persone potrebbero rifugiarsi, sono accampate in tende e in strada.

Chi sono gli ostaggi liberati

I due ostaggi liberati si chiamano Fernando Simon Marman, 61 anni, e Norberto Louis Har, 70 anni. Sarebbero in buone condizioni secondo quanto riferito dalle forze di difesa israeliane. Erano stati rapiti dal kibbutz Nir Yitzhak in uno degli attacchi del 7 ottobre scorso durante i quali erano state prelevate e sequestrate nella Striscia circa 250 persone. Secondo i familiari sono magri e pallidi ma coscienti, consapevoli e in grado di comunicare. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha elogiato l’operazione di liberazione dei due ostaggi come “un’operazione di salvataggio straordinaria”.

L’operazione di liberazione degli ostaggi a Rafah

L’operazione è sta condotta congiuntamente dall’Idf (le Forze di difesa israeliane), dall’Isa (il servizio di sicurezza israeliano Shin Bet) e dalla polizia israeliana. Secondo quanto riferito dall’esercito l’operazione è scattata intorno all’una di notte. I due ostaggi erano detenuti in un appartamento nel centro della città. Le forze israeliane hanno fatto irruzione “nei locali e al secondo piano dell’edificio dove erano tenuti gli ostaggi”. Nel corso del blitz “molti terroristi sono stati uccisi” in uno scontro a fuoco. È stata la prima operazione militare di rilievo a Rafah dopo che il premier israeliano Benjamin Netanyahu venerdì scorso aveva anticipato l’invasione della città.

“Continueremo a rispettare il nostro impegno di riportare a casa i rapiti, in ogni modo. Insieme al primo ministro e all’alto comando, ho seguito l’operazione dal centro di comando”, ha dichiarato il ministro. Il portavoce dell’esercito, Daniel Hagari, ha aggiunto che Israele lavorava da tempo all’operazione che è stata realizzata quando sono maturate le condizioni. “Siamo molto felici di vederli tornare da noi. Il loro stato di salute sarà monitorato nei prossimi giorni”, ha dichiarato il professore Arnon Afek, dello Sheba Medical Centre, dove i due ostaggi sono stati ricoverati.

Gli ostaggi nella Striscia di Gaza

Lo scorso novembre un centinaio di prigionieri erano stati liberati nell’ambito del cessate il fuoco, l’unico finora concordato tra le parti. Secondo lo Stato ebraico 100 persone sarebbero ancora nelle mani dei gruppi fondamentalisti nella Striscia, che avrebbero ancora i corpi di altri 30 ostaggi morti negli attacchi o durante la prigionia. Altri tre ostaggi erano stati uccisi per sbaglio dall’esercito israeliano dopo che erano riusciti a liberarsi e a fuggire dai rapitori.

Biden contro l’invasione di Rafah

Il Presidente Netanyahu domenica ha discusso in una telefonata dell’invasione di Rafah in una telefonata con il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Biden la settimana scorsa aveva criticato le operazioni israeliane a Gaza e definito eccessiva la risposta di Israele agli attacchi di Hamas del 7 ottobre. Il presidente americano avrebbe anche ribadito il sostegno di Washington alla lotta ad Hamas ma anche sconsigliato l’invasione militare di Rafah “senza un piano credibile e realizzabile per garantire la sicurezza al milione di persone che vi si sono rifugiate”.

Israele respinge l’inviata Onu Francesca Albanese

In questo quadro arriva la decisione da parte del governo israeliano di vietare l’ingresso nel Paese a Francesca Albanese, l’italiana relatrice speciale delle Nazioni Unite per le violazioni dei diritti umani commessi nei Territori palestinesi occupati. In una nota il ministero degli Esteri e il ministero dell’Interno ha definito “oltraggiose” le dichiarazioni di Albanese, secondo cui l’attacco del 7 ottobre “sarebbe stata una reazione all’oppressione israeliana“.

Il tempo del silenzio degli ebrei è finito. Se le Nazioni Unite vogliono tornare ad essere un organismo rilevante, il suo leader Antonio Guterres deve sconfessare pubblicamente le parole antisemite della loro ‘inviata speciale’ Francesca Albanese e rimuoverla immediatamente dal suo posto. Impedirle di entrare in Israele servirà a ricordare le atrocità commesse da Hamas, compreso lo spietato attacco agli innocenti“, ha scritto su X il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz.

Albanese ha respinto parlando all’agenzia AdnKronos le accuse che le arrivano dal governo di Tel Aviv.  “Sono due anni che Israele mi nega di fare il mio lavoro come chiesto dall’Onu non facilitando il mio ingresso nel Territori palestinesi occupati. E sono 17 anni che lo fa nei confronti di tutti i relatori speciali, anche a 3 dei miei predecessori“, sottolinea la relatrice dell’Onu esperta di diritto internazionale, spiegando che “le affermazioni tra virgolette oltraggiose consistono nel fatto che ho risposto a quello che il presidente francese definiva essere stato il più grande attentato antisemita dalla seconda guerra mondiale“.

Rivendicando di aver “condannato fin dal primo momento i crimini di Hamas nei confronti dei civili israeliani“, Albanese ricorda che contesta “fermamente che l’origine/causa principale dei crimini commessi contro civili israeliani sia l’antisemitismo: questa l’affermazione che Israele ritiene ‘oltraggiosa‘”. Si tratta, chiarisce, di “una manipolazione semantica gravissima e pericolosa” di Israele, che “vuole così distogliere l’attenzione” da quello che succede a Gaza, ma così “distoglie anche l’attenzione dalla gravità dei crimini che Hamas ha commesso“.

Secondo Albenese “è nel contesto dell’oppressione israeliana nei confronti del popolo palestinese, di 56 anni di occupazione illegale ad un regime di violenta apartheid che i crimini commessi da Hamas il 7 ottobre vanno letti e giudicati“. “Il resto – accusa – è un modo per distogliere l’attenzione da quello che succede a Gaza soprattutto dal 7 ottobre: circa 30mila i morti che in Occidente non fanno notizia (70% donne e bambini), 10mila ancora sotto le macerie, circa 70mila i feriti, 2 milioni di sfollati, massacri quotidiani e incessanti a dispetto delle misure cautelari imposte dalla Corte di Giustizia Internazionale che ha riconosciuto il rischio di genocidio commesso da Israele“.

12 Febbraio 2024

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